Carige, alias MPS bis? Tesoro lavora su intervento, ecco come avverrebbe il salvataggio della banca
Caso Banca Carige: attenzione alle indiscrezioni riportate dal Messaggero, in un articolo dal titolo che fa tornare subito in mente il caso Mps, salvata dallo Stato: “Carige, pronto l’intervento del Tesoro”. Il quotidiano romano scrive che, a salvare Carige, sarebbe di fatto la Sga.
“La Sga dovrebbe acquisire buona parte dei 3,7 miliardi circa tra Npl e Utp (incagli) in modo da ripulire l’attivo. Sarebbe un ritorno della Società gestione attivi a Genova visto che nell’aumento da 544 milioni di fine 2017, Sga aveva sottoscritto il 6% (poi ceduto) e cartolarizzato circa 200 milioni”.
Per la precisione:
“Secondo quanto risulta al Messaggero, sono partite le trattative con la bad bank del Tesoro che gestisce soldi raccolti sul mercato tramite l’emissione di strumenti finanziari, utilizzati nei salvataggi di Mps, banche venete e, adesso, nella Banca Fucino da parte di Igea Banca. Anche ieri i commissari avrebbero continuato a dialogare con la società nata per il salvataggio del Banco Napoli, senza tralasciare le altre linee di azioni urgenti, come la rinegoziazione con lo Schema Volontario e Banco Desio del prestito convertendo da 320 milioni che al 60% circa verrà trasformato in capitale. E inoltre si dovrà valutare la cessione di alcuni asset, come Banca Cesare Ponti, Banca Monte di Lucca il tutto in una corsa contro il tempo. Bce ha fissato il termine di tre mesi per la gestione straordinaria, prorogabili di altri tre mesi. E quotidianamente, anche tramite gli uomini Bankitalia, la Vigilanza europea vuole essere informata di tutti i passi da compiere”.
Un eventuale salvataggio di Banca Carige da parte dello Stato metterebbe però sicuramente in imbarazzo il governo M5S-Lega.
Di conseguenza, mentre si continua a trattare, il Messaggero scrive anche che “dal governo non un euro alle banche” è il mantra di Conte, che teme speculazioni sull’intervento della bad bank del Mef che ha in pancia circa 2 miliardi residui”.
Nelle ultime ore ha parlato intanto l’ex AD e ora commissario straordinario di Banca Carige. In riferimento a una presunta necessità di ricorrere allo Stato – e quindi alla possibilità che Banca Carige diventi una Mps bis – l’ex amministratore delegato ha affermato che l’obiettivo “non è trovare chi pagherà il conto, ma non trovare un conto da pagare”.
Innocenzi ha cercato inoltre di tranquillizzare i clienti e, intervistato da Class Cnbc sulla minaccia di un default dell’istituto ligure, ha risposto:
“Assolutamente, la banca è ben patrimonializzata e ha una governance chiara, quindi i nostri clienti possono contare sulla loro Carige”.
Innocenzi ha sottolineato ancora, in linea con quanto emerso dal comunicato stampa con cui Banca Carige ha confermato le voci su un suo commissariamento da parte della Bce, che il piano industriale sarà “in un’ottica di possibili partnership e alleanze” e che punterà su “derisking, rilancio commerciale e rafforzamento patrimoniale”.
Sul socio di riferimento Malacalza, che detiene il 27,5% del capitale e che ha bloccato l’aumento di capitale, condizione sine qua non posta dalla Bce per la sopravvivenza di Carige, l’ex numero uno della banca ha detto:
“Bisogna guardare il futuro. E’ importante trovare e costruire fiducia, innanzitutto con gli azionisti rilevanti”.
Intanto, i titoli Carige rimangono sospesi dalle contrattazioni di Piazza Affari, come reso noto ieri dalla Consob.
Una nota è arrivata intanto dalla famiglia Malacalza, che ha chiarito la sua posizione nei confronti della necessità, rimarcata più forte dalla Bce come condizione sine qua non per mettere in sicurezza la banca, di lanciare un aumento di capitale.
Il socio di riferimento si è mostrato aperto a tornare sui suoi passi, dopo che con il suo no aveva bloccato praticamente l’operazione di ricapitalizzazione, sfidando apertamente che la Bce, intervenuta così due giorni fa per commissariare Banca Carige.
Malacalza Investimenti ha “espressamente manifestato anche successivamente all’assemblea, nell’ambito di interlocuzioni con i Vertici della Banca e in sedi istituzionali, la propria posizione favorevole alla approvazione della ricapitalizzazione“, si legge nella nota.
Da parte del socio di riferimento, che detiene il 27,5% del capitale della banca, non c’è dunque nessuna “pregiudiziale avversione alla approvazione della ricapitalizzazione”. Malacalza investimenti, inoltre, si riserva eventuali altre considerazioni “anche all’esito di diretta, più ampia e approfondita conoscenza e valutazione della misura disposta e dei provvedimenti ad essa sottostanti che ad oggi non le sono ancora noti”.
Nella nota, l’azionista ha sottolineato come il gruppo abbia affrontato sacrifici “nell’interesse obiettivo dell’Istituto, del suo azionariato, dei suoi lavoratori e del suo territorio di riferimento”.
Proprio in onore di questi sacrifici, che sono stati compiuti sia da Malacalza Investimenti e che da una “moltitudine di piccoli azionisti cui deve attribuirsi altissimo merito”, è necessario “a maggior ragione nel contesto adesso intervenuto, un massimo e definitivo grado di chiarimento“.
Insomma, tutti questi sforzi e sacrifici rappresentano “le coordinate dalle quali non è dato prescindere nella prospettiva del definitivo consolidamento patrimoniale e del pieno rilancio industriale della banca”, che Malacalza Investimenti “continua fermamente ad auspicare e alla quale confida, al pari di tutti gli altri azionisti nel pieno delle loro prerogative di soci, di essere messa in condizione di concorrere su basi e presupposti di parità di trattamento, piena trasparenza e chiarezza“.