Carige, fondi stranieri interessati al dossier. Ministro Savona su decreto: non è detto che ci sarà ricapitalizzazione precauzionale
Bper non la vuole, Ubi Banca neanche, UniCredit potrebbe presentarsi nelle vesti di cavaliere bianco ma solo se lo Stato decidesse di replicare il modello Intesa SanPaolo-banche venete. Carige – così come anche Mps – è stata messa in sicurezza dal governo M5S-Lega con un decreto ad hoc. Ma la ricerca di un partner italiano si sta facendo sempre più difficile, tanto che di questo, nelle ultime ore, ha parlato un articolo del Financial Times, riprendendo anche il caso Monte dei Paschi di Siena.
Così il quotidiano britannico nell’articolo ‘La vita delle aziende italiane non è poi così bella con Salvini’, in cui ha ripreso anche più di una battuta del comico Roberto Benigni, oltre al titolo del film del regista ‘La vita è bella’, che si è aggiudicato l’Oscar.
“Il governo vuole trovare partner disponibili alla fusione per entrambe le banche. Ma i potenziali acquirenti non possono essere dati per scontati. Bper Banca (leggi a tal proposito gennaio traumatico), Ubi Banca e Banco BPM sono i titoli peggiori della borsa di Milano, quest’anno, a causa dei timori sulla possibilità che anche queste banche debbano raccogliere più capitale in caso di nuova fiammata dello spread. E neanche la banca italiana più grande, UniCredit, appare un candidato ideale (per acquistare una delle due banche), a meno che lo Stato non la paghi per realizzare questo obiettivo (modello Intesa SanPaolo con le banche venete)”.
Oggi circolano alcuni rumor, secondo cui a essere interessati almeno a Carige, sarebbero invece diversi fondi stranieri. I fondi, viene spiegato, sarebbero interessati non solo ad acquistare i crediti deteriorati dell’istituto genovese ma, anche, a entrare direttamente nel capitale. Dai rumor sono trapelati anche alcuni nomi, come quelli dei fondi JC Flowers, Lonestar e Cerberus.
Viene riportato, nello specifico, che i commissari straordinari che stanno gestendo la banca -posta in amministrazione straordinaria e commissariata a inizio anno dalla Bce – starebbero lavorando alla vendita di Carige, puntando sulla valorizzazione della partecipazione dei soci attuali. Se tuttavia ciò non fosse possibile, prima di ricorrere alla ricapitalizzazione precauzionale, una ipotesi potrebbe essere quella di dividere Carige in una bad bank e in una banca con attività in bonis. Queste ultime sarebbero disponibili per la vendita ed è a queste, viene segnalato, che i fondi sarebbero interessati, tanto che ci sarebbero stati già contatti.
Intanto oggi del decreto Carige, varato dal governo M5S-Lega per mettere in sicurezza la banca genovese, ha parlato il ministro per gli Affari europei, Paolo Savona. Il ministro ha affrontato, tra le altre, la questione della ricapitalizzazione precauzionale, confermando che si tratta di una estrema ratio tra le misure del governo:
La ricapitalizzazione precauzionale pubblica, ha precisato, “riveste un carattere puramente eventuale e residuale, non è detto che certamente interverremo”. Tra l’altro, tale soluzione, oltre ad avere un “carattere temporaneo”, può essere autorizzata “solo se l’autorità competente abbia attestato che la banca è solvente, e in ogni caso previa presentazione di un piano di ristrutturazione che la Commissione europea abbia valutato idoneo a ripristinare la redditività nel medio-lungo periodo”.
Parlando della genesi della crisi dell’istituto, il ministro ha spiegato che questa “è legata anche alla crisi dello sviluppo industriale”. Di fatto, la Liguria “non è più quella da cui partivano impulsi per lo sviluppo”.
Insomma, il problema di Carige “che ha un passato e spero anche un futuro illustre non può essere avulso dal quadro istituzionale europeo e dalle condizioni interne. In questo caso, il mio riferimento temporale è all’epoca d’oro di quando esisteva il triangolo industriale Piemonte, Lombardia e Liguria che oggi è cambiato. Oggi il triangolo è Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna“.