Azionario: 2023 altro anno di sfide. Come e dove investire
Come sarà il 2023 che sta per arrivare? Un altro anno duro, dicono gli esperti di LGIM, secondo cui andando ad esaminare i grandi mercati mondiali, gli Stati Uniti entreranno in recessione già nella prossima primavera, con la produzione che si manterrà in calo per il resto dell’anno.
In Unione Europea e Regno Unito, invece, la recessione sarebbe già iniziata e gli esperti prevedono che sarà più lunga e grave di quanto l’opinione generale ritenga.
Unica eccezione il Giappone, il quale potrebbe godere di una crescita economica robusta, sostenuta dall’adozione di politiche anti-Covid meno rigide e dall’emanazione di nuovi pacchetti fiscali.
“Alla luce dello scenario appena descritto, temiamo che il 2023 sarà un altro anno difficile per il mercato azionario, soprattutto per i settori che maggiormente risentono del ciclo economico” dicono gli esperti”.
“Riteniamo, inoltre, che le azioni raggiungeranno i loro minimi prima che questa recessione finisca, andando così a creare quella situazione in cui la fase finale di questa si interseca con l’inizio di una fase di ripresa, generando quello che generalmente è il momento migliore per investire”.
“Tuttavia, questo scenario si verificherà solamente quando le prospettive sulle performance economiche miglioreranno, traducendosi in un contesto migliore per gli investimenti nelle asset class più rischiose. Lo scenario migliore sarebbe osservare tutto questo per la fine del prossimo anno”.
Gli esperti si soffermano ad analizzare il mercato del lavoro, sollevando numerosi dubbi e incertezze su quando il mercato del lavoro invertirà il suo trend.
“Tuttavia, la recessione e l’aumento della disoccupazione dovrebbero ridurre la pressione salariale nel corso del 2023”.
Gli analisti sottolineano che “uno dei pochi aspetti positivi che osserviamo per il 2023 è che i prezzi elevati delle commodity dovuti all’inflazione si dovrebbero ridurre rapidamente, grazie alla contrazione dei livelli della domanda e a un generale miglioramento delle condizioni delle supply chain. Tuttavia, l’inflazione nel campo dei servizi si manterrà elevata più a lungo”.
“A differenza dello scorso anno, la Federal Reserve e la Bank of England hanno già prezzato un numero sufficiente di picchi, tanto che potrebbe esserci la possibilità di vedere anche dei tagli dei tassi d’interesse; pertanto, abbiamo prospettive positive sulla duration, dato che i rendimenti dei titoli di stato dovrebbero ridursi, dopo essere stati alti nel 2022″.
Da LGIM continuano, ricordando che “la risalita dei rendimenti reali negli ultimi 12 mesi è stata una delle maggiori variazioni nel panorama degli investimenti” e che “questo dovrebbe dare un po’ di tregua a quelle asset class che hanno maggiormente risentito della rapida crescita delle rendite”.
Per quanto riguarda “l’andamento delle infrastrutture del mercato immobiliare“, questo “dovrebbe essere dettato dalle condizioni dei fondamentali piuttosto che dal sentiment, ma siamo comunque preoccupati della pressione di breve periodo sugli spread creditizi, date le non rosee prospettive economiche; riteniamo comunque che adesso queste offrano un’adeguata compensazione per il rischio di declassamento e insolvenza nel corso del ciclo. Ciò è particolarmente vero per gli investimenti investment grade europei e in sterline“.
“Infine – puntualizza il rapporto – osserviamo che l’economia cinese è attualmente molto debole a causa della sua strategia zero-Covid e delle problematiche che persistono sul mercato immobiliare locale. Riteniamo che siano necessari dei rapidi passi in avanti su questo fronte se il paese vuole sostenere la sua ripresa nel corso del 2023″.
In generale, “lo status del dragone asiatico è anche ciò che ci fa essere scettici circa le prospettive dell’intero comparto dei mercati emergenti (EM), soprattutto per quanto riguarda azioni e commodity, visto che sono fortemente legati all’andamento dei future cinesi e che le problematiche strutturali per questo mercato sono destinate ad aumentare nel prossimo anno”.
“Inoltre, non dobbiamo dimenticarci che questi rischi possono essere addirittura esasperati da un peggioramento delle condizioni da guerra fredda che si sono instaurate tra la Cina stessa e gli USA, frutto di una rara combinazione bipartisan che ha messo insieme le guerre commerciali avviate dall’amministrazione Trump e le nuove regolamentazioni sui chip attuate dall’attuale presidente Joe Biden”.
“Ci sono però alcune nazioni, soprattutto dell’America Latina, rientranti nella categoria degli EM (mercati emergenti), che hanno preceduto la Fed nell’inasprimento della loro politica monetaria e questo dovrebbe mettere il loro mercato valutario in una buona posizione in vista del 2023″.
“In generale – concludono da LGIM – riteniamo che il ciclo di rafforzamento del dollaro si stia avviando verso una fine, che coinciderà con lo stop della politica monetaria aggressiva degli Stati Uniti. Se questo dovesse verificarsi, significherebbe una boccata d’ossigeno per le principali valute europee, sterlina inclusa, nel prossimo anno”.