Crisi di governo in tempi di guerra, Draghi al Senato: le condizioni per restare. Il diktat delle riforme, tra PNRR e stop gas Russia
Quello che si presenta al cospetto del Senato e dell’Italia intera è un Mario Draghi fermo e determinato, con quell‘aplomb britannico tutto suo che gli ha permesso di salvare l’Europa e l’euro nei tempi del panico dei mercati alle prese con la crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona.
Il presidente del Consiglio si mostra sorridente di fronte alle telecamere mentre entra a Palazzo Madama, nel D-Day dell’Italia, come lo definisce Wolfango Piccoli, co-direttore di Teneo Intelligence, nella nota “ITALY: D-day”.
Nelle sue comunicazioni al Senato (la fiducia è attesa stasera), Draghi si è presentato deciso e calmo, ma anche tagliente nei confronti di chi – il M5S di Giuseppe Conte – ha scatenato la crisi di governo proprio nel bel mezzo di una crisi più generale che sta divampando in tutto il mondo, con la guerra tra l’Ucraina e la Russia che ha cambiato i connotati dell’ordine mondiale, forse per sempre.
A tal proposito, Draghi ha dato piena ragione a Zelensky, confermando il pieno sostegno a Kiev, in quanto come ha detto il presidente ucraino “armare l’Ucraina è l’unico modo per permettere all’Ucraina di difendersi”.
Dal discorso, è emersa la volontà di portare a compimento la legislatura fino alla sua naturale scadenza della primavera del 2023, in base ai desiderata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, giovedì scorso 14 luglio, non ha accolto le sue dimissioni. E’ emersa la volontà di siglare un nuovo patto per il bene dell’Italia, dunque l’apertura ad andare avanti con un #Draghibis. A patto, tuttavia, che non ci siano quegli strappi e ultimatum che sono andati avanti per mesi, come ha fatto notare lui stesso.
Nel corso delle comunicazioni le parole Giuseppe Conte e M5S non sono state mai proferite, ma il riferimento alla causa scatenante della crisi di governo è rimbalzato più volte.
Non sono mancati infatti riferimenti dai toni a dir poco taglienti nei confronti di quel movimento che ha deciso di non votare la fiducia di un governo di cui almeno fino a oggi ha fatto parte.
Critiche e lamentele non fanno parte tuttavia della personalità di Mario Draghi che, piuttosto, ha messo in evidenza ciò che intende fare in un paese che, si potrebbe dire, è abituato a perdersi nelle chiacchiere.
Draghi si è concentrato sulle priorità dell’Italia, facendo una proposta chiara ai parlamentari: “Serve un nuovo patto di fiducia sincero e concreto. Voi parlamentari siete pronti a ricostruire questo patto, siete pronti a confermare quello sforzo compiuto nei primi mesi, poi affievolito? Siamo qui in questa Aula solo perchè gli italiani lo hanno chiesto (e qui nel Senato si sono levate proteste). Questa risposta non la dovete dare a me, ma agli italiani”.
L’accento è stato posto più volte sull’attuazione del PNRR, ergo sulla necessità che l’Italia porti avanti le riforme, assicurandosi così quei finanziamenti che l’Unione europea ha concesso con il Recovery Fund- Next Generation Eu.
Ma in tempi di guerra tra l’Ucraina e la Russia e in un momento in cui il terrore dell’Italia e dell’Europa intera porta il nome di razionamento dei consumi di energia, Draghi ha parlato anche della priorità della transizione energetica, in primis del bisogno di spezzare quel cordone ombelicale tossico che negli ultimi anni ha reso il continente dipendente dal gas russo.
Nel caso specifico dell’Italia, Draghi ha fatto notare che quel cordone ombelicale con il suo governo è stato ridotto in modo significativo, con le importazioni dal gas russo tagliate dal 40% a meno del 25% del totale.
Così sul PNRR: “Entro la fine di quest’anno dobbiamo raggiungere 55 obiettivi del Pnrr per ottenere una nuova rata da 19 miliardi. Si tratta di temi fondamentali, come infrastrutture digitali, sostegno al turismo, lotta al lavoro sommerso. Completare il Pnrr è una questione di serietà verso i cittadini e i partner Ue. Se non dimostriamo di saper spendere queste risorse, non saremo in grado di chiedere ulteriori strumenti”.
Draghi ha ricordato che il “Pnrr approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento ha avviato un percorso di riforme e investimenti che non ha precedenti nella storia recente: la riforma della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti, la semplificaizone sono un passo avanti essenziale per modernizzare l’Italia. Ad oggi tutti gli obiettivi dei primi due semestri del Pnrr sono stati raggiunti: abbiamo già ricevuto dalla commissione Ue 45,9 miliardi di euro a cui si aggiungeranno ulteriori 21 miliardi, per un totale di quasi 67 miliardi”.
Draghi ha rimarcato l’urgenza della transizione energetica:
“Entro il 2030 dobbiamo installare circa 70 GW di impianti di energia rinnovabile – ha detto, aggiungendo che la siccità e le ondate di calore anomalo che hanno investito l’Europa nelle ultime settimane “ci ricordano l’urgenza di affrontare con serietà la crisi climatica nel suo complesso”.
Riferimento anche “agli interventi per migliorare la gestione delle risorse idriche, la cui manutenzione è stata spesso gravemente deficitaria” e al fatto che il PNRR stanzia più di 4 miliardi per questi investimenti, così come alla necessità di un ‘piano acqua’.
Un monito al M5S mai nominato è stato lanciato anche riguardo al tema dei rigassificatori: d’altronde, “non è possibile parlare di sicurezza energetica degli italiani e poi protestare contro i rigassificatori e gli impianti che sono essenziali per il nostro fabbisogno energetico”.
E ancora, la riforma fiscale, che deve essere approvata al più presto: “Intendiamo ridurre l’Irpef, superare l’Irap, razionalizzare l’Iva’. I primi passi sono stati compiuti con l’ultima legge di bilancio che ha avviato revisione Irpef e sistema derlla riscossione che conta 1.100 miliardi di crediti non riscossi, pari a oltre il 60% del pil nazionale, una cifra impressionante”, ha sottolineato il premier.
Il reddito di cittadinanza è stato definito “una misura importante per ridurre la povertà”, ma anche uno strumento che “può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro”.
Draghi ha parlato anche della necessità di “una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo”.
Verso la fine del suo discorso al Senato, il presidente del Consiglio si è così espresso:
“C’è bisogno di una vera agenda sociale, che parta dei più deboli e dagli anziani non autosufficienti” in una situazione in cui “l’aumento dei costi dell’energia e dell’inflazione hanno causato nuove disuguaglianze che aggravano quelle prodotte dalla pandemia”. QUI i dettagli.
Riguardo al Superbonus, menzionate le criticità:
“Per quanto riguarda le misure per l’efficientamento energetico e più in generale i bonus per l’edilizia, intendiamo affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali, ma al contempo ridurre la generosità dei contributi”.
Quello che si è mostrato al Senato è stato un Mario Draghi pratico e allo stesso tempo duro con i partiti che, ha fatto notare, nell’ultimo periodo si sono concentrati più sulla campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 2023 che non sulle reali priorità dell’Italia:
“Ritengo che un presidente del Consiglio che non si è mai presentato agli elettori debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile”, ha ammonito, confessando che la sua scelta di dimettersi è stata sofferta e dovuta.
La parola, a questo punto, ai parlamentari. Saranno loro ad accettare o meno di andare avanti con Draghi, considerato spesso e volentieri quasi più all’estero che in Italia come un’occasione unica per il paese e il suo futuro. Così come anche sono considerati occasione unica per il paese i finanziamenti del Recovery Fund. Che ci saranno però soltanto se l’Italia farà le riforme.