De-dollarizzazione e geopolitica: Russia fugge dai Treasuries Usa. Corsa all’oro già in atto, unico asset che vale?
Il processo di de-dollarizzazione continua e vede protagonista la Russia. L’ultimo rapporto del dipartimento del Tesoro Usa relativo al mese di aprile mette in evidenza che Mosca ha smobilizzato ben $47,4 miliardi dei $96,1 miliardi di Treasuries Usa detenuti. Praticamente, la metà circa della sua esposizione in titoli di stato americani.
Ma Mosca non è stata l’unica: il Giappone ha smobilizzato Treasuries per $12 miliardi circa; la Cina, alle prese con una guerra commerciale senza precedenti con gli Usa di Donald Trump, ha liquidato una somma pari a $7 miliardi; l’Irlanda si è liberata di T-bond per un importo superiore a $17 miliardi.
Non è un caso che la Russia abbia deciso di ridurre in modo significativo gli investimenti in Treasuries Usa: Mosca è stata colpita infatti da diverse sanzioni, arrivate direttamente da Washington, in un contesto in cui le tensioni tra l’America e i suoi partner commerciali si sono intensificate.
L’analista militare ed esperto di geopolitica Arkady Savitsky ha commentato la notizia dell’ammontare record scaricato dai russi sul sito Strategic Culture, affermando che tutte queste notizie sono negative e rappresentano un avvertimento nefasto per Washington.
“La domanda estera (di bond) è cruciale per compensare il balzo atteso dei finanziamenti federali di cui gli Usa necessitano: il dipartimento del Tesoro ha bisogno di fatto di finanziare l’enorme spesa pubblica, insieme ai tagli alle tasse che sono stati approvati dal Congresso nel dicembre del 2017. Per questo, ha pianificato emissioni per un valore di $1,4 trilioni circa di Treasuries, quest’anno, in una situazione in cui stanno mancando però, sul mercato dei bond, gli acquirenti”.
Dubbi vengono manifestati anche riguardo al trend di Wall Street. Savitisky sottolinea che “le aziende stanno ricorrendo alle operazioni di buyback al fine di aumentare il loro valore di mercato” e che, in questa condizione, “i titoli azionari sono sopravvalutati”.
Questo, mentre “il mercato dei bond non appare più appetibile”. In definitiva, “si sta presentando uno scenario che vedrà diverse nazioni smobilizzare debito Usa nell’eventualità di una guerra commerciale”. (che secondo molti, almeno tra la Cina e gli Usa, è comunque già iniziata).
“La supremazia del dollaro Usa non è solida come molti tendono a pensare e il processo di de-dollarizzazione sta accelerando il passo”.
Una ulteriore prova arriva proprio dalle aziende russe, che hanno pagato il 15% delle importazioni cinesi in valuta cinese, ovvero in yuan.
“L’abbandono graduale del dollaro è in generale nell’agenda dei paesi BRICS – scrive l’analista – E, “in generale, è dal 2012 che la Cina e anche il Giappone hanno lanciato il trading diretto sulle proprie valute per fare hedging contro il rischio di una caduta del dollaro nel lungo termine”.
L’esperto riprende inoltre le dichiarazioni del miliardario Stanley Druckenmiller, che ha già sentenziato che “l’oro è tutto quello di cui c’è bisogno ora”. Tutti gli altri investimenti, ha detto l’investitore, sono “spazzatura”.
A tal proposito, diversi paesi si stanno già preparando al peggio ritirando le riserve di oro depositate in Usa. Tra gli ultimi la Turchia, che lo scorso 19 aprile ha rimpatriato tutte le riserve ammassate nei forzieri della Usa Federal Reserve System (FRS): 220 tonnellate, per un valore di $25,3 miliardi.
Tutto questo, mentre il presidente Recep Tayyip Erdogan lanciava un appello affinché tutti i prestiti internazionali venissero erogati in oro, invece che in dollari.