Azionario post trauma banche. Kairos: le nuove sfide
Azionario Usa ed Europa, Kairos: a cosa guardare adesso. Rebus recessione
Alberto Tocchio, Head of European Equity and Thematics di Kairos Partners SGR, commenta l’attualità dei mercati, nel podcast settimanale Market Flash.
Tocchio parla del trend delle borse europee e di Wall Street, in generale delle condizioni di salute in cui versa il mercato azionario, facendo anche il punto sulla volatilità: volatilità riferita alle azioni, ma anche ai bond e al forex.
“I mercati europei sono quasi arrivati a toccare i massimi del 2021 colmando tutte le perdite dell’anno scorso. L’indice americano SPX (S&P 500) è sulla parte alta del trading range che dura da fine estate del 2022, compresso tra il supporto della media a 200 giornaliera e la resistenza di quella a 100 e il NDX (Nasdaq) che è salito di oltre il 10% in 1 mese e più del 20% da inizio anno sembra invece avere un attimo rallentato la corsa”.
In generale, “tutti i principali indici europei e US sono saliti almeno del 7% dalla chiamata di potenziale rimbalzo tecnico che avevamo effettuato tra metà e fine mese scorso e la scadenza della terza settimana del mese ha dato il via a tali ricoperture, insieme ai bassi volumi”.
Il risultato, mette in evidenza il responsabile della divisione di European Equity and Thematics di Kairos Partners SGR, è che “ora siamo arrivati ad una situazione dove la volatilità sull’azionario è scesa ai livelli più bassi in 15 mesi, quella sulle valute ai livelli più bassi di 1 anno e anche quella dei bond è scesa notevolmente, dando ulteriore fiducia ai fondi legati alla volatilità per salire di peso”.
Detto questo, la batosta che i mercati hanno sofferto nel mese di marzo, successivamente alla crisi di fiducia che ha colpito il settore bancario made in Usa e in Europe, innescata dal crac di SVB (Silicon Valley Bank), è stata notevole.
A tal proposito, Alberto Tocchio ha messo in evidenza il trend dei fondi sistematici macro che, su base mensile, è stato il peggiore degli ultimi cinque anni:
“Il mese di marzo comunque è stato doloroso sotto tanti punti di vista e la performance mensile dei fondi sistematici macro è stata la peggiore degli ultimi 5 anni, in quanto si sono trovati impreparati sia sul movimento ribassista dei tassi che sull’azionario”.
L’incidenza monstre di Apple e Microsoft sull’indice SPX
Nel Market Flash, è stato segnalato tra l’altro che, andando oltre alla performance degli indici, si è palesato un “mercato molto più complicato dove solo 7 società hanno contribuito per il 90% della performance dell’indice SPX da inizio anno con solo due (titoli), Apple (oggi grande protagonista sia con il lancio del conto di risparmio Apple Savings che con l’apertura del primo store in India ) e Microsoft, che hanno generato più di 1/3 dei profitti dell’intero indice composto da 500 titoli. Una situazione che non si registrava da 50 anni”.
Di conseguenza, “negli ultimi giorni è iniziata una rotazione settoriale difensiva con i più grandi deflussi settimanali dalla tecnologia dal 2018, i ciclici che sottoperformano perché legati alla potenziale recessione e i primi veri flussi in acquisto su settori difensivi come le utilities, infrastrutture e anche i pharma”.
La domanda che la stessa Kairos SGR si pone, a questo punto, è la seguente:
“Finita la festa quindi per gli indici?”
“No, direi di no – si è affrettato a rassicurare subito Tocchio – certo il posizionamento non è più così scarico come 3 settimane fa, ma è ancora molto basso, il numero di posizioni corte a livello di società si è leggermente ridotto e anche se la storia ci ha insegnato il famoso ‘sell in may and go away’, la situazione è più complessa di quanto sembri e quindi bisogna continuare a tenere ben presente quei due orizzonti temporali, uno di breve legato appunto agli aspetti tecnici che in parte sono meno di supporto rispetto a tre settimane fa (come ad esempio le più forti coperture di futures corti europei in un periodo così breve come mai nell’ultimo anno), ed uno di medio termine più preoccupante”.
“Non possiamo non riepilogare quanto accaduto in poco più di un mese sul mercato dei bond con il tasso 2 anni US sceso da oltre il 5% a inizio marzo fino a toccare il 3,6% ben sotto ai Fed funds, ovvero il livello dei tassi fissati dalla Fed. Ora è giusto attendersi la creazione di una base di supporto per i tassi perché, se era considerato positivo che stornassero da livelli molto alti, negli ultimi giorni gli ulteriori ribassi sono avvenuti su dati macroeconomici deboli a conferma che ora il mercato non è più preoccupato da inflazione o mosse delle banche centrali, ma dalle incrementali probabilità di recessione e stretta creditizia”.
“Ha quindi pesato il dato ISM negli Stati Uniti con la componente nuovi ordini in rapida discesa e in generale tutti i recenti dati manufatturieri che, pur cubando circa il 20% dell’economia, ci stanno mostrando un forte rallentamento insieme a quello positivo dell’inflazione, con il CPI che scende consecutivamente da 9 mesi, prima volta in 90 anni, o i dati sul lavoro che mostrano un rallentamento, con un rapporto piuttosto esemplificativo sempre in US. Per ogni azienda che assume ce n’è ora una che licenzia, tale numero era di 3:1 solo a inizio anno”.
Inflazione in discesa, perché il mercato non festeggia?
Ma allora perchè il mercato non festeggia un’inflazione in discesa?
“È una questione di timing e aspettative, certo che il mercato apprezza, ma il declino dei tassi, il rimbalzo dell’azionario e la svalutazione del dollaro già prezzano questo movimento con le attese per l’ultimo rialzo da parte della Fed di 25 punti base il prossimo mese e fino a quattro tagli per fine anno. L’aspetto che preoccupa i mercati, è quello relativo agli elmenti che sembrano anticipare una decrescita economica e qualcuno inizia anche correttamente a notare come con il forte recente rimbalzo della componente energetica, e previsioni di rincari delle bollette elettriche a partire dall’estate, anche l’inflazione tra 2/3 mesi possa trovare un livello base difficile da rompere”.
Occhio al dollaro e ai Treasuries Usa. Ma anche all’oro
Indicazioni importanti arrivano sia dal mercato del forex che delle materie prime.
A tal proposito, lo strategist mette in evidenza alcuni fenomeni, come l’atteggiamento molto meno amichevole mostrato dall’Opec nei confronti degli Stati Uniti, e anche il forte smobilizzo di titoli di stato Usa, i Treasuries, da parte della Cina, ma anche del Giappone:
“Prima di ragionare sull’eventuale arrivo della recessione, ci soffermiamo un attimo sulla performance del dollaro che è ai minimi degli ultimi 12 mesi contro l’euro e sta soffrendo anche contro altre valute. Per non parlare della forte riduzione di grossi detentori di debito americano come Cina e Giappone, per arrivare alle tensioni geopolitiche con anche l’Opec che sembra molto meno friendly che nel passato, tagliando la produzione in un momento storico dove gli Stati Uniti hanno dovuto di nuovo attingere dopo una pausa di soli tre mesi alle riserve strategiche portandole al livello più basso dal 1983″.
Essenziale, in questo contesto, è “capire il movimento dell’oro, che ha recentemente toccato i massimi di sempre e di altre commodities, includendo perché no anche le criptovalute, come un movimento di rifugio in un mondo in cui le banche centrali presto smetteranno di alzare i tassi, l’inflazione rimarrà comunque sostenuta ed è in atto un riposizionamento al di fuori del dollaro per le ragioni appena citate”.
La domanda assillante sulla gravità della recessione
Fatte preste premesse, la domanda riguarda il grande dubbio che continua ad assillare i mercati: quello che riguarda l’entità della recessione.
Siamo di fronte alla prospettiva di un hard landing o di un soft landing? Dopo tanto parlare, forse sarebbe il caso di capire davvero cosa ci aspetta.
Non per niente, Tocchio avverte che “ora più che mai bisogna iniziare a capire se effettivamente stiamo per assistere all’arrivo di una recessione”.
Per questo, lo strategist di Kairos SGR elenca “quali sono i principali fattori che teniamo sotto osservazione e come le percentuali di probabilità stiano avendo un deciso rialzo nonostante per ora il mercato non ci dia troppa attenzione”.
“La prima e la più banale è quella di osservare gli scostamenti tra indici e settori: qua vediamo subito la sottoperformance dell’indice americano Russell 2K, quello delle small cap contro il NDX. Una differenza del 14% in poche settimane, davvero molto e allo stesso tempo è da notare come la correlazione tra bond e azionario sia passata in poco tempo da negativa a positiva. Ecco allora che il mercato in alcune aree si sta già preparando”.
Tra l’altro, “anche prima della recente crisi bancaria vi erano diversi segnali che mostravano il grosso gap tra offerta e domanda sui consumatori – ricorda Tocchio – poi vi è stata un’accelerazione e anche se la situazione di stress bancaria è rientrata e i depositi presso le regionali si sono stabilizzati dopo uscite record, quello a cui abbiamo assistito a marzo sta lasciando e lascerà strascichi pesanti sull’economia in termini di costi e difficoltà nel credito”.
Gli strascichi della crisi che ha travolto le banche Usa
Non mancano dati che rappresentano meglio il danno inferto all’economia dalla crisi di fiducia che ha travolto il mondo delle banche.
“Per dare qualche numero, le banche commerciali americane hanno ridotto il numero di prestiti nelle ultime due settimane di marzo di oltre 100 miliardi di dollari e quasi la metà di questo taglio arriva dalle banche più piccole. In Europa non abbiamo ancora dati così aggiornati ma già prima della crisi bancaria la stretta creditizia era notevole, misurata dall’impulso sul credito sceso del 5% come percentuale del Pil in solo un anno”.
Inoltre, “l’ultima statistica dalla Fed di Dallas mostra un chiaro deterioramento della domanda che possiamo anche vedere dal settimo dato consecutivo negativo uscito venerdì scorso sulle vendite ai retailers che hanno raggiunto il livello più basso dal periodo più buio del Covid, così come in Germania il numero di nuove richieste di mutui si è più che dimezzato in un anno toccando il livello più basso dell’ultimo decennio”.
Ma le indicazioni non arrivano solo dai dati macro.
“La misura preferita dalla Fed sembra essere quella dell‘inversione della curva tra i 3 e 18 mesi che ha appena raggiunto un nuovo minimo record, cosi come l’inversione tra il 3 mesi e il 10 anni che ha toccato livelli mai visti prima nella storia ed in genere questi indicatori anticipano di 8 /10 mesi l’arrivo della recessione tanto che il modello della Fed di New York sta dando una probabilità del 60%, numero decisamente più alto delle recessioni poi effettivamente avvenute negli ultimi 30 anni”.
“Un altro aspetto importante di breve termine è l’inizio dei risultati trimestrali che ha preso il via negli ultimi giorni e che entra nel vivo nelle prossime 2/3 settimane, dandoci lo spunto necessario con la visione della situazione anche lato aziende”.
A tal proposito, “le stime sugli utili da parte degli analisti sono a livello aggregato scese notevolmente tanto che ora sono le più basse dal quarto trimestre del 2020 ovvero periodo post Covid”.
Ma “sarà sufficiente questo taglio per non sorprendere il mercato?”. Alberto Tocchio così risponde:
“Credo che dipenda molto dai settori e del resto la preoccupazione del mercato c’è visto che, nonostante la volatilità degli indici sia estremamente bassa, quella dei singoli titoli è la più alta degli ultimi anni”.
“L’idea di base è quella quindi di essere meno euforici rispetto a fine marzo anche sui technical, ma consci che il mercato può ancora tenere e forse essere anche sorpreso da alcuni risultati positivi di queste trimestrali”.
La conclusione è la seguente:
“Crediamo quindi che ora più che sugli indici, possa essere l’allocazione settoriale a fare la differenza con alcuni settori difensivi che hanno valutazioni e upside interessanti, mentre potrebbero rallentare le società a grossa capitalizzazione menzionate prima che hanno fatto così bene da inizio anno”.