Azionario globale sotto attacco, Milano precipita subito. Investitori freddati da balzo volatilità e tassi. Commento Ray Dalio
I numeri sono da bollettino di guerra e il panico è evidente, tanto che alcuni strategist già invitano trader e investitori a non perdere del tutto il controllo della situazione, facendo notare che il sell off potrebbe essere stato eccessivo. Da Wall Street a Tokyo fino all’Europa, il diktat di queste ultime ore è stato: “sell”, ovvero vendere.
Nella sessione di ieri il Dow Jones a un certo punto della sessione è crollato anche di 1.500 punti, per poi chiudere con un tonfo di 1.175,21 punti, -4,6%, a 24.345,75 punti.
Il listino è precipitato così al di sotto della soglia di 25.000 punti, ha azzerato i guadagni riportati nel 2018 ed è scivolato in fase di correzione.
Lo S&P è crollato del 4,1% – soffrendo la seduta peggiore dall’agosto del 2011 – chiudendo a 2.648,94 punti, azzerando anch’esso i guadagni del 2018; il Nasdaq Composite è scivolato del 3,8% a 6.967,53.
Panico a Tokyo dove, durante le contrattazioni, anche l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo è crollato di oltre 1.500 punti, precisamente di 1.563,21 punti, precipitando del 6,89%, per poi chiudere la sessione con un tonfo del 4,73%, a 21.610,24 punti.
Il Ftse Mib di Piazza Affari ha aperto la seduta cedendo subito più del 2,7%, per poi ridurre le perdite ma rimanendo in forte ribasso.
Lo Stoxx Europe 600, che monitora il trend dell’azionario europeo, riporta il tonfo più forte dal periodo immediatamente successivo al referendum sulla Brexit del 23 giugno del 2016.
Oltre al repentino movimento dei tassi sui bond, gli investitori sono stati freddati anche dal balzo della volatilità.
Basti pensare che a Hong Kong l’indice di riferimento HSI Volatility Index è volato fino a +52% rispetto alla chiusura della sessione precedente. Balzo anche per l’indice CBOE China ETF Volatility, pari a +18%.
La reazione dell’azionario riporta alla mente quanto detto in occasione del World Economic Forum di Davos da Ray Dalio, il fondatore dell’hedge fund numero uno al mondo Bridgewater Associates, che ha tra l’altro proprio di recente triplicato la scommessa ribassista contro l’Italia a 3 miliardi di dollari.
Così Dalio aveva avvertito da Davos gli investitori nel reddito fisso, sul rischio di assistere alla crisi più forte in quasi 40 anni:
“Un aumento dell’1% dei tassi dei bond scatenerà il mercato orso peggiore nei bond dal 1980-1981″, aveva detto, aggiungendo: “Siamo in un mercato orso”.
Nella giornata di ieri, guardando ai mercati, il gestore ha sottolineato:
“Nell’ultima settimana, sono stati diffusi numeri che hanno fatto riferimento a una condizione di crescita solida e di aumento dei salari (fattori positivi!), e tale fattore ha innescato vendite sui bond e sull’azionario (notizia negativa per gli investitori), a causa dei timori, giustificati dal fatto che la Fed potrebbe alzare i tassi più di quanto prezzato dai mercati del credito”.
Dalio ha continuato:
“Il balzo della crescita e dei salari è dovuto sia agli stimoli fiscali sia al ravvivarsi degli spiriti animali, fattori che hanno spinto l’economia verso i limiti della capacità di fine ciclo, scatenando le aspettative di un ciclo più veloce di rialzi dei tassi da parte della Fed”.
Il gestore di Bridgewater Associates sottolinea che si tratta fondamentalmente di “un classico comportamento di fine ciclo, quando è difficile riuscire a capire bene quella che sarà la politica monetaria, e che anticipa di norma periodi di recessione”.
Tuttavia, per Dalio il comportamento è “più che esagerato, se si considera che la duration degli asset è straordinariamente lunga.
Ciò “significa che quando i tassi di interesse sono bassi, i prezzi degli asset sono più sensibili ai cambiamenti dei tassi di interesse, che non rispetto a quando i tassi di interesse sono alti“.
Per Dalio “questi grandi ribassi sono semplicemente correzioni marginali”; d’altronde c’è, a suo avviso molto cash in giro e la cosa più importante ora è capire semplicemente cosa accadrà dopo.
In ogni caso, conclude facendo riferimento ai grafici illustrati qui sotto, “le recenti flessioni dei prezzi non si notano neanche se vengono considerate in un contesto più grande e di più lungo termine”.