Bce più dovish ha provocato danno mezzo miliardo a banche italiane. I nomi di quelle destinate a soffrire di più
La ‘denuncia’ degli effetti negativi della politica monetaria ultra-dovish della Bce era arrivata in primis dalle banche tedesche, che avevano fatto notare come l’era dei tassi a zero se non negativi inaugurata da Mario Draghi stesse comportando una forte erosione della loro redditività.
Ma ora, con il deterioramento dei fondamentali economici in corso, la Banca centrale europea è destinata a diventare ancora più dovish, tanto che si parla da parecchio di un imminente taglio dei tassi e di un nuovo Quantitative easing, per dare aiuto a un’economia azzoppata dagli effetti della guerra commerciale Usa-Cina e da altri fattori di rischio come Brexit e crisi politica italiana.
Il risultato è che il volto ancora più accomodante della Bce sacrificherà di nuovo la redditività degli istituti di credito europei e italiani.
A tal proposito, nella sua edizione odierna, il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo sulla questione, citando uno studio da esso effettuato, che calcola in quasi mezzo miliardo i danni – il quotidiano parla di ‘dazio’- che le principali banche italiane sono state costrette già a pagare nella prima metà del 2019 a causa dell’effetto delle dichiarazioni più da colomba arrivate da Francoforte.
Lo studio del Sole 24 Ore si è concentrato sul trend del margine di interesse delle big italiane del credito: dai calcoli effettuati, risulta che questo parametro si è ridotto di 467 milioni da gennaio: appunto, di quasi mezzo miliardo di euro.
Il margine, viene spiegato, è “la voce di bilancio sulla quale il fenomeno dei rendimenti negativi spiega i maggiori effetti” e, nell’analisi, viene effettuata una comparazione dei suoi valori con quelli che si riferivano al primo semestre del 2018.
L’erosione è sotto gli occhi di tutti: i maggiori effetti (nel complesso il margine è calato del 3,4%) sono stati scontati da Intesa Sanpaolo in valori assoluti (-174 milioni) e da Banco Bpm in termini relativi (-13,6%), anche se “vi sono altre realtà all’apparenza meno colpite dal fenomeno, con Mediobanca e Credem in grado addirittura di migliorare le proprie performance”.
Tuttavia, il fenomeno è destinato ad acuirsi, visto che la Bce di Mario Draghi potrebbe annunciare un taglio dei tassi già a settembre. In particolare, tra le varie previsioni degli economisti su quelle che saranno le prossime mosse della banca centrale, si mette in evidenza quella di Goldman Sachs, che ha calcolato in circa 5,6 miliardi di euro la perdita che un taglio dei tassi sui depositi dall’attuale -0,40% a -0,60% verrebbe subita dai “profitti aggregati delle 32 banche seguite in Europa, tra le quali figurano anche le italiane UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Ubi e Mps”.
“Preso nel complesso – puntualizza l’articolo – si tratterebbe di un impatto del 6%, che potrebbe ridursi di un terzo se l’Eurotower adottasse un sistema di «penalizzazione» a più livelli (il cosiddetto tiering) come avviene già in Svizzera e Giappone”. E sempre dallo studio del Sole 24 Ore emerge che le “banche itaoliane sarebbero le più colpite dopo le tedesche, con un impatto potenziale del 10% sugli utili riducibile a malapena al 9% con il tiering e con conseguenze diverse fra i vari istituti. Ubi (-15%), Banco Bpm (-17%) e soprattutto Mps (-30%) sarebbero infatti relativamente più colpite rispetto alle «big» Intesa Sanpaolo (-7%) e UniCredit (-5%)”