ASPI: nel piano 2020-2023 il diktat è manutenzione. AD Tomasi: ‘con revoca e indennizzo sarà default’
Un piano strategico, in cui le risorse destinate alle spese per manutenzione vengono incrementate di ben il 40%, a conferma di come il gruppo voglia riabilitare la propria immagine, agli occhi degli italiani e soprattutto del governo, in un momento in cui la revoca delle concessioni sembra ormai scontata. Il cda di Autostrade per l’Italia ha approvato ieri il piano industriale 2020-2023 per un valore complessivo di 7,5 miliardi, tra investimenti e opere di manutenzione. Così si legge nel comunicato di ASPI, che presenta un piano strategico che punta alla trasformazione della società.
“Programmati investimenti sulla rete per circa 5,4 miliardi di euro, che portano quasi a triplicare gli importi investiti dalla società nel quadriennio precedente (pari a circa 2,1 miliardi di euro). Salgono a 1,6 miliardi di euro le spese in manutenzione (2 miliardi considerate anche le spese del 2019), con un aumento del 40% rispetto al quadriennio precedente. Tali risorse consentiranno di portare a compimento entro i prossimi 4 anni un piano di ammodernamento dei principali asset strategici della rete come ponti, viadotti, cavalcavia, gallerie, pavimentazioni, barriere di sicurezza, ecc. Previsti inoltre ampliamenti e potenziamenti su 30 km della rete esistente, con apertura al traffico entro il 2023″.
Un chiaro impegno in cifre, insomma, per rispondere alle critiche di chi non manca di ricordare al gruppo controllato da Atlantia le sue responsabilità nella tragedia del Ponte Morandi, il ponte di Genova crollato il 14 agosto del 2018.
Nella nota si legge anche che “la sicurezza su strada, nei cantieri e nei luoghi di lavoro viene considerata una delle priorità fondamentali per lo sviluppo del piano strategico: per questo verranno sviluppate specifiche iniziative anche in collaborazione con la Polizia Stradale“.
Il piano strategico sembra quasi l’ultima carta che Autostrade e la controllante Atlantia hanno deciso di giocare per convincere il governo a non revocare le concessioni autostradali, la linfa degli utili del gruppo ASPI.
Ad ammettere la gravità della situazione è lo stesso amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Roberto Tomasi. Nel corso di un’intervista che ha rilasciato al quotidiano La Repubblica, Tomasi lo dice chiaro e tondo: “Senza le concessioni e con l’indennizzo previsto dal decreto Milleproroghe l’azienda andrà in default“.
Tomasi non nasconde, di conseguenza, la “preoccupazione per il futuro dei settemila dipendenti dell’azienda che lavorano con dedizione e per la possibilità di essere una risorsa per questo Paese”. D’altronde, “nonostante tutti gli sforzi che stiamo facendo, non sarà semplice recuperare i downgrading finanziari”.
L’AD di ASPI continua:
“il gruppo si cambia inserendo anche persone con culture aziendali diverse, alzando l’attenzione sulla formazione, rendendo più responsabili i vari livelli, rafforzando i controlli e la trasparenza perché le informazioni devono essere condivise. Serve un cambio culturale e di modelli manageriali”.
Da segnalare che il piano di trasformazione dell’azienda prevede anche assunzioni di 1000 persone.
Negli ultimi giorni, in particolare due giorni fa, il titolo ha pagato care le indiscrezioni riportate da La Stampa, secondo cui la revoca delle concessioni autostradali da parte del governo Conte bis sarebbe stata, ormai, inevitabile. Un pesante sell-off ha colpito sia i titoli azionari che le obbligazioni con scadenza nel 2023. Il giorno seguente, ieri, sono circolati altri rumor sulla possibilità di una revoca parziale (su cui il M5S di Luigi Di Maio non sarebbe però assolutamente d’accordo).
Oggi La Repubblica riporta che “sulla revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia il governo non ha ancora preso alcuna decisione. E non lo farà nemmeno oggi, come ha confermato il premier Giuseppe Conte: «Si era diffusa la voce che sarebbe stata esaminata in Consiglio dei ministri. Non è mai stato deciso: la porterò quando saremo pronti e con tutti i pareri necessari ». Il che potrebbe avvenire fra non molto. Subito dopo le elezioni regionali del 26 gennaio in Emilia Romagna, sempre che il risultato non mandi in tensione la maggioranza”.
Detto questo, continua l’articolo del quotidiano, “il provvedimento che potrebbe togliere alla società del gruppo Atlantia, controllato dalla famiglia Benetton, la gestione di oltre la metà dei tratti autostradali italiani è in fase di redazione. «Sto terminando assieme agli uffici tecnici di scrivere la relazione finale», ha ammesso ieri la ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli. «Credo che le decisioni importanti debbano essere prese quando tutti conosceranno bene i dettagli. Quel momento arriverà e il governo deciderà nella sua completezza, poi ci sarà da ragionare con il Parlamento»”. “In altre parole – si legge nell’articolo del quotidiano – da un lato, il governo si sta attrezzando per arrivare a una eventuale revoca, dall’altra sta cercando di prendere tempo su una decisione che potrebbe dividere la maggioranza e portare a un contenzioso legale dall’esito molto incerto. Sulla revoca sono compatti i Cinquestelle per i quali Autostrade per l’Italia è inadempiente, per mancati controlli e manutenzione insufficiente, mentre continuava ad accumulare ricchi dividendi“.
Per ora, l’unico assist sicuro all’interno del governo M5S-PD su cui Tomasi & Co possono contare per evitare la revoca delle concessioni, è Italia Viva di Matteo Renzi, che ha anche paventato uno scenario in cui il governo, procedendo alla revoca delle concessioni, rischia di finire anche cornuto e mazziato.
Autostrade e con essa Atlantia e la famiglia Benetton rischiano tuttavia tanto soprattutto per le disposizioni contenute nel decreto Milleproroghe, che include anche il rischio che, oltre che con la revoca, la società venga punita con un indennizzo più basso.
Così Roberto Tomaso commenta a La Repubblica i guai in cui versa ASPI:
“Pensiamo che si debba cambiare per ricostruire la fiducia tra noi e gli utenti, tra noi e il Paese. Il crollo del Morandi è stato uno spartiacque. Una tragedia di assoluta gravità che non poteva non obbligarci a ripensare i nostri processi produttivi e la nostra stessa organizzazione. Questa azienda va trasformata e questo piano strategico vuole esserne la dimostrazione”.