Banche italiane, S&P: riduzione asset non performanti continuerà, ma nel 2018 ancora tre volte la media europea
Le banche italiane hanno fatto passi in avanti nell’affrontare e gestire il problema dei crediti deteriorati e, in generale, degli asset non performanti (NPA-non performing asset). Lo ha detto Mirko Sanna, director Financial Services Ratings Emea di Standard & Poor’s, nel corso dell’evento che si è svolto oggi a Milano, ‘2017 Italy Bank & Sovereign Event’, organizzato dall’agenzia di rating.
Sanna ha risposto a diverse domande, relative anche al dossier banche venete e allo spettro ezioni anticipate in Italia, che sembra diventare ogni giorno più concreto.
In generale, ha detto, le banche italiane “hanno fatto progressi rispetto all’anno scorso” e tali passi in avanti “continueranno nei prossimi due anni, soprattutto in termini di miglioramento del credito e grazie sicuramente a un contesto più favorevole e alle politiche di accantonamento nel 2016, soprattutto nel quarto trimestre”.
Ciò significa che “gli Npa (Non performing asset) delle banche italiane continueranno a ridursi – erano il 20% nel 2015 e il 19% nel 2016”.
Sanna ha tuttavia affermato di credere che si tratterà di un miglioramento graduale, “anche se dovessimo considerare tutte le cessioni che le banche hanno annunciato, tra 50 e 70 miliardi di euro”. E, quindi, il punto è che la mole degli asset non performanti rimarrà nonostante tutto, superiore “al 15% nel 2018, quindi tre volte la media europea”.
Detto questo:
“E’ anche vero che le differenze tra le banche sono significative,: mentre alcune sono uscite dalla crisi in una situazione difficile ma con una situazione di credito di capitale più accettabile in un contesto europeo, ci sono banche in grave difficoltà e questo gap di performance è uno dei problemi che vediamo di più nel breve termine, ovvero come saranno risolti i problemi di Mps, Veneto e Vicenza è uno degli elementi che inciderà nel breve termine. Per questo abbiamo valutato positivamente quanto fatto dal Governo a fine 2016, il fondo da 20 miliardi”.
Sulle banche venete, Sanna ha precisato che il principale rischio della vicenda “è più che altro relativo alla percezione che possono avere gli investitori e i depositanti, perché bisogna vedere quale tipo di azioni saranno prese, perché bisogna considerare che una parte significativa dei bond senior è posseduta dai retail, quindi chiaramente anche la loro reazione va valutata. Bisogna vedere come il mercato reagirebbe a eventuali perdite”.
In particolare, ha continuato:
“Veneto Banca ha un outlook negativo e un rating B che incorpora il potenziale supporto dello Stato” ma senza questo supporto “il rating attualmente sarebbe tripla C o tripla C+”. Se ciò avvenisse, ha avvertito, “ci sarebbe sicuramente la perdita per i titoli subordinati che noi diamo già per scontata, ma ci potrebbe essere un’azione negativa sul rating di Veneto Banca. Le ulteriori implicazioni di sistema vanno valutate a seconda delle decisioni che vengono prese”.
Se lo scenario si rivelasse positivo, ovvero “se queste banche dovessero essere ricapitalizzate senza essere risolte -dunque senza essere sottoposte alla procedura di bail-in – ciò consentirebbe loro non solo di essere ricapitalizzate ma anche di vendere lo stock di Npa (non performing asset, asset non performanti) in eccesso, dunque di essere ristrutturate. E tale fattore rassicurerebbe i depositanti e i detentori di bond senior”.
Non solo. La notizia avrebbe anche un effetto domino, visto che, tra le conseguenze positive, ci potrebbe essere anche “l’eventuale effetto a catena sulle altre banche italiane, considerando che solo l’anno scorso le più solide per supportare il sistema hanno dovuto spendere oltre 10 miliardi”.