Bce: tagli tassi ad aprile o giugno, i mercati hanno già deciso
I mercati sono sempre più convinti che la Bce possa tagliare i tassi di interesse già ad aprile, ma questo scenario è tutt’altro che scontato. I toni discordanti dei funzionari di politica monetaria europei la dicono lunga su quanto il quadro macroeconomico sia di difficile lettura e i dati odierni sulla crescita dell’eurozona e dei principali Paesi del blocco non hanno certamente chiarito la situazione.
Per gli operatori è quasi certo un tagli dei tassi ad aprile
Nell’ultima settimana, dopo la riunione della Bce, gli operatori hanno intensificato le scommesse su una riduzione del costo del denaro ad aprile. Al momento, secondo i dati di Bloomberg, le probabilità di un taglio nel meeting dell’11 aprile implicite nei tassi swap sono pari al 93%, ma hanno toccato anche il 98%, a fronte dell’87% di inizio settimana e del 67% osservato prima della riunione del 25 gennaio.
Le ultime dichiarazioni dei membri Bce
Ad alimentare queste previsioni hanno contribuito alcune dichiarazioni accomodanti da parte di importanti esponenti dell’istituto di Francoforte. Il governatore della banca centrale francese, François Villeroy de Galhau, non ha escluso alcuna data per un eventuale abbassamento dei costi di finanziamento, lasciando indirettamente tutto aperto anche per il prossimo vertice del 7 marzo.
Il vicepresidente De Guindos ha inoltre sottolineato che la politica monetaria è pronta a adeguarsi alle buone notizie che stanno giungendo sul fronte dell’inflazione, rafforzando ulteriormente l’aspettativa dovish dei mercati.
Dichiarazioni parzialmente in contrasto con quelle della presidente Lagarde, che aveva confermato come l’ipotesi di una mossa a giugno sia verosimile.
Mario Centeno, governatore della banca del Portogallo, ha rincarato la dose affermando che è meglio tagliare prima che dopo, mentre lo slovacco Kazimir, un membro sicuramente meno influente, ha sottolineato che le discussioni sulle tempistiche sono premature, riprendendo il mantra di Lagarde.
I dati sul Pil dell’eurozona
Nel frattempo, i dati macro diffusi oggi hanno evidenziato che l’economia dell’area euro è rimasta stagnante nel quarto trimestre, rispetto ad una contrazione attesa dello 0,1%. La regione ha dunque schivato la recessione tecnica (due quarter consecutivi di contrazione) nella seconda metà dell’anno, dopo il -0,1% registrato nel terzo trimestre.
Anche in Germania la situazione è risultata leggermente migliore delle attese, grazie alla revisione della lettura del 3Q (a 0,0%) che ha permesso di evitare (o rimandare) la recessione, malgrado il -0,3% degli ultimi tre mesi del 2023.
In Francia, Pil stagnante sia nel terzo sia nel quarto trimestre, mentre in Italia il periodo ottobre-dicembre si è chiuso con una variazione positiva dello 0,2%, dopo il +0,1% dei tre mesi precedenti. In Spagna, la crescita nel 4Q è addirittura pari al +0,6%, dopo l’espansione dello 0,4% nel terzo trimestre.
Bce concentrata sull’inflazione
Nonostante i dati complessivamente sopra le attese, l’eurozona si trova a fronteggiare una prospettiva di crescita debole nel breve termine, come sottolineato anche dalla Lagarde post meeting della Bce, in un contesto di tassi elevati, domanda estera fiacca e crescenti tensioni geopolitiche.
Elementi che i funzionari considereranno senz’altro nelle loro discussioni. Tuttavia, come sottolinea Vontobel, “la Bce, a differenza della Fed, ha nel suo mandato esclusivamente il contenimento dell’inflazione. Molto spesso questo ha portato a decisioni di taglio tassi più ritardate rispetto ai corrispettivi oltreoceano, che nel loro ‘dual mandate’ devono tenere in considerazione anche l’obiettivo di massima occupazione.”
Questo fa sì che la Bce sia da sempre più votata “al contenimento dei rischi inflattivi, anche a costo di mortificare l’economia nel breve periodo.” Anche se i mercati sembrano pensare che questa volta le cose possano andare diversamente.
Decisivi i prossimi dati per le prospettive della Bce
La Bce ha sempre ribadito l’approccio dipendente dai dati ed è noto come per alcuni di essi, come quelli decisivi sui salari, bisognerà aspettare fino ad aprile. Questo farebbe propendere per giugno come mese più probabile per un eventuale primo taglio dei tassi, escludendo invece del tutto le possibilità per marzo.
Bisogna inoltre considerare che al Consiglio direttivo interessa soprattutto il tasso neutrale (o terminale) e questo potrà essere stimato meglio soltanto quando l’inflazione sarà prossima al target del 2%. Al momento, tenendo conto di una politica prudente sui tassi, la Bce stima che l’obiettivo di crescita dei prezzi verrà raggiunto intorno a metà 2025 o alla fine di quell’anno. Pertanto, dovrebbe essere necessario un cambiamento significativo di queste aspettative per indurre ad anticipare l’avvio dei tagli e la normalizzazione della politica monetaria.
Con una crescita in rafforzamento nella seconda metà del 2024 e in assenza di shock esogeni, soprattutto sul fronte dei costi energetici, è dunque probabile che lo scenario base della Bce rimanga invariato. Un’eventuale accelerazione del processo disinflazionistico, certificato dai dati di febbraio e marzo, potrebbe invece mettere pressione alla Bce per anticipare la prima mossa.