Bce tra inflazione, rialzo tassi e cancellazione di moneta
Bce, tassi, QE e QT: in atto la cancellazione della moneta?
Grande attesa per la Bce, la banca centrale europea guidata da Christine Lagarde, che annuncerà la propria decisione sui tassi alle 14.15 della giornata di oggi, nel Day After Fed.
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Nella giornata di ieri il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, ha annunciato di aver alzato i tassi sui fed funds Usa di 25 punti base, portandoli al range compreso tra il 5% e il 5,25%, nuovo record dal luglio del 2006.
Che la Bce di Lagarde alzerà i tassi anche oggi, giovedì 4 maggio 2023, i mercati lo hanno scontato da parecchio.
Tuttavia, il dubbio è se la stretta monetaria sarà di 25 o di 50 punti base.
Bce e Lagarde verso settimo rialzo consecutivo dei tassi
Comunque andrà, la Bce alzerà i tassi dell’area euro per la settima volta consecutiva, nel tentativo di affossare la crescita dell’inflazione che, come è emerso dagli ultimi dati macro, continua a confermarsi più che solida.
L’Eurotower fino a oggi, e dallo scorso luglio del 2022, ha alzato i tassi di ben 350 punti base.
Chi continua a puntare il dito contro Lagarde & Co. fa notare tuttavia che la strategia di Francoforte non sta sortendo l’effetto sperato.
Gli ultimi dati diffusi in Eurozona mettono in evidenza addirittura un aumento ulteriore dell’inflazione headline, in un contesto in cui l’alert recessione viene suonato tra l’altro, in tutto il mondo, con più forza.
Rialzi tassi e QT post QE: il nuovo fenomeno monetario
C’è poi chi lancia un avvertimento sul “nuovo fenomeno monetario”, facendo riferimento ai vari piani di QT lanciati dalle banche centrali, in particolare dalla Fed di Jerome Powell e, dallo scorso mese di marzo, anche dalla Bce di Christine Lagarde.
E Richard Woolnough, gestore di M&G(Lux) Optimal Income Fund, a presentare il nuovo fenomeno monetario, parlando di inflazione, ma anche del rischio di deflazione.
Diversi i fattori presi in considerazione dal gestore, la cui analisi parte da quella offerta di moneta piombata sui mercati finanziari, negli anni precedenti, con l’iniezione della droga monetaria del Quantitative Easing, per arrivare fino a oggi, con il processo ora in atto volto a ritirare quella stessa droga, ovvero del Quantitative Tightening e del rialzo dei tassi.
“Per oltre 15 anni abbiamo parlato di quantitative easing (QE) e quantitative tightening (QT). Ogni fase del
QE è diventata sempre più importante, fino ad arrivare a una enorme dose finale di creazione monetaria
in risposta alla crisi pandemica”, ha ricordato Woolnough, aggiungendo che“questo denaro viene ora cancellato”.
Il gestore ha ripercorso la genesi del dibattito attuale, che vede da una parte le banche centrali, tutte impegnate a lottare contro l’inflazione, Fed e Bce in primis, ad alzare i tassi e a sfoderare anche l’arma del QT e, dall’altro, chi fa notare che forse queste strette monetarie sono eccessive, in quanto rischiano di strozzare del tutto la già flebile espansione di economie sotto pressione.
La relazione tra QE e inflazione
Richard Woolnough, gestore di M&G(Lux) Optimal Income Fund, mette in evidenza la correlazione che esiste tra il Quantitative easing e il fenomeno stesso dell’inflazione:
“In sintesi, il QE consiste nella stampa di denaro. In teoria, ci si aspetta che abbia un effetto inflazionistico. A parità di condizioni, l’aumento dell’offerta di un bene ne ridurrà il valore – spiega Woolnough – In passato, ciò veniva attuato con la tecnologia del vecchio mondo, ora viene realizzato elettronicamente: denaro creato dal nulla con la magica pressione di un tasto del computer e annullato allo stesso modo”,
“I timori iniziali, quando è stata introdotta questa misura innovativa, erano che l’aumento dell’offerta di denaro avrebbe avuto il comprensibile effetto collaterale di aumentare l’inflazione”. Una paura che, nelle “prime fasi del QE” non si è però concretizata, motivo per cui, ricorda il gestore di M&G, la “politica è diventata più accettabile”.
Le cose sono cambiate successivamente, quando quel “legame tra offerta di moneta e inflazione che sembrava essere solo teorico” si è fatto realtà, come dimostrano le “evidenze empiriche degli ultimi tempi”.
E’ vero dunque che “troppo QE provoca inflazione”
Cosa hanno fatto in questo contesto le banche centrali?
Richard Woolnough ricorda che “le banche centrali stanno affrontando questa inflazione e hanno intrapreso azioni aggressive per risolvere il problema“, forti di “due frecce al loro arco: i consueti rialzi dei tassi – che sono stati storicamente forti nell’ultimo anno – e il QT” (che, nel caso dell’area euro, è stato sponsorizzato soprattutto dai paesi falco come Germania e Olanda)
Detto questo, il gestore di M&G (Lux) Optimal Income Fund presenta un grafico da cui emerge la relazione tra crescita della massa monetaria e dell’inflazione.
Da questo grafico emerge che “esiste un legame storico osservabile tra la creazione di moneta e l’inflazione” e che “questo ritardo monetario di circa 18 mesi è una caratteristica costante dell’economia e dei mercati.
Nel grafico appare la parola “deflation”, ovvero “deflazione”, e il gestore di M&A spiega il motivo.
Ciò che il gestore si chiede è come sia possibile che i banchieri centrali non si stiano concentrando sul fatto che la “recente impennata inflazionistica” derivi dalla “crescita dell’offerta di moneta”.
“Forse a causa dei dati che hanno a disposizione dai primi anni del QE? – si chiede – Dal punto di vista della politica monetaria si tratta di un errore“.
Il gestore continua, osservando che, di fatto, “sembra strano che i banchieri centrali riconoscano l’importanza delle dinamiche di domanda e offerta: una carenza di energia, di manodopera e di microchip sono tutti fattori inflazionistici, ma non sembrano riconoscere che l’abbondanza di moneta creata ne riduca il prezzo – ovvero l’inflazione!”
E “il punto più interessante di questo grafico – continua Richard Woolnough – è la portata della cancellazione monetaria: storicamente, non ha precedenti”.
Ed è qui che entra in campo quello che può sembrare il paradosso deflazione.
“Da una semplice lettura – spiega l’esperto – questo dato è estremamente deflazionistico e suggerisce che l’inflazione raggiungerà nuovi minimi”.
Siamo in presenza praticamente di una “cultura della cancellazione di moneta” che, tra l’altro, non è ancora arrivata all’apice”.
“Sappiamo che le banche centrali stanno indicando che questo processo continuerà e possiamo ipotizzare che probabilmente la crescita della massa monetaria rimarrà negativa per qualche tempo”, ma si tratta comunque di “un nuovo grande esperimento”.
“Qual è la versione corretta? – si chiede il gestore di M&G – La crescita della massa monetaria è un fenomeno inflazionistico o no?”.
“Un modo per trovare una risposta è quello di analizzare dove è andato a finire il denaro creato con il primo e l’ultimo QE”.
Viene così messo in evidenza che, “durante le prime fasi del QE, la liquidità ha semplicemente riempito i caveau bancari per rendere le banche solvibili contro le corse ai depositi e ha pagato per gli errori di prestito precedenti”.
“Le fasi successive del QE hanno permesso il passaggio della liquidità dalle banche all’economia reale, provocando quindi conseguenze inflazionistiche”.
QE contro QT: la spiegazione arriva dalla crisi delle banche Usa
Ma a questo punto sorge naturale il seguente interrogativo: “È il contesto in cui il QE viene intrapreso a determinare l’effetto inflazionistico?
Richard Woolnough risponde illustrando quanto sta accadendo in queste ore, ovvero facendo riferimento alla crisi delle banche Usa che sembra ben lontana dall’essersi conclusa, a dispetto delle rassicurazioni che, nelle ultime ore, sono arrivate dalla stessa Fed. Rassicurazioni che non hanno impedito il ripresentarsi di forti sell sui titoli delle banche regionali Usa, in particolare su PacWest, vista da molti come la prossima pedina destinata a cadere.
“Un modo per renderci conto di questo aspetto è analizzare i recenti problemi delle banche regionali statunitensi – scrive infatti il gestore nella sua analisi dedicata al nuovo fenomeno monetario – L’annullamento della liquidità attraverso il QT comporta una minore quantità di denaro nell’economia. Pertanto, in aggregato, le banche avranno meno depositi“.
“Se questa fuga di depositi si concentra in modo uniforme in tutto il sistema, gli effetti su ogni istituto sono minimi, ma se questa fuga proviene da un solo istituto, allora quella banca avrà problemi“.
E il punto che viene messo in evidenza è che “la stampa di denaro per fornire liquidità e riserve a sostegno delle banche deboli nella prima fase del QE è stata sostituita dalla cancellazione delle riserve tramite il QT, che ha messo sotto pressione le banche più deboli”.
Il gestore di M&G(Lux) Optimal Income Fund conclude la nota con un paradosso.
“La maggior parte degli investitori non sembrava preoccuparsi troppo dell’inflazione 18 mesi fa, quando la massa monetaria aveva raggiunto un massimo storico. Ora l’inflazione è in primo piano, ma l’offerta di moneta è negativa”.
Ed è proprio “questa cultura della cancellazione della stretta quantitativa il nuovo fenomeno monetario”.
L’analisi si conclude con un interrogativo che spaventa:
“Il prossimo anno dovremmo iniziare a pensare più alla deflazione che all’inflazione?