Bce, focus su tagli dei tassi e fine Pepp nella riunione di giovedì. I possibili effetti sui Btp
L’ultima riunione della Bce del 2023 è alle porte e i mercati si preparano all’appuntamento di questo giovedì (14 dicembre) con l’attenzione rivolta soprattutto ad alcuni temi chiave. In primis, le aspettative sui tagli dei tassi nel corso del 2024, rafforzate dagli ultimi dati macro e da alcune dichiarazioni dei banchieri centrali. Ma il focus si concentrerà anche sulle discussioni in merito ai reinvestimenti del programma Pepp, la cui eventuale interruzione anticipata nei prossimi mesi potrebbe avere un impatto su Btp e spread.
- Bce verso un approccio prudente nel meeting di giovedì
- Rischio delusione per i mercati dalla riunione
- Dati macro e commenti Bce spingono in basso i rendimenti
- Le aspettative dei mercati appaiono troppo ottimistiche
- Gli altri temi da monitorare: focus sul programma Pepp
- L’impatto sui Btp dalla fine del Pepp
Bce verso un approccio prudente nel meeting di giovedì
Per quanto riguarda i tassi di interesse, non sono previste grandi sorprese dalla Bce. Dando per scontato il mantenimento del costo del denaro sui livelli attuali (tasso di rifinanziamento principale al 4,5% e tasso sui depositi al 4,0%), è improbabile che l’Eurotower inizi a discutere già ora sui primi tagli.
Nell’ultima riunione, il Consiglio direttivo ha ribadito che i tassi si trovano su livelli sufficientemente restrittivi e verranno mantenuti tali per il tempo necessario a riportare stabilmente l’inflazione verso il target del 2%.
È probabile quindi che la presidente Christine Lagarde, nella consueta conferenza stampa al termine del meeting, mantenga un approccio prudente, tentando di smorzare le aspettative dei mercati, che nelle ultime settimane hanno intensificato le scommesse sui primi tagli già a marzo. La Bce potrebbe invece prendere tempo, anche per avere un maggior spazio di manovra nel 2024.
Rischio delusione per i mercati dalla riunione
Secondo gli analisti, alla luce delle prospettive attualmente prezzate dai trader, un’eventuale sorpresa negativa dalla Bce è più probabile rispetto ad uno scenario migliore delle attese.
Qualsiasi tono accomodante da parte della presidente Lagarde non farebbe altro che convalidare le attuali scommesse su tagli fino a 150 bp nel corso del 2024 e consentirebbe alle obbligazioni di mantenere i recenti guadagni. Viceversa, un tono sorprendentemente aggressivo potrebbe riportare i rendimenti tedeschi sopra il 2,4%, secondo TwentyFour Asset Management.
“Il rischio è che i Bund e gli altri titoli di Stato europei – compresi dunque i Btp – vengano svenduti”, ha affermato Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research presso State Street. “Non avremo alcuna possibilità di ottenere un dato della Bce che superi le aspettative del mercato”.
Dati macro e commenti Bce spingono in basso i rendimenti
Il rally delle ultime sedute ha portato i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi ai livelli più bassi da aprile, attorno al 2,25%, con una discesa di circa 45 bp nell’ultimo mese. Un movimento alimentato dal rallentamento dell’inflazione e dell’attività economica emersi dagli ultimi dati macro.
In particolare, l’indice dei prezzi al consumo della zona euro ha riportato un -0,5% su base mensile e ha rallentato dal 2,9% al 2,4% a novembre, mentre l’inflazione sottostante, misurata dal Cpi core, è passata dal 4,2% al 3,6%. Allo stesso tempo, gli indici Pmi hanno confermato un quadro di contrazione per l’attività manifatturiera e terziaria dell’eurozona, aumentando i rischi di recessione tecnica per l’eurozona.
La scorsa settimana, inoltre, sono arrivate le dichiarazioni di Isabel Schnabel, uno dei membri più “hawkish” del Consiglio direttivo, che ha sostanzialmente escluso un nuovo rialzo dei tassi e ha sottolineato la sorprendente diminuzione dell’inflazione. Gli operatori hanno interpretato questi commenti come un segnale di un possibile avvio dei tagli prima del previsto.
Le aspettative dei mercati appaiono troppo ottimistiche
I mercati attualmente scontano tra i 5 e i 6 tagli dei tassi da 25 bp ciascuno nel 2024, rispetto ai 3 di un mese fa. Inoltre, la probabilità che il primo evento si verifichi a marzo si attesta al 70%.
Una prospettiva che appare azzardata alla luce di quanto manifestato finora dai funzionari della Bce, che non sembrano avere molta fretta di agire. Alcuni falchi, come il tedesco Nagel, ritengono persino che non sia possibile escludere con certezza affermare che il costo del denaro abbia raggiunto il proprio picco.
Un eventuale inasprimento dei toni da parte di Lagarde potrebbe modificare le aspettative dei mercati e generare un parziale ritracciamento dei bond, come avvenuto già venerdì in scia ai dati americani sul mercato del lavoro, quando il report più forte del previsto ha fatto salire i rendimenti di circa 10 punti base.
Secondo Gordon Shannon, gestore di portafoglio di TwentyFour Asset Management, la Bce potrebbe indicare che saranno necessarie prove continue di rallentamento dell’inflazione oltre marzo, escludendo indirettamente un taglio dei tassi nel primo trimestre.
Gli altri temi da monitorare: focus sul programma Pepp
Giovedì la Bce diffonderà anche le stime aggiornate su crescita e inflazione, che si estenderanno per la prima volta fino al 2026 e potrebbero evidenziare un ridimensionamento per entrambe le metriche.
Inoltre, la banca centrale dovrebbe informare sull’eventuale avvio delle discussioni in merito alla conclusione anticipata dei reinvestimenti nell’ambito del programma pandemico PEPP, attualmente prevista a fine 2024.
Gli acquisti di titoli, infatti, aumentano la liquidità nel mercato, in antitesi rispetto agli sforzi della Bce per raffreddare l’inflazione tramite l’aumento dei tassi. Molti analisti ritengono che la fine del PEPP debba precedere l’avvio dei tagli, per evitare di fornire messaggi contrastanti sul proprio operato.
L’impatto sui Btp dalla fine del Pepp
Il tema è particolarmente importante per l’Italia, considerando che dei 1.700 miliardi di euro del portafoglio di obbligazioni acquistate dalla Bce, quasi 300 miliardi sono titoli di Stato del Tesoro. In assenza della Bce, è necessario che la domanda di Btp sia garantita da altri soggetti, come le banche e i retail (attratti finora dai rendimenti elevati).
Malgrado il superamento dei test delle agenzie di rating, il Belpaese resta sotto i riflettori dell’Europa e dei mercati, principalmente a causa del suo elevato debito pubblico. I reinvestimenti del piano Pepp hanno una funzione di “scudo” contro l’aumento degli spread nei Paesi più indebitati e consentono di limitare tensioni sui mercati finanziari.
La conclusione del piano potrebbe dunque esporre maggiormente i Btp alle speculazioni, inducendo gli investitori a chiedere rendimenti più elevati per sopportare un rischio maggiore, con un conseguente effetto negativo sulla spesa per interessi e sulle finanze pubbliche.