BTP: dietrofront tassi per mancato downgrade rating Fitch. Ma Cottarelli avverte su spread
Niente scossone dello spread a inizio settimana, nonostante Fitch e il fattore Tria. I mercati molto probabilmente scontavano il rischio downgrade, che non è arrivato. Fitch ha peggiorato tuttavia l’outlook da stabile a negativo: il rischio di un declassamento, dunque, esiste, così come esiste il rischio che una bocciatura arrivi ancora prima dalle due sorelle, Standard&Poor’s che si pronuncerà il 26 ottobre, e Moody’s, che emetterà il verdetto il prossimo 31 ottobre, dopo aver deciso di rimandare la decisione verso la fine di agosto (per avere il quadro più chiaro sulla situazione in cui versa l’Italia).
Il mancato downgrade di Fitch ha permesso ai tassi dei bond governativi italiani con scadenza a due anni di scendere di -9 punti all’inizio della sessione odierna, all’1,4%, dopo aver testato il record dell’1,49% la scorsa settimana. Giù anche i rendimenti a cinque e dieci anni, in flessione di 6 punti base, rispettivamente al 2,52% e al 3,2%. Intervistato da Reuters Daniel Lenz, strategist dei tassi presso DZ Bank, ha spiegato che “l’Italia sta beneficiando del downgrade che ha colpito solo l’outlook, fattore che era stato già prezzato, anche se è possibile che alcuni investitori si aspettassero un taglio del rating di un gradino“.
In generale, gli analisti credono che la richiesta dei bond italiani avrà vita breve, viste le dichiarazioni contraddittorie che arrivano dall’esecutivo M5S-Lega in merito alla legge di bilancio e alla volontà di rispettare in toto le misure contenute nel contratto di governo. A tal proposito, attraverso un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Carlo Cottarelli, numero uno dell’Osservatorio dei Conti pubblici ed ex commissario alla spending review, mette tutti sull’attenti, pronosticando nel worst case scenario spread da incubo:
“Dobbiamo sperare che la congiuntura internazionale rimanga favorevole, perché se il ciclo si inverte e il nostro debito ricomincia a crescere rispetto al Pil, non ci salva più nessuno dal rischio che lo spread aumenti a 500-600 punti. La fortuna non dura in eterno e i tempi si fanno sempre più stretti”.
La speranza è che il governo vada oltre il rispetto del target del rapporto deficit-Pil al 3% da parte dell’esecutivo:
“Spero che il ministro dell’Economia (Giovanni Tria) si opponga non soltanto allo sforamento del 3%. In realtà, ci vorrebbe una riduzione del deficit strutturale, che l’Italia invece sta rinviando da anni”. E “la cosa più giusta per mettersi al riparo sarebbe di ridurlo più o meno all’1% del Pil. Forse un deficit del 2-2,2% non causerebbe una immediata reazione negativa, ma lascerebbe l’Italia ancora più esposta di ora a rischi futuri”.
Sui tre fattori chiave del contratto di governo M5S-Lega, ovvero reddito di cittadinanza, flat tax e smantellamento della riforma Fornero, Cottarelli ha risposto:
“Guardi, queste tre cose purtroppo non ce le possiamo permettere e dunque io non ne farei nessuna. Credo che il governo dovrebbe fare altre cose, per far crescere l’economia, migliorare la produttività e la competitività. Lo si fa con una drastica lotta alla burocrazia, che tra l’altro riduce la propensione a investire in Italia. Le piccole e medie imprese pagano più di 30 miliardi di euro all’anno soltanto per riempire moduli, stima ufficiale del dipartimento della Funzione pubblica. Inoltre, ci vorrebbe una lotta serrata alla corruzione e all’evasione fiscale e una riforma per rendere più veloce la giustizia civile”.
Dunque, “il modo migliore per proteggere gli italiani è evitare crisi tipo quella del 2011, che si ripercuotono sulle fasce sociali più deboli. Osservo che tra il 10 maggio e il 31 agosto del 2011 lo spread era salito di 129 punti, da 162 a 291: nello stesso periodo di quest’anno l’aumento è stato di 150 punti, da 138 a 289. Anche se la situazione non è per fortuna quella del 2011 perché l’economia sta crescendo e il livello dei tassi è più basso, non si può stare tranquilli”.