Curva dei rendimenti invertita: bando agli allarmismi, ecco un’alternativa per diversificare il portafoglio
Tiene banco sui mercati l’inversione della curva dei rendimenti, uno degli indicatori di recessione più citati. Ma sebbene ogni recessione americana negli ultimi 50 anni è sempre stata preceduta da un’inversione, non è motivo di immediato allarmismo giura Peter Becker, Investment Director di Capital Group.
L’arco temporale che separa l’inversione dall’inizio di una recessione è significativo. Il dato medio è pari a 16 mesi, durante i quali i mercati azionari continuano il loro rally. Negli ultimi tre cicli, i titoli hanno registrato un rendimento medio del 37% dal punto di inversione fino al successivo picco di mercato. Come si evince dal grafico seguente, i mercati hanno continuato il rally dopo le precedenti inversioni della curva dei rendimenti e i risultati passati non sono indicativi di quelli futuri.
L’esperto sottolinea come per gli investitori, una curva dei rendimenti invertita non provoca una recessione, ma è solo un altro segnale di un ciclo economico nelle ultime fasi. “Pertanto, invece di allarmarsi, continua Becker, gli investitori dovrebbero considerarla come un cortese promemoria affinché verifichino che i loro portafogli siano opportunamente diversificati e che le loro posizioni obbligazionarie core limitino i rischi in eccesso”.
Curva dei rendimenti invertita: riflettori puntati sul debito dei mercati emergenti
E’ in fase di fine ciclo che è particolarmente importante stabilire se il tipo di obbligazioni all’interno del portafoglio fornisce diversificazione nei confronti delle azioni e il giusto livello di equilibrio. Gode in questo senso di una congiuntura favorevole, continua l’analista, il debito dei mercati emergenti, grazie al buon equilibrio tra rendimento e modesta correlazione azionaria, anche tra gli emittenti di più alta qualità. Secondo l’analista i paesi emergenti sono attualmente meno indebitati rispetto al passato e dipendono meno dagli afflussi esteri, crescendo più rapidamente dei mercati sviluppati, mentre l’inflazione è relativamente contenuta. Poi ci sono alcune valute dei mercati emergenti che potrebbero registrare un apprezzamento nei confronti del dollaro USA. “Questa possibilità, conclude l’esperto “insieme a rendimenti più elevati, suggerisce che nei prossimi mesi le obbligazioni in valuta locale dovrebbero continuare ad offrire un terreno fertile per gli investitori selettivi”. “Tuttavia, i mercati emergenti presentano notevoli variazioni e, come evidenziato dai disordini in Venezuela e Argentina, gli sviluppi politici, fiscali e di politica monetaria possono sconvolgere rapidamente i mercati. In quest’ottica, è essenziale concentrarsi sui fondamentali dei singoli paesi”.