Coronavirus e shock Opec, BTP presi di mira senza pietà: spread fino a 230. Cosa farà la Bce?
La corsa ai beni e asset rifugio ha la meglio sulla caccia ai rendimenti. Risultato, in una situazione caratterizzata, oltre che dal diffondersi del coronavirus anche dall’improvviso shock dei prezzi del petrolio, quella carta italiana che presenta rendimenti molto più attraenti rispetto a quelli della maggior parte dei bond emessi dai paesi avanzati, viene presa di mira senza pietà, anche per le ultime notizie che vedono l’economia sempre più minacciata dal diffondersi dell’emergenza COVID-19 nella nazione.
Nel fine settimana il governo di Giuseppe Conte ha predisposto l’isolamento della Lombardia e di altre 14 province italiane.
Il risultato è che i tassi sui BTP a 10 anni schizzano al rialzo all’1,28% (per effetto dei sell off, vista la relazione inversamente proporzionale tra bond e tassi), a fronte dei rendimenti dei Bund tedeschi che testano invece il minimo di sempre, sprofondando al -0,84%.
Lo spread BTP-Bund a 10 anni vola di conseguenza fino al record intraday di 230 punti base, valore massimo dall’agosto del 2019.
A essere colpiti maggiormente dagli smobilizzi, sono comunque soprattutto i BTP a due anni, con i tassi che volano fino a +56 punti base allo 0,646%, al massimo dal giugno del 2019, prima di ridurre la fiammata e salire comunque in modo sempre sostenuto (+44 punti base allo 0,50%).
Tutto questo avviene a tre giorni dalla riunione della Bce del prossimo 12 marzo. Riunione attesissima, visto che tagli ai tassi di emergenza ce ne sono già stati per fronteggiare l’impatto economico-finanziario del coronavirus in tutto il mondo: in primis, ha agito la Federal Reserve con un taglio di 50 punti base al range compreso tra l’1% e l’1,25%.
Cosa farà a questo punto la Bce di Christine Lagarde?
“BCE e coronavirus: un taglio per salvare l’Eurozona?”, si chiede Andreas Billmeier, Sovereign Research Analyst di Western Asset, affiliata Legg Mason. Memore anche della reazione sicuramente non entusiasta di Wall Street al taglio dei tassi di emergenza varato dalla Fed, Billmeier scrive che, a suo avviso, è più probabile che sia la Bank of England, e non tanto la Bce, a seguire le orme della Fed.
Per la Bce, spiega infatti l’esperto, “la soglia per arrivare al taglio dei tassi è più alta, per due motivi: la prima è che il tasso sui depositi è già in territorio negativo; la seconda è che, una volta effettuato il taglio ‘emergenziale’, rialzare i tassi senza innescare un’agitazione del mercato richiederà uno sforzo comunicativo notevole”. Secondo Billmeier, è possibile che la Bce presti attenzione in misura maggiore “all’impatto indiretto del rallentamento dell’attività economica e, per esempio, assicuri un livello di liquidità appropriato al sistema bancario e ai bilanci aziendali. In altre parole, è più probabile che si decida una qualche sorta di iniezione di liquidità piuttosto che un taglio dei tassi d’interesse. Ci sembra insomma improbabile un taglio dei tassi senza altre misure a sostegno della liquidità”.
Detto questo, la pressione sulla Bce affinché intervenga è alta. E al momento i mercati monetari stanno scommettendo con una probabilità piena, pari al 100%, che la Bce tagli i tassi sui depositi, già negativi allo 0,5%, di 10 punti percentuali.
Peter Chatwell, responsabile della divisione della strategia dei tassi per Mizuho, teme però che un taglio dei tassi possa non essere sufficiente e invoca, piuttosto, un rafforzamento del Quantitative easing (QE). “Credo che una risposta della Bce in termini di QE sia necessaria, visto che la trasmissione monetaria si è spezzata”, sottolinea. Intanto capitolano ai nuovi minimi storici i tassi dei Bund. Quelli a 10 anni scivolano attorno a -0,84%; al valore più basso della storia anche i tassi a 30 anni della carta tedesca, che scendono a -0,60%.