Deutsche Bank e banche Ue, prosegue il recupero in borsa
Dalla seduta nera del 24 marzo, chiusa in calo dell’8,5%, Deutsche Bank ha recuperato oltre l’11% alla borsa di Francoforte, in un contesto di rimonta generale del settore bancario dopo le turbolenze delle settimane precedenti. Esaminiamo meglio la situazione attuale.
Deutsche Bank in rimonta, bene anche Commerzbank e SocGen
Deutsche Bank viaggia in rialzo per la quarta seduta consecutiva, mettendo a segno la quinta giornata positiva nelle ultime sei, dopo il crollo di due venerdì fa.
A rimbalzare non è solo l’istituto tedesco, ma anche le altre banche che avevano destato qualche preoccupazione nell’ultimo mese. Rispetto alla seduta del 24 marzo, la connazionale Commerzbank ha recuperato circa il 10%, la francese Société Générale più del 7% e la nostra Mps oltre il 5%.
Ricordiamo che il sell-off era giunto al culmine delle tensioni innescate dai fallimenti delle banche americane Svb e Signature e dalle vicende che hanno portato all’acquisizione, guidata dal governo svizzero, di Credit Suisse da parte di Ubs.
Si allenta la pressione sui CDS di Deutsche Bank
Nel caso specifico di Deutsche Bank, ad alimentare le tensioni è stata soprattutto l’ascesa del prezzo dei credit default swap sull’istituto tedesco. I CDS, infatti, sono contratti derivati attraverso cui il compratore si assicura contro il rischio di credito del sottostante. Più è elevato il rischio percepito, più aumenta lo spread da pagare per coprirsi dall’evento di default.
I CDS di Deutsche Bank scambiano ora in area 146 punti, dopo aver superato in poche ore quota 200 nelle ore più critiche del sell-off sulla banca. Livelli comunque lontani da quelli di Credit Suisse, che erano balzati in pochi giorni da meno di 400 a oltre 1.000 punti, con una probabilità di default percepita oltre il 50%.
Il potenziale impatto distruttivo derivante dalla mancata regolamentazione di questi strumenti è stato sottolineato negli ultimi giorni anche dalle autorità. Andrea Enria, presidente del Consiglio di Vigilanza della Bce, ha rimarcato che con pochi milioni si possono spostare migliaia di miliardi di euro e condizionare persino i deflussi di depositi, mentre l’Esma ha messo sotto esame i recenti movimenti del mercato, anche nel segmento dei CDS.
Il contesto di tassi elevati sostiene le banche
Il recupero delle banche va di pari passo con l’attenuarsi dei timori di nuovi default e con una rinnovata propensione al rischio dei mercati. Il peggio della crisi bancaria sembra superato e, al momento, l’effetto di un contagio più ampio pare essere scongiurato.
Le autorità di tutto il mondo si sono prodigate nel riaffermare la solidità degli istituti di credito e la resilienza del comparto, contribuendo a ristabilire la fiducia necessaria in un settore fortemente incentrato sulla reputazione delle controparti.
D’altra parte, in un contesto di tassi crescenti il comparto finanziario resta ben impostato per ampliare ulteriormente i propri margini di interesse, mantenendo una redditività elevata e in grado di remunerare gli azionisti con dividendi crescenti e piani di buyback (come nel caso di Unicredit).
Le criticità del settore
La recente crisi ha però sottolineato il rischio di vorticosi sell-off innescati da dinamiche di mercato e slegate dai fondamentali.
Transazioni come quelle sui Cds, in mercati poco liquidi e OTC (Over The Counter, senza una stanza di compensazione centrale) possono dare adito a forti movimenti che finiscono per minare la fiducia nella capacità creditizia di un istituto, mettendo a rischio depositanti e investitori.
Si pensi ad esempio alle perdite subite dai detentori di At1 di Credit Suisse nell’ambito del salvataggio. Un’operazione che, peraltro, comporterà un netto taglio di posti di lavoro; secondo fonti svizzere, Ubs sarebbe pronta a ridurre l’organico di una percentuale compresa tra il 20% e il 30% una volta completata l’integrazione.
La perdita di fiducia, inoltre, rischia di generare un ritiro della liquidità dai conti correnti, dinamica che si sta verificando soprattutto negli Usa dove oltre 200 miliardi di dollari sono stati spostati nei fondi monetari, che offrono cospicui rendimenti con rischi contenuti.