Cina: i tre fattori che mettono il turbo alla crescita
Cina: cosa aspettarsi con il reopening dell’economia post Covid
Il Congresso Nazionale del Popolo della Cina ha comunicato gli obiettivi di politica economica del Dragone per il 2023 e secondo Carlos Casanova, Senior Economist, Asia di Union Bancaire Privée (UBP) “il target del 5% potrà essere facilmente superato e deve essere visto più come la base sotto la quale le autorità non vogliono scendere dopo aver mancato gli obiettivi nel 2022”.
L’analista aggiunge che “il 2022 è stato debole e pensiamo che nel 2023 la ripresa sarà forte, guidata dai consumi e non dagli investimenti come invece è stato il caso nei precedenti cicli economici cinesi. Abbiamo alcuni dati su gennaio e febbraio, anche se non tutti, a causa del Capodanno lunare, e questi confermano la nostra convinzione sul ruolo da locomotiva del settore dei servizi. Nel secondo trimetre 2023 inoltre vedremo un forte effetto di base positivo, rispetto a un anno fa quando si verificò il lockdown di Shanghai”.
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Cina: i catalizzatori per la crescita
Sono tre i principali catalizzatori per la crescita dell’economia cinese illustrati dal Senior Economist, Asia di Union Bancaire Privée (UBP)
- Il primo catalizzatore è la riapertura. “Il processo è stato più rapido delle attese, a ottobre ci aspettavamo un percorso più graduale con una riapertura completa a marzo 2023. Inoltre, il rischio di una seconda ondata di Covid dopo quella di dicembre ci sembra basso. La decisione di riaprire si è tradotta in una certa debolezza nel breve termine a fine 2022, ma in un vantaggio a lungo termine“.
- Il secondo è il mercato immobiliare. “Questo settore è stato una zavorra per la crescita economica nel 2022, e non solo. Non siamo ancora fuori dal tunnel, ma ci sono state molte politiche dirette a supportare il settore e a garantire la consegna dei progetti immobiliari che erano rimasti fermi. Una stabilizzazione in questo comparto avrà un impatto positivo sul sentiment dei consumatori e sulla spesa privata cinese, anche se l’attività immobiliare rimarrà di per sé debole”.
- Terzo e ultimo i consumi. “Come già visto nel resto del mondo, dopo le riaperture post-Covid si verifica un periodo di 12-18 mesi di forte accelerazione dei consumi. Pensiamo che questo accadrà anche in Cina, in parte a causa della domanda repressa e in parte a causa dei risparmi accumulati nel periodo delle restrizioni, come possiamo vedere dalla differenza tra i volumi di nuovi depositi e nuovi prestiti. Tuttavia, non ci aspettiamo lo stesso livello di boom dei consumi che abbiamo visto negli Usa, infatti si tratta di due situazioni diverse, con la Cina che ha una propensione al consumo significativamente inferiore. Inoltre, le difficoltà del settore immobiliare restano in una certa misura un freno a un boom dei consumi, mentre la disoccupazione nel Paese rimane ancora a livelli più alti rispetto al periodo pre-Covid” aggiunge Casanova.
Inflazione e geopolitica i due rischi
Di contro, l’analista identifica due rischi principali per la ripresa dell’economia cinese.
In primis, l’inflazione.
“Come accennato, non ci aspettiamo un boom dei consumi, ma il loro livello tornerà al trend e questo dovrebbe spingere al rialzo l’inflazione. La visione di consenso è che l’inflazione CPI cinese salirà al 3% nel 2023, come da stime del governo e in linea con quello che era il livello pre-Covid. Tuttavia esiste il rischio che, in caso di un’accelerazione sopra il 3% per diversi mesi, la PBoC (People’s Bank of China, banca centrale della Cina) debba inasprire la politica monetaria prima del previsto. Tuttavia, i mercati e l’economia cinesi hanno ancora bisogno di supporto politico, sia monetario che fiscale, e una stretta monetaria potrebbe indebolire soprattutto l’azionario”, afferma l’esperto.
Secondo rischio, la geopolitica.
“È un rischio abbastanza evidente, con la possibilità sempre presente di un decoupling tecnologico, legato alle restrizioni sulle esportazioni di semiconduttori. Gli sviluppi su questo fronte continueranno a causare fasi di volatilità nei prossimi mesi. Inoltre, con la fine della politica Zero-Covid, Pechino dovrebbe tornare a esternalizzare una parte della sua catena di approvvigionamento, con maggiori investimenti all’estero che avranno un effetto negativo sulla crescita cinese”, conclude Carlos Casanova.