Cina, L’ingresso delle A-shares negli indici MSCI attirerà molti investitori
Nonostante la guerra commerciale con gli Stati Uniti, i più recenti dati economici provenienti dalla Cina sono stati per lo più in linea, se non addirittura superiori, alle attese. Sono soprattutto le esportazioni e le importazioni che hanno sorpreso positivamente, mentre gli aumenti dei prezzi sono stati leggermente più bassi di quanto generalmente atteso.
Come spiega in un report il team di analisti di Raiffeisen Capital Management, a metà aprile la Banca centrale cinese ha ridotto il tasso delle riserve minime per la maggior parte delle banche commerciali di un intero punto percentuale. “Ma la portata di questa misura è relativamente modesta – è scritto nel report – e sosterrà soprattutto l’approvvigionamento di liquidità delle piccole imprese. Inoltre, dovrebbe aiutare a mitigare l’impatto della riduzione della concessione dei crediti all’economia”.
Come spiega in un report il team di analisti di Raiffeisen Capital Management, a metà aprile la Banca centrale cinese ha ridotto il tasso delle riserve minime per la maggior parte delle banche commerciali di un intero punto percentuale. “Ma la portata di questa misura è relativamente modesta – è scritto nel report – e sosterrà soprattutto l’approvvigionamento di liquidità delle piccole imprese. Inoltre, dovrebbe aiutare a mitigare l’impatto della riduzione della concessione dei crediti all’economia”.
Non è allentamento della politica monetaria
Secondo il team di Raiffeisen, non si può parlare quindi di un vero allentamento della politica monetaria. “È possibile che anche la controversia commerciale che si protrae con gli Usa abbia giocato un ruolo. Invece di muoversi l’uno verso l’altro, il presidente Trump ha sorpreso con nuove richieste che presuppongono l’abbandono degli obiettivi e delle strategie centrali in materia di economia”, è scritto nel report.
L’interpretazione più positiva dei mercati è che Trump chieda di più per ottenere un compromesso migliore per gli Usa. Secondo Raiffeisen però è più probabile che il nuovo catalogo di richieste serva a rendere impossibile un rapido accordo, per poter sfruttare il tema sul piano della politica interna possibilmente fino in autunno, cioè fino alle elezioni di mid-term di novembre al fine di mantenere la maggioranza nella Camera dei rappresentanti e nel Senato.
MSCI inizia a inserire le azioni A cinesi
L’elemento importante in questa fase per gli investitori è che in questi giorni l’indice MSCI inserirà per la prima volta ben 230 azioni cinesi quotate sul continente (azioni A) nel suo indice globale degli Emerging Markets e nel suo indice mondiale. Ciò, come è intuitivo, potrebbe dare luogo a ulteriori flussi di capitali verso queste azioni da parte di investitori stranieri che orientano i propri portafogli in base a questi indici.
Come spiega Raiffeisen, entro la fine dell’anno le azioni A dovrebbero rappresentare lo 0,7% dell’indice MSCI EM e, alla fine del processo, la loro quota potrebbe aumentare al 18% circa. Insieme alle azioni H (le azioni cinesi scambiate a Hong Kong) già rappresentate nell’indice, le società cinesi potrebbero quindi costituire oltre il 40% dell’intero indice MSCI nell’arco dei prossimi anni.
“Questo è dunque uno sviluppo molto significativo che, da un lato, dovrebbe far aumentare notevolmente l’interesse degli investitori per le azioni cinesi e, dall’altro, potrebbe contribuire a promuovere lo sviluppo dei mercati finanziari cinesi e liberalizzare e facilitare la circolazione dei capitali, poiché sono state anche le severe restrizioni alla circolazione dei capitali a scoraggiare MSCI a inserire prima le azioni A cinesi nell’indice”, è scritto nel report. Che così conclude: “In ogni caso, MSCI ha avvertito gli investitori delle sfide persistenti legate a questa asset class, come per esempio, le forti oscillazioni e i rischi in materia di corporate governance”.
Come spiega Raiffeisen, entro la fine dell’anno le azioni A dovrebbero rappresentare lo 0,7% dell’indice MSCI EM e, alla fine del processo, la loro quota potrebbe aumentare al 18% circa. Insieme alle azioni H (le azioni cinesi scambiate a Hong Kong) già rappresentate nell’indice, le società cinesi potrebbero quindi costituire oltre il 40% dell’intero indice MSCI nell’arco dei prossimi anni.
“Questo è dunque uno sviluppo molto significativo che, da un lato, dovrebbe far aumentare notevolmente l’interesse degli investitori per le azioni cinesi e, dall’altro, potrebbe contribuire a promuovere lo sviluppo dei mercati finanziari cinesi e liberalizzare e facilitare la circolazione dei capitali, poiché sono state anche le severe restrizioni alla circolazione dei capitali a scoraggiare MSCI a inserire prima le azioni A cinesi nell’indice”, è scritto nel report. Che così conclude: “In ogni caso, MSCI ha avvertito gli investitori delle sfide persistenti legate a questa asset class, come per esempio, le forti oscillazioni e i rischi in materia di corporate governance”.