Dopo BRICS e PIGS è l’ora dei Fragile Five: BlackRock, T. Rowe Price e Goldman corrono il rischio e scommettono qui
Sono note per essere le “Cinque fragili economie”. Dopo i BRICS e i PIGS o PIIGS, il mondo dell’alta finanza ha sfornato non un acronimo, quanto un appellativo, per far riferimento alle cinque economie emergenti che soffrirebbero di più, rispetto alle altre, nel caso in cui le banche centrali iniziassero a ritirare i loro vari bazooka, nei cosiddetti paesi avanzati.
Sono i “Fragile Five”, ovvero i “Fragili cinque”. L’appellativo è stato coniato dall’agenzia di rating S&P Global, e si riferisce alla Turchia, all’Argentina, al Pakistan, all’Egitto e al Qatar. Si tratta di economie per cui “al momento, la minaccia di una stretta monetaria è più concreta rispetto a quanto non lo fosse in precedenza”.
D’altronde, la Federal Reserve ha iniziato ad alzare i tassi di interesse e la Bank of England ha fatto lo stesso qualche settimana fa, per la prima volta dal 2007. Mario Draghi, numero uno della Bce, potrà anche rassicurare i mercati sulla lunga vita del programma di Quantitative easing, ma è indubbio che il piano inizierà a essere ridotto, a partire dal prossimo anno.
In questo contesto, quei cinque paesi sono i nuovi “Fragile Five”, il gruppo che nel 2015 includeva invece altre economie che si riteneva fossero maggiormente esposte al rischio di aumenti dei tassi, ovvero Brasile, India, Indonesia, Sud Africa e Turchia (la Turchia è l’unica economia che è rimasta). Da segnalare che a inventare per prima la definizione “Fragile Five” è stata, quattro anni fa, Morgan Stanley.
Tuttavia, a dispetto dei timori di S&P, i gestori dei fondi tra i più importanti al mondo sono pronti a scommettere sui bond di questi paesi: si tratta di Goldman Sachs Asset Management, T. Rowe Price Group e BlackRock. I colossi hanno già iniziato ad acquistare i titoli di stato delle cinque economie, motivando la loro decisione con la maggiore fiducia che ripongono in esse:
“Il livello a cui questi paesi riescono a rispondere oggi agli shock è decisamente migliorato rispetto a qualsiasi altro momento degli ultimi anni – ha commentato a Bloomberg Angus Bell, che fa parte del team che gestisce il debito dei paesi emergenti, per un valore di $45 miliardi, presso Goldman Sachs Asset Management e che ha un rating “overweight” sui debiti hard currency di Argentina e Turchia, così come su quello dell’Egitto in valuta locale.
Overweight sui debiti di Egitto e Argentina è anche T. Rowe Price Group. E tra l’altro, in un report appena pubblicato lo scorso martedì, il team di analisti di JP Morgan Chase guidato da Luis Oganes ha scritto che oggi i mercati emergenti sono “molto meno suscettibili” alle preoccupazioni del taper tantrum di quanto lo fossero nel 2013.
Bell di Goldman è positivo così sui titoli di stato argentini, e cita a tal proposito i livelli relativamente bassi del debito del paese, i suoi deficit gestibili e il maggior ottimismo dell’era del presidente Mauricio Macri.
I dolorosi aggiustamenti economici che hanno colpito l’Egitto sono per l’esperto un’opportunità, perchè il paese riacquisti una certa stabilità economica, mentre in Turchia – dove, come fa notare l’articolo di Bloomberg, l’ansia degli investitori misurata dalla volatilità implicita a un mese ha segnato il rialzo più forte tra i mercati emergenti, negli ultimi tre mesi – le dinamiche attinenti al debito sono “fonte di preoccupazione in misura minore”.
Sul Pakistan, Bell segnala i progressi fatti dal paese contro la corruzione e la fiducia che le elezioni del prossimo anno rendano il quadro più chiaro.
Dal canto suo Pablo Goldberg, gestore del portafoglio dei mercati emergenti presso BlackRock, dichiara di guardare con favore ai debiti sovrani dei paesi produttori di petrolio e spiega la sua strategia con una domanda:
“Perchè ora? In questi ambienti c’è il rischio che si grida al lupo troppo presto e che si finisca con il perdere buone opportunità”.