Btp: perché il rendimento sta scendendo e cosa aspettarsi
Nelle ultime settimane i rendimenti di mercato dei Btp sono notevolmente diminuiti, amplificando un movimento che ha riguardato in generale tutti i titoli di Stato europei e Usa. Ecco le motivazioni di questo andamento e le aspettative per i mesi a venire, con focus sui potenziali fattori di rischio per l’Italia e non solo.
Il rendimento dei Btp scende più degli altri benchmark europei
Dopo aver toccato un picco oltre il 5% il 18 ottobre, il rendimento del Btp decennale si è notevolmente ridimensionato, fino ad un minimo in area 4,3%, per poi risalire leggermente al 4,4% attuale.
Una discesa di circa 60-70 punti base, molto più marcata rispetto a quella registrata da altri titoli di Stato europei. Nello stesso periodo, il rendimento del Bund a 10 anni ha riportato un calo di circa 28 punti base, il decennale francese circa 35 bp, quello portoghese 37 bp e la carta spagnola circa 42 bp.
Spostando lo sguardo oltreoceano, il rendimento del Treasury decennale nell’orizzonte temporale osservato ha subito una diminuzione di circa mezzo punto percentuale, dal 5% a poco meno del 4,5%.
Contestualmente, lo spread Btp-Bund si è dunque ridotto di oltre 30 punti base, passando da 205 agli attuali 175 punti base.
I motivi alla base del movimento dei tassi
Nel complesso, in poco più di un mese abbiamo dunque assistito ad una diminuzione dei rendimenti obbligazionari dei Paesi occidentali, dovuta essenzialmente alle aspettative sui tassi di interesse.
I mercati, infatti, si attendono che la Fed e la Bce non alzino più il costo del denaro dopo le pause decretate nelle ultime riunioni. Sebbene i funzionari delle due banche centrali abbiano mantenuto toni piuttosto prudenti, senza escludere ulteriori strette monetarie se necessarie per la lotta all’inflazione, i mercati hanno iniziato a prezzare alcuni tagli dei tassi nel corso del 2024, a partire dal secondo o terzo trimestre dell’anno.
La prospettiva di tassi stabili, o in calo, è stata immediatamente incorporata nei rendimenti dei titoli di Stato, provocandone una discesa. Un movimento supportato anche dai recenti dati macroeconomici, che hanno evidenziato una continua discesa dell’inflazione (soprattutto nell’eurozona), togliendo pressione alle banche centrali impegnate a contrastare l’aumento dei prezzi.
I fattori specifici per l’Italia
Per quanto riguarda nello specifico l’Italia, ci sono stati ulteriori fattori a supporto del calo dei rendimenti. Innanzitutto, il superamento dei test con le agenzie di rating tra ottobre e novembre. Il giudizio più temuto era quello di Moody’s, che aveva minacciato di declassare il debito italiano a spazzatura, e invece ha finito per confermare il rating Baa3 (un solo gradino sopra il grado speculativo) e ha alzato l’outlook da negativo a stabile.
Questo grazie soprattutto al sostegno del PNRR e ai miglioramenti del settore bancario, anche se l’agenzia ha messo in guardia il Belpaese rispetto ad un possibile uso inefficiente dei fondi europei e ai rischi demografici di una popolazione sempre più anziana.
Il movimento ribassista dei rendimenti, a cui corrisponde un rialzo dei prezzi dei Btp, ha consentito agli investitori che li avevano in portafoglio di registrare significativi guadagni in conto capitale nell’ultimo mese. Mediamente, un ribasso di un punto percentuale dei rendimenti corrisponde ad un incremento di circa il 7% in termini di prezzo.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi?
Le previsioni degli analisti convergono su una traiettoria di tassi di interesse stabili su livelli elevati, o eventualmente in lieve calo nel corso del 2024. Se questa stima venisse supportata da continui segnali di raffreddamento dell’inflazione, nei prossimi mesi sarebbe lecito aspettarsi una minore volatilità sui Btp.
Tuttavia, bisogna tenere conto di alcuni fattori di rischio residui, che potrebbero alimentare una nuova risalita dei rendimenti e causare perdite in conto capitale sui titoli di Stato. Da monitorare sia le tensioni geopolitiche, con le guerre in corso in Ucraina e nel Medioriente, sia eventuali tensioni dal punto di vista delle forniture energetiche.
In primavera, poi, arriveranno i nuovi pareri della Commissione europea sulla legge di bilancio dell’Italia, dopo la promozione con riserva dei giorni scorsi, quando la manovra italiana è stata giudicata “non pienamente in linea” alle raccomandazioni di Bruxelles, con l’invito a “tenersi pronti” per adottare le misure necessarie.
Cosa fare con i Btp?
In questo scenario, come evidenziato dal Corriere, il mantenimento delle posizioni in Btp a medio-lungo termine sembra essere la strategia più adeguata. Questo è ancor più vero considerando che, con il calo dell’inflazione verso l’obiettivo del 2% (1,8% in Italia a ottobre), il rendimento reale degli investimenti in titoli a reddito fisso (pari al rendimento nominale meno il tasso di inflazione) è tornato ad essere positivo.
Il tutto, tenendo presente che un eventuale risalita dei rendimenti potrebbe far scendere i prezzi e, in caso di vendita prima della scadenza, comportare perdite in conto capitale sui Btp. Ogni decisione deve essere dunque tarata in base ai propri obiettivi di investimento e alle proprie esigenze.