Elezioni generali UK: trionfano Tories di Johnson, con maggioranza più forte da Thatcher. Ora la Brexit
Un trionfo: la più grande vittoria dei Tories, nella storia delle elezioni generali del Regno Unito, dai tempi della vittoria incassata nel 1987 con la leadership di Margaret Thatcher. E, parallelamente, una disfatta per i laburisti di Jeremy Corbyn, che si sono aggiudicati il numero di seggi, in Parlamento, più bassi dal 1935. Tanto che Corbyn ha già annunciato che non si presenterà leader del partito nelle prossime elezioni.
Cocente sconfitta anche per i liberal-democratici, con la leader Jo Swinson che ha rassegnato le dimissioni, con un discorso che la dice lunga su quanto sta accadendo nel Regno Unito da un bel po’ di anni. Swinson ha, parlato di “una ondata di nazionalismo” che sta travolgendo sia l’Inghilterra che la Scozia.
Il riferimento, oltre che alla vittoria di Boris Johnson, è all’avanzata del Partito nazionale Scozzese, l’SNP, la cui leader Nicole Sturgeon ha così commentato i risultati elettorali: “Ho un mandato, un mandato nuovo e rafforzato per offrire al popolo della Scozia un futuro diverso”. E’ dunque più che probabile che Sturgeon spingerà per un secondo referendum di indipendenza da Londra, ambendo a rimanere nell’Unione europea.
Con il trionfo dei Tories, indubbiamente la Brexit è a un passo. Nel manifesto elettorale presentato, il partito aveva promesso che, in caso di vittoria, avrebbe presentato subito a Westminster il Withdrawal Agreement, ovvero l’accordo di divorzio dall’Ue concordato con Bruxelles, per garantire la Brexit entro la nuova scadenza concessa da Bruxelles al 31 gennaio del 2020.
Ma veniamo ai numeri che sono emersi dall’Election Day del Regno Unito e che presentano la nuova mappa politica del paese:
I Tories si sono assicurati la maggioranza assoluta dei seggi, conquistandone 364, 66 in più rispetto alle precedenti elezioni del 2017; disfatta per i laburisti di Corbyn, che avranno 203 seggi, dopo averne persi ben 42; lo Scottish National Party (SNP) di Nicola Sturgeon ha guadagnato ben 13 seggi rispetto al voto precedente, assicurandosi 48 seggi, mentre i liberal-democratici di Jo Swinson hanno perso 10 seggi a 11 seggi.
Così Boris Johnson ha commentato, in un discorso proferito stamattina, il trionfo dei Tories, facendo notare che il partito, per l’appunto, ha incassato la maggioranza più alta dagli anni ’80. A questo punto, ha sottolineato, i Tories ce l’hanno fatta. La Brexit può dunque finalmente essere realizzata, visto che si tratta di una decisione “indiscutibile, incontestabile”, del popolo britannico.
Rivolgendosi a chi ha deciso, per la prima volta, di dare il proprio sostegno ai Tories, o comunque di aderire al partito, Johnson ha detto di essere onorato e che “Io, noi, non daremo mai per scontato il vostro appoggio”. Tornando sulla Brexit, il divorzio verrà finalmente sancito entro il prossimo 31 gennaio, ha detto l’ex sindaco di Londra, “senza se, senza ma, senza forse”.
La BBC ha intanto reso note le stime sul tasso di approvazione che i partiti hanno incassato in queste elezioni generali: i Tories hanno vinto il 45% del sostegno degli elettori; i laburisti il 33%; i liberal-democratici il 12%; i Verdi il 3%, il partito Brexit il 2%.
Così l’emittente britannica: se Boris Johnson finirà per assicurarsi il 45% dei voti, batterà il 44,3% incassato dall’ex premier Tony Blair nel 1997 (che fu pari al 44,3%), superando tutte e tre le vittorie di Margaret Thatcher (44,9%, 43,5% e 43,2%) e incassando il massimo dalla vittoria di Edward Heath nel 1970 (con un tasso di approvazione del 46,2%).
Intanto i mercati premiano il risultato elettorale del Regno Unito, per la maggiore certezza che sembra dare al futuro politico del Regno Unito. Bene la sterlina, che è salita nelle contrattazioni overnight fino a $1,3467, in rialzo di oltre +2% nei confronti del dollaro. E anche l’l’azionario europeo e l’azionario asiatico hanno preso bene l’esito elettorale UK, guardando comunque soprattutto ai nuovi rumor sulle trattative commerciali tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping.