Dati Eurozona gelano Bce. Ma investitori globali scommettono sui bond che proteggono da inflazione
I dati arrivati dal fronte economico dell’Eurozona confermano che la Bce ha ancora molto da fare per risollevare l’inflazione in Eurozona, portandola a quel target poco inferiore al 2% da essa fissato. A dispetto del miglioramento dell’economia e del calo della disoccupazione, nel mese di dicembre l’inflazione dell’area euro è infatti rallentata, con il tasso di riferimento sceso all’1,4% dall’1,5% di novembre. Nessuna accelerazione per la componente core – meno volatile -, inchiodata allo 0,9%.
Si parla di inflazione latitante e di quelle che saranno le prossime sfide che la Bce dovrà fronteggiare: Draghi è infatti tra l’incudine e il martello, ossessionato da un lato dalle richieste tedesche di staccare la spina del QE e dall’altro messo sull’attenti dagli stessi fondamentali economici, che gli ricordano come la dinamica dei prezzi rimanga debole, a dispetto di tutti gli sforzi compiuti negli ultimi anni.
Anche la Federal Reserve, nei suoi recenti verbali, si era mostrata sorpresa per l’ennesima volta a causa dell’arrancare della crescita delle pressioni inflazionistiche (ammettendo comunque di essere più ottimista sul loro trend, a causa degli effetti della riforma fiscale targata Donald Trump).
La sensazione di apparente scoraggiamento che le banche centrali avvertono di fronte a un’inflazione che si mostra ostinatamente inchiodata cozza tuttavia con quanto sta avvenendo sui mercati (che si sa, agiscono guardando già al futuro).
Da un articolo del Financial Times emerge infatti come gli investitori stiano scommettendo su una ulteriore crescita dell’economia nel 2018, tanto da scegliere quei fondi che investono dei bond protetti dall’inflazione.
Tanto che, nella settimana terminata lo scorso 3 gennaio, stando ai dati diramati da EPFR Global, i flussi in entrata nei fondi che acquistano bond protetti dall’inflazione sono stati pari a $743 milioni a livello globale, in crescita per l’undicesima settimana consecutiva, la fase più duratura dall’inizio del 2017, quando gli investitori si rifugiarono nei fondi per 16 settimane consecutive fino al 29 marzo dello scorso anno. A incidere sulla crescita sono soprattutto i fond che puntano agi bond Usa: in questo caso il cash che è stato investito nelle obbligazioni è balzato di $618 milioni nel corso dell’ultima settimana, riportando il rialzo su base settimanale più forte dal febbraio del 2017.
Così ha commentato al Financial Times Peter Boockvar, responsabile investimenti presso Bleakley Financial Group:
“Credo che l’aumento dell’inflazione sia tra i rischi più sottovalutati del 2018”. Aggiungendo che “le pressioni inflazionistiche stanno crescendo”.
Dallo stesso report sui fondi, è emerso che nello stesso arco temporale i fondi che puntano sull’azionario Usa hanno perso più di $10 miliardi, scontando la decisione degli investitori di spostarsi piuttosto sui fondi che puntano sull’azionario globale e sui mercati emergenti. In questo caso il timore è che le valutazioni di Wall Street siano diventate le più care in tutto il mondo.
I fondi che puntano invece sui titoli finanziari – che dovrebbero salire in caso di un contesto di tassi di interesse più alti – sono stati interessati da flussi in entrata pari a $692 milioni.