Debito pubblico in Italia cresce più del Pil, +105 €mld nel 2023
“Conti pubblici fuori controllo”. È questo il titolo del 52° Osservatorio trimestrale sui dati economici dell’Italia redatto dalla Mazziero Research, società indipendente che fornisce stime su debito, PIL e spesa per interessi dello Stato. Il report delinea un quadro allarmante poiché, in sintesi, l’Italia continua inesorabilmente a spendere più di quanto incassa. Ecco le principali considerazioni in merito al debito pubblico e ai titoli di Stato italiani.
- Il monito della Corte dei conti sulla sostenibilità del debito
- Debito/Pil in calo nel 2023, ma la realtà è diversa
- Deficit/Pil nettamente superiore al tetto fissato dall’UE
- Le stime di Mazziero Research sul debito pubblico italiano
- Debito in continua ascesa, +105 miliardi nel 2023
- Spesa per interessi in aumento di 25 mld entro il 2026
- I titoli di Stato in scadenza nel 2024 e nei prossimi anni
Il monito della Corte dei conti sulla sostenibilità del debito
“Occorrono misure che, nel dare una risposta alle necessità di famiglie e imprese, assicurino un’ordinata e progressiva riconduzione delle dinamiche delle entrate e delle spese entro una cornice compatibile con la sostenibilità dell’elevato debito; sostenibilità che è presupposto di uno sviluppo economico più consistente e durevole, oltre che equo, inclusivo e attento alle future generazioni.”
Parole pronunciate dal Presidente della Corte dei conti, Guido Carlino, nella cerimonia di Inaugurazione dell’Anno Giudiziario con la relazione sull’attività dell’Istituto nel 2023.
Eppure, come sottolinea lo stesso Maurizio Mazziero nel suo Osservatorio trimestrale, autorevoli dichiarazioni di questo genere sembrano ogni volta cadere nel vuoto, poiché chi dovrebbe ascoltarle fa “orecchie da mercante”.
Debito/Pil in calo nel 2023, ma la realtà è diversa
A un primo sguardo, il rapporto tra debito pubblico e Pil sembrerebbe aver registrato un miglioramento nel 2023, riducendosi al 137,3% dal 140,5% del 2022. Tuttavia, come spiega Mazziero, “l’abbassamento del debito nel rapporto con il PIL è frutto di un effetto ‘ottico’ dato che il PIL si è gonfiato più del debito grazie all’inflazione.”
Per analizzare correttamente la dinamica del rapporto, bisogna tenere presente la diversa metodologia di calcolo del Pil. Quando ci si riferisce alla crescita si utilizza infatti il PIL reale, depurato dall’inflazione, mentre nel rapporto con il debito si prende in considerazione il PIL a valori correnti, che include quindi l’inflazione.
Nel 2023 il PIL a prezzi correnti è aumentato del 6,2%, a fronte di un debito salito del 3,8%, per cui il rapporto debito/Pil si è ridotto. Tuttavia, depurando il PIL dall’inflazione, otteniamo un +1%, decisamente inferiore all’aumento del debito.
Deficit/Pil nettamente superiore al tetto fissato dall’UE
La situazione di criticità dei conti pubblici italiani emerge anche da un altro indicatore chiave, ossia il rapporto tra deficit e PIL, che confronta la differenza fra entrate e uscite dello Stato con il suo Pil.
Il deficit/PIL, sottolinea Mazziero, “resta molto elevato, al 7,2% e molto lontano da quel livello del 3% a cui dovrebbe tendere in base al Patto di Stabilità europeo.”
Ciononostante, si evidenzia una dinamica discendente con il rapporto in diminuzione dall’8,6% del 2022 al 7,2% del 2023.
Le stime di Mazziero Research sul debito pubblico italiano
Il debito pubblico a fine 2023 si è attestato a 2.863 miliardi, in aumento del 3,8% rispetto a 2.758 miliardi del 2022 e le prospettive future non sono rosee, con un ulteriore incremento previsto nei prossimi mesi.
“Dopo un periodo di relativa stabilità negli ultimi mesi del 2023, anche gennaio dovrebbe mantenere un debito stabile, per poi subire una forte accelerazione da febbraio sino a giugno”, secondo la Mazziero Research.
Le stime elaborate dalla società indicano che il debito potrebbe oltrepassare stabilmente i 2.900 miliardi entro giugno 2024. Partendo da 2.863 miliardi di fine 2023, il mese di gennaio dovrebbe mantenersi abbastanza in linea con 2.856 miliardi, per poi crescere velocemente già a partire da febbraio sino a tutto giugno, quando si stima un valore compreso nella forchetta tra 2.879 e 2.889 miliardi.
Debito in continua ascesa, +105 miliardi nel 2023
L’aumento del debito è un problema atavico, che non accenna a trovare risoluzione. Nell’ultimo quinquennio il debito è salito ogni anno, con un aumento di ben 105 miliardi nel 2023. Un incremento sostanzialmente in linea con quello del 2021, periodo ancora condizionato dagli impatti dell’epidemia COVID.
Questi 105 miliardi di debiti aggiuntivi accumulati, spiega Mazziero, “dovranno essere finanziati con maggiori emissioni di titoli di Stato su cui pagheremo interessi. Già, proprio quegli interessi che ora fanno tanto gola agli italiani – ben 18,3 miliardi sono fluiti dalle tasche dei piccoli investitori verso le mani del Tesoro nell’ultima emissione del BTP Valore – rappresentano una spesa annua di 78,6 miliardi e cresceranno in quattro anni di altri 25 miliardi.”
Spesa per interessi in aumento di 25 mld entro il 2026
La spesa per interessi nel 2023 non ha raggiunto i livelli del 2022, nonostante gli elevati livelli dei rendimenti correnti. Nel dettaglio, si è attestata a 78,6 miliardi, rispetto agli 82,9 miliardi dell’anno precedente. Tuttavia, sottolinea Mazziero, “cambiando il mix delle tipologie di emissione e le scadenze è possibile in qualche misura dosare e/o dilazionare gli interessi che dovranno essere pagati.”
A tal proposito, “in base a quanto previsto dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF, gli interessi saliranno a 89 miliardi nel 2024, per passare a 94 miliardi l’anno successivo e raggiungere i 104 miliardi nel 2026 con un aumento di 25 miliardi nel quadriennio 2023-2026.”
In rapporto al PIL, la spesa per interessi evidenzia una riduzione tra 2022 e 2023 dal 4,2% al 3,8%, ma anche in questo caso l’effetto della riduzione è amplificato dal valore del PIL nominale, che comprende anche l’incremento dovuto all’inflazione.
I titoli di Stato in scadenza nel 2024 e nei prossimi anni
Il rifinanziamento del debito a tassi più elevati, con un conseguente aumento della spesa per interessi, rappresenta dunque un problema da non sottovalutare.
Per quanto riguarda l’ammontare dei titoli in scadenza sino a dicembre 2024, i mesi più critici, ovvero quelli con più scadenze che dovranno essere rimpiazzate da nuovi collocamenti, sono marzo, maggio e settembre.
Con riferimento alle scadenze nei prossimi anni sino al 2072, eccetto l’anno corrente che comprende i titoli a breve come i Bot, i maggiori importi sono relativi agli anni 2025 e 2026. Si osservano invece importi più contenuti negli anni 2027, 2029 e 2030, scadenze in cui molto probabilmente si concentreranno le prossime emissioni.