Banche venete, Ue: nessun impatto su deficit Italia. E intanto esplode il caso delle azioni risarcitorie bloccate
Banche venete: Bruxelles difende l’accordo raggiunto con l’Italia sul loro salvataggio e precisa che tutto è stato fatto nell’ambito della normativa Ue.
Le rassicurazioni arrivano dal numero due della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che rispedisce al mittente le accuse secondo cui la scelta dell’opzione della liquidazione ordinata per Veneto Banca e Popolare di Vicenza avrebbe aggirato le normative comuni, in particolare la direttiva BRRD sul bail-in.
Dombrovskis tiene anche a precisare che, il costo che lo Stato italiano si accollerà per salvare le due banche con la creazione della bad bank – 5,2 miliardi ufficiali che potrebbero tuttavia salire a 17 miliardi, inclusi i 12 miliardi sotto forma di garanzie sui crediti – non avrà ripercussioni sul deficit strutturale. Il motivo? La misura è “una tantum”.
“Riguardo al rispetto del Patto di Stabilità, gli aiuti di Stato che vengono erogati in queste situazioni sono considerati di norma alla stregua di misure ‘una tantum’ e non incidono nella nostra discussione sul risanamento strutturale (teso alla necessità di tagliare il deficit), in cui le autorità italiane dovranno impegnarsi per mettere a punto il bilancio dell’anno prossimo”. Certo, aggiunge, è innegabile che “si tratti di una spesa dello Stato che, per finanziare questa operazione ovviamente aumenta il debito pubblico”.
Il salvataggio delle banche venete continua a essere oggetto di diverse polemiche, che vedono tra i mittenti soprattutto la Germania. Berlino ha accusato più volte l’Italia, in questi ultimi giorni, di aver aggirato la normativa europea che disciplina i casi di risoluzione bancarie, la direttiva BRRD, e che implica il coinvolgimento di tutti gli obbligazionisti.
Nel caso di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, sono stati coinvolti solo gli obbligazionisti subordinati e gli azionisti, e non gli obbligazionisti senior retail.
La conseguenza, ha concordato Dombrovskis, “sarà un onere considerevole per i contribuenti”. L’alto funzionario Ue ha tenuto a precisare comunque come tutto sia avvenuto nell’ambito delle regole europee, anche se non è stato applicato il bail-in. Esiste in ogni caso “la questione, che rimane aperta, di quanto si riuscirà a recuperare di quella cifra di 12 miliardi coperta dalle garanzie dello Stato”. Cifra che fa lievitare il costo teorico complessivo dello Stato per il salvataggio delle venete, insieme ai 5,2 miliardi ufficiali – a ben a 17 miliardi.
In ogni caso “è stato importante che la questione sia stata risolta senza creare incertezza nel sistema finanziario, dunque senza aumentare i costi”.
E intanto sul Mattino di Padova arriva lo schiaffo a chi aveva intentato una causa risarcitoria contro le due banche. La nuova tegola sugli ex azionisti è prevista dallo stesso articolo 3 del decreto (che comunque deve essere approvato dal Parlamento), in cui si legge che “restano in ogni caso esclusi dalla cessione i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse”.
E il punto è che la vicenda delle banche venete aveva fatto nascere una “galassia di cause civili intentate dai singoli soci per il risarcimento danni” e che alcune “relative in particolare alla Popolare di Vicenza, sono già arrivate a sentenza”. Viene fatto notare che i tribunali di Verona (per primo, a fine marzo), Udine e Grosseto, per esempio, hanno già condannato la banca a risarcire i clienti.
Che fine faranno ora le altre cause?
Il decreto prevede l’interruzione delle controversie relative alle partite azionarie, mentre dovrebbe salvaguardare le altre controversie (ad esempio quelle sui tassi d’interesse).
Il Corriere del Veneto riporta che soltanto a Vicenza ci sarebbero “una settantina di cause civili e quasi tremila risparmiatori pronti a insinuarsi come parte civile nel processo penale atteso su Bpvi. Senza contare i 12 mila reclami a fine 2016 a Vicenza e i 6.800 a Montebelluna, non tutti risolti dall’operazione di rimborso delle due banche chiuso a maggio. A cui si aggiungono i 200 ricorsi sulle azioni delle venete, sul totale di 470 ricevuti dall’Arbitro per le controversie finanziarie della Consob, che ha già prodotto le prime decisioni favorevoli ai risparmiatori”.