Banche Usa in crisi ma la Fed alza tassi. Cosa significa
Fed alza i tassi, va avanti in lotta contro inflazione. Cosa prevedono gli esperti
La Fed di Jerome Powell è andata dritta per la sua strada, nella sua lotta contro l’inflazione, dopo e nonostante l’ansia sul rischio di una ulteriore fuga di depositi dalle banche, scattata a Wall Street con il crac di Silicon Valley Bank (SVB) e di Signature Bank .
La paura di un contagio della crisi di sfiducia sulle altre banche regionali Usa – confermata in queste ultime sessioni dai ripetuti tonfi di alcuni titoli del settore, First Republic in primis – non ha frenato la Fed.
Powell ha fatto orecchie da mercante anche di fronte a chi nei giorni scorsi scorsi aveva invocato una pausa nel ciclo dei rialzi dei tassi, se non addirittura un taglio, come emerso dai post su Twitter di Bill Ackman ed Elon Musk, rispettivamente ceo di Pershing Square e numero uno di Tesla, Twitter e Space X.
Il banchiere centrale non ha tuttavia affatto sottovalutato la crisi delle banche Usa, tanto che le prime dichiarazioni, nel corso della conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi della Fed, sono state dedicate proprio al momento delicato che il settore sta vivendo. Momento che ha condizionato le stesse decisioni della Federal Reserve sui tassi:
“Un paio di settimane fa – dunque prima che il sistema finanziario degli Stati Uniti venisse scosso dal crac di Silicon Valley Bank (SVB) e dal timore di un effetto domino della fuga dei depositi sulle altre banche americane – pensavamo che avremmo rivisto al rialzo il nostro tasso terminale“. Così il presidente della Fed Jerome Powell, nel commentare la mossa dell’istituzione, che ieri ha annunciato di aver alzato i tassi sui fed funds di altri 25 punti base, portandoli al range compreso tra il 4,75% e il 5%.
Ma “potremmo pensare alla crisi che ha colpito le banche come a un rialzo dei tassi, o forse anche oltre”, ha continuato Powell, affermando che “è possibile che i problemi delle banche abbiano un effetto minimo oppure che possano risultare in una manovra restrittiva significativa”.
“Al momento – ha ammesso – semplicemente, non lo sappiamo“.
Il timoniere della Fed ha affermato che le vulnerabilità che hanno colpito il settore bancario “non sono diffuse”. Ma, allo stesso tempo, ha fatto notare anche l’incertezza riguardo agli effetti della crisi sui fondamentali dell’economia degli States.
“Non sappiamo quanto questo periodo di irrigidimento delle condizioni del credito sarà significativo o sostenuto, ma crediamo che sia piuttosto reale”, ha avvertito Powell.
M&G Investments: senza rialzo tassi Fed, segnale molto negativo
Così Eva Sun-Wai, gestore del Public Fixed Income team di M&G Investments, nel commentare l’annuncio arrivato dalla Fed e le parole sui tassi, sull’inflazione e sulla crisi delle banche americane proferite poi da Jerome Powell:
“Non si tratta di una grande sorpresa, poiché i mercati hanno trascorso la maggior parte di febbraio a prezzare nuovamente una Fed forte per effetto dei dati sostenuti e di un’inflazione vischiosa (soprattutto nei servizi)”, e “poi hanno trascorso le ultime due settimane a prezzare una pausa o dei tagli a causa di una possibile crisi di liquidità bancaria e di un inasprimento delle condizioni di credito”.
“Quindi, diplomaticamente, la Fed si è collocata a metà strada, a 25 punti base”.
“Se avesse deciso di non inasprire ulteriormente, ciò avrebbe rappresentato un segnale assai significativo per i mercati che la stabilità finanziaria vale molto più della narrativa legata alla necessità di fermare la corsa inflattiva che è stata diffusa per buona parte dell’anno, e avrebbe segnalato la presenza, all’interno del settore bancario, di ulteriori preoccupazioni che ribollono sotto la superficie”.
Così facendo, invece, “la Fed ha riconosciuto che è segno che la politica monetaria più restrittiva si sta trasmettendo all’economia ma anche che non ha ancora fatto abbastanza per riportare l’inflazione sull’obiettivo del 2%”.
Mossa Fed: il paragone con la Bce di Christine Lagarde
“La decisione non è nemmeno sorprendente in rapporto alla Bce, che la scorsa settimana si è portata a +50 punti base: la Fed infatti è più avanti nel ciclo di rialzi (si suppone) e ha avuto una settimana in più per elaborare tutta la volatilità che ha colpito i mercati del credito negli ultimi giorni”, ha continuato Eva Sun-Wai, gestore del Public Fixed Income team di M&G Investments.
“Abbiamo anche assistito a un chiaro passaggio da un ‘atterraggio morbido o assente’ a un ‘atterraggio duro’ (hard landing), che la banca centrale potrebbe vedere come un sostegno al suo mandato e quindi non ha avuto bisogno di essere così aggressiva come i mercati avevano prezzato un mese fa”.
Eva Sun-Wai ha ricordato che, “anche prima della crisi bancaria, ero fermamente convinta che gli Stati Uniti avessero bisogno di una recessione per riportare l’inflazione al 2%, data la forza del mercato del lavoro e il permanere del contesto inflattivo”.
“Se la banca centrale americana sia o meno la causa diretta della recessione è però un’altra questione: la politica monetaria agisce con un certo ritardo (e un ritardo maggiore nel mercato immobiliare con la sua struttura fissa a 30 anni rispetto ad altre economie con durate dei mutui molto più brevi), ma le condizioni di credito più rigide in futuro da parte delle banche probabilmente faranno parte del lavoro al posto della Fed”.
eToro, Debach su frase Yellen: “Comunicazione non chiara”
Gabriel Debach, market analyst di eToro, ha messo in evidenza che, nel Fed Day, “a spaventare i mercati, inaspettatamente, non sono state le parole del numero uno della Fed, quanto le dichiarazioni successive del Segretario del Tesoro Janet Yellen, durante l’audizione al Senato”.
“Alla domanda se il Tesoro stesse valutando la possibilità di estendere l’assicurazione sui depositi oltre i massimali la risposta della Yellen è stata: ‘Non è una cosa che abbiamo preso in considerazione. Non è una cosa che stiamo considerando'”.
Sentenza, ha messo in evidenza Debach, “che ha gelato i mercati, con il Governo che esplicitamente riporta come un assegno in bianco agli istituti finanziari non sia parte dei piani, sebbene nei precedenti commenti si fosse lasciato intendere l’esatto opposto. Comunicazione non chiara, che ha portato i mercati ad accelerare al ribasso”.
Il market analyst di eToro ha messo in evidenza anche qualche differenza tra quanto emerso dalla conferenza stampa in cui ha preso la parola la numero uno della Bce, Christine Lagarde, e quella che ha visto ieri i riflettori puntati su Jerome Powell.
Debach ha fatto notare che le prime parole di Lagarde sono state le seguenti:
“L’inflazione dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato”, mentre quelle usate ieri da Powell sono state le seguenti:
“Prima di parlare dell’incontro di oggi, vorrei soffermarmi brevemente sui recenti sviluppi del settore bancario“.
Praticamente, ha fatto notare l’analista, “la Federal Reserve, a differenza della Bce, aveva deciso quindi di iniziare il suo comunicato stampa con l’attenzione al sistema bancario, rispetto al tema inflazione, facendo credere ad un percorso diverso di politica monetaria”.
Vero è che “la cosa, però, non si è rivelata tale e di fatto è la lotta all’inflazione che rimane il tema centrale della politica monetaria statunitense, anche se è stata accentuata l’importanza di capire a pieno l’entità degli effetti delle difficoltà bancarie sulle condizioni di credito per le famiglie e le imprese, e la loro influenza sui risultati economici”.
“Rilevante, inoltre, la conclusione della conferenza stampa: ‘Ho detto che i tagli dei tassi non rientrano nel nostro scenario di base’ “, una frase che, per Gabriel Debach “fatica però ad essere accettata dai mercati, con tagli dei tassi che già iniziano ad essere scontati a partire da luglio, segno probabile di una mancanza di fiducia nelle parole della Banca Centrale”.
Detto questo, eToro ricorda che “scommettere contro una banca centrale può risultare rischioso, come ben assistito lo scorso anno con le aspettative di mese in mese corrette al rialzo”.
Il market analyst ha elencato i punti chiave della riunione della Fed:
- La Fed ha alzato i tassi un quarto di punto, come previsto, ma sembra più vicina alla fine del suo ciclo di rialzi, mantenendo le proiezioni sui suoi dot plot al 5,1%.
- La Fed si aspetta un certo inasprimento dell’economia dopo le recenti turbolenze nel settore bancario. Ciò si è riflesso anche nella riduzione delle proiezioni per la crescita economica nel 2023 e nel 2024.
- Infine, non poteva non mancare come da incipit del suo comunicato, come la Fed resti pronta ad agire secondo necessità per sostenere la stabilità del settore bancario.
“Interessante osservare – ha concluso l’analista – come ad essere stati maggiormente penalizzati nella seduta di ieri soprattutto i settori dei titoli ciclici, mentre hanno sovraperformato i titoli tecnologici e i settori difensivi (consumi di beni di prima necessità, sanitario in particolare)”.