Dopo Lyft arriva anche Uber a Wall Street: cosa c’è da sapere su questa Ipo
Il mercato delle Ipo è in fermento a Wall Street, nell’era degli ‘Unicorni’ (ovvero le società con l’innovazione nel Dna che hanno una valutazione pari ad almeno un miliardo di dollari). Dopo il debutto di Lyft, è tutto pronto oltreoceano per accogliere Uber, definita la più grande l’Ipo dell’anno. Ieri il gruppo di San Francisco che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un’app, alternativo al taxi, ha fissato il prezzo di collocamento a 45 dollari, nella parte bassa della forchetta attesa, compresa tra 44 e 50 dollari per azione.
I numeri
Il prezzo dell’Ipo a 45 dollari valuta la società, su base non diluita, a 75,46 miliardi, valore di capitalizzazione vicino a quello del colosso americano Caterpillar e tra i più alti delle società pronte a sbarcare in Borsa. Su base diluita, Uber presenta invece una valutazione implicita di mercato pari a 82,4 miliardi, un valore decisamente inferiore quanto ci si aspettava inizialmente, quando si era parlato di una capitalizzazione fino a 120 miliardi.
Uber offrirà al mercato 180 milioni di azioni ordinarie: al prezzo di collocamento stabilito, il gruppo potrebbe così raccogliere con lo sbarco in Borsa fino a 8,1 miliardi. Un valore contenuto se paragonato alla raccolta di alcune big come Facebook che nel 2012 aveva raccolto 16 miliardi, Visa quasi 18 miliardi nel 2008 e Alibaba circa 25 miliardi nel 2014. Tornando a Uber è inoltre prevista per i sottoscrittori del collocamento l’opzione di acquistare altre 27 milioni di azioni.
Il precedente: lo sbarco della rivale Lyft
L’approdo in Borsa di Uber arriva a poco più di un mese dal debutto di un altro attore del mondo del ride sharing, ovvero Lyft, che ha alzato il velo nei giorni scorsi sul primo bilancio da quotata (approfondisci Qui). E proprio alla luce del recente approdo del competitor le ore di attesa per Uber sono all’insegna della cautela. Il gruppo rivale di Uber, che aveva rivisto al rialzo il prezzo di collocamento prima dello sbarco, ha lanciato una Ipo che lo ha valutato più di 24 miliardi, a fronte di finanziamenti raccolti sul mercato pari a 2,34 miliardi. Tuttavia, il titolo era sbarcato a Wall Street a di marzo con un prezzo di collocamento nettamente superiore ai livelli attuali, pari a 70-72 dollari ad azione. Ieri il titolo Lyft ha chiuso la sessione in deciso rialzo a 55,18 sollari (+4,29%), ma ben sotto il prezzo di collocamento.
Il parallelismo con Amazon
In attesa del debutto anche di Uber a Wall Street Anthony Ginsberg, ideatore di HAN-GINS Innovative Technologies UCITS ETF, ha analizzato alcuni numeri delle due protagoniste del settore del ride sharing, mettendole a confronto con i primi anni in Borsa di Amazon. “Nonostante né Uber né Lyft siano attualmente in utile, la crescita del fatturato e la loro espansione su scala globale è notevole – sottolinea l’esperto -. Il fatturato di Uber ha raggiunto gli 11,3 miliardi nel 2018, in crescita del 43% sull’anno precedente, anche se inferiore rispetto al +61% del 2017. La società ha evidenziato perdite per 1,8 miliardi di dollari nel 2018, in calo del 15% dai 2,2 miliardi fatti registrare nel 2017”.
“Malgrado al momento non riescano ad essere profittevoli, la crescita del fatturato sia di Uber sia di Lyft segue la strada tracciata da Amazon – rimarca Anthony Ginsberg -. A quest’ultima sono occorsi più di 14 anni, esattamente 58 trimestri dopo l’IPO del maggio 1997, per arrivare –complessivamente– allo stesso ammontare di profitti registrati nel primo trimestre 2019. Per diversi anni dopo essersi quotata, infatti, Amazon ha continuato sistematicamente a perdere denaro”.
Amazon ha raggiunto per la prima volta un profitto su base trimestrale nell’ultimo trimestre del 2001, ovvero più di 4 anni dopo che si era quotata, e pari a soli 5 milioni di dollari. “Il CEO Jeff Bezos ha ignorato gli analisti di Wall Street che facevano rimostranze perché i profitti avessero slancio e ha dato priorità all’offerta di prodotti, all’infrastruttura distributiva e all’espansione geografica – ricorda -. Nei primi anni questo è andato a scapito degli obiettivi di profitto trimestrali di breve periodo. Oggi Amazon vale circa 1000 miliardi di dollari, una delle imprese a più alto valore al mondo, e Bezos è l’uomo più ricco del mondo”.
Bisognerà fare un bilancio tra qualche tempo per vedere se le società sono stater capaci di emulare la storia stellare Amazon. Quello che vale la pena sottolineare ora è che il segreto del “successo” di Amazon, fuori e dentro Wall Street, secondo molti operatori, può essere racchiuso nel tema della diversificazione. Negli anni, infatti, la creatura dell’istrionico Jeff Bezos ha ampliato la gamma servizi, ma anche esplorato ambiti di business totalmente nuovi.