Banche venete salve, ecco le condizioni dell’accordo. Intesa parte in rally, “operazione garantisce neutralità su capitale e dividendi”
La storia infinita delle due Venete sembra essersi conclusa. Ad Intesa vanno le good bank, con 4 miliardi di crediti in bonis che avranno “neutralità sulle condizioni di capitale e sulla politica dei dividendi”. Esclusi i bon subordinati e le sofferenze
Happy ending per la storia infinita dei due istituti veneti in crisi. Come per il caso spagnolo di qualche settimana fa, è stato l’ingresso di un big del settore, nel caso italiano Intesa Sanpaolo, a calmare le acque e placare i timori che avevano riguardato gli investitori internazionali sulla tenuta del sistema creditizio italiano.
Banca Centrale Europea e Commissione Europea avevano già dato il loro benestare, e nel weekend il Governo ha emanato il Decreto che prevede lo schema di salvataggio di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. L’impegno dello Stato sarà di 17 miliardi, dei 20 miliardi messi a disposizione per il sistema creditizio a inizio anno.
Positivo l’accordo per Credit Suisse, che ritiene lo schema approvato dal Governo Gentiloni un “good deal” per Intesa e un “happy end” per il sistema di credito italiano”.
“Il fallimento delle due banche venete – ha scritto questa mattina Carlo Tommaselli, capo della ricerca di Credit Suisse – sarebbe costato un qualcosa come 12,5 miliardi di euro, che avrebbero gravato interamente sul sistema creditizio tricolore nella sua totalità”.
Ecco i termini del salvataggio, no impatti su capitale di Intesa
Lo schema di liquidazione prevede lo scorporo di entrambe le due venete, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, in due entità: una sana “good bank”, ed una “bad bank”. Ad Intesa andranno le “good bank”, con 4 miliardi di crediti in bonis ma ad alto rischio. Intesa ha mantenuto però il diritto di retrocessione nel caso la banca rilevi “presupposti per classificarli come sofferenze o inadempienze probabili nel periodo fino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020″.
L’acquisto riguarda infatti un perimetro di attività che esclude “i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili e esposizioni scadute), le obbligazioni subordinate emesse, nonché partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali all’acquisizione”, si legge nella comunicazione emessa da Intesa alla Borsa Italiana. L’istituto guidato da Carlo Messina ha comunque deciso di stanziare 60 milioni di euro “per il ristoro dei piccoli risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle due banche”.
Intesa ha inoltre sottolineato che “le condizioni dell’operazione garantiscono la totale neutralità rispetto al Common Equity Tier 1 ratio e alla politica sui dividendi del gruppo”.
Nello specifico, le altre condizioni contenute nel Decreto sono le seguenti:
– un contributo pubblico in contanti (3,5 miliardi di euro non sottoposti a tassazione) a copertura degli impatti sui coefficienti patrimoniali, in modo da determinare un Common Equity Tier 1 ratio phased-in pari al 12,5% rispetto alle attività ponderate per il rischio (Rwa) acquistate.
– Un ulteriore contributo pubblico sempre in contanti a copertura degli oneri di integrazione che riguardano, tra gli altri, “la chiusura di 600 filiali e l’applicazione del Fondo di Solidarietà in relazione all’uscita, su base volontaria, di 3.900 persone del gruppo risultante dall’acquisizione, nonché altre misure a salvaguardia dei posti di lavoro quali il ricorso alla mobilità territoriale e iniziative di formazione per la riqualificazione delle persone”. Il contributo (1,285 miliardi di euro anche questi non sottoposti a tassazione) sarà accantonato in un apposito fondo, tenuto conto degli effetti fiscali correlati all’utilizzo, e risulterà quindi neutrale per l’utile netto dell’esercizio.
– Garanzie pubbliche, per un valore di 1,5 miliardi di euro dopo le imposte, “volto alla sterilizzazione di rischi, obblighi e impegni che coinvolgessero Intesa Sanpaolo per fatti antecedenti la cessione o relativi a cespiti e rapporti non compresi nelle attività e passività trasferite”. A questo punto la banca milanese specifica che “le banche in liquidazione coatta amministrativa risponderanno dei danni derivanti dal contenzioso pregresso nonché da quello relativo alla disciplina sull’acquisto di azioni proprie e/o sui servizi di investimento, ivi compreso quello promosso da soggetti che abbiano aderito, non abbiano aderito ovvero siano stati esclusi dalle cosiddette Offerte Transattive e dagli Incentivi Welfare”.
– Le imposte differite attive delle banche acquisite saranno pienamente usufruibili da Intesa Sanpaolo .
-Il diritto per la banca milanese di modificare il perimetro dell’operazione “dopo la data di esecuzione ove necessario al fine di ottenere le incondizionate approvazioni antitrust.
In questo quadro il titolo Intesa Sanpaolo ha aperto in rally a piazza Affari, dove a metà mattinata sta facendo segnare ancora la miglior performance fra le blue chip tricolori.