Notizie Notizie Mondo Argentina ‘defaulter seriale’, è corsa ai riscatti dopo annuncio Macri. E i fondi sbarrano la porta

Argentina ‘defaulter seriale’, è corsa ai riscatti dopo annuncio Macri. E i fondi sbarrano la porta

30 Agosto 2019 12:26

E ora, come avviene spesso in questi casi, per gli investitori sono dolori. La notizia del default argentino – l’ennesimo, il nono – ha scatenato la corsa ai riscatti di chi ha scommesso sui bond del paese. Imperativo: ritirare i propri soldi. Esito della corsa: i soldi sono ancora lì.

Bloomberg ne dà testimonianza in un articolo che parla del nuovo (e anche vecchio) dramma che colpisce Buenos Aires, ergo il default.

Ieri il ministro delle Finanze Lacunza ha annunciato la decisione del governo Macri di ristrutturare 110 miliardi di debito argentino: il ministro ha comunicato che la decisione è stata presa sia per il debito pubblico interno che per quello esterno.

La decisione coinvolge anche i 57,4 miliardi dollari che sono stati prestati a Buenos Aires dall’Fmi. Lacunza ha precisato che il paese rinegozierà il suo debito “senza tagli di capitale e interessi, ma per tentare di ottenere tempi più lunghi (nei rimborsi di quanto dovuto), che permettano di dare stabilità all’economia, riducano l’inflazione e mettano sotto controllo il cambio con il dollaro”.

Una riprofilazione delle scadenze, insomma, su $110 miliardi di debito. Ma l’agenzia di rating Standard & Poor’s non ci è cascata: la decisione del governo di estendere unilateralmente le scadenze dei titoli di breve termine “costituisce un default in base ai nostri criteri”, si legge nella nota.

E così il rating sul debito sovrano in valuta locale ed estera è stato tagliato da S&P a “SD”, ovvero a selective default, e il rating sulle emissioni di breve termine a “D”, ovvero default. La parola default è stata più che sufficiente a dare il via a disperate richieste di riscatti da parte degli investitori.

Bloomberg ne dà testimonianza, scrivendo in un articolo che, “dal momento in cui Jorge Garbero è entrato nel suo ufficio di Banco Nacion di Buenos Aires, giovedì, il suo telefono non ha smesso di squillare. Le telefonate sono arrivate, una dopo l’altra, da clienti di fondi di investimento disperati, pronti a ritirare le loro somme affidate ai gestori” in un paese, l’Argentina, che viene definito ormai un defaulter seriale.

Una valanga di telefonate“, ha ammesso Garbero. D’altronde, racconta ancora Bloomberg, “la notte prima il governo del presidente Mauricio Macri aveva annunciato il piano per costringere gli investitori che avevano scommesso sui bond argentini ad accettare scadenze più lunghe, nell’ambito di un piano volto a contrastare la fuga di capitali e a stabilizzare il peso nel bel mezzo dell’ultima crisi esplosa nel paese. La corsa ai riscatti è stata così intensa, che più di una decina di fondi di investimento locali hanno contattato le autorità di mercato, informandole della loro decisione di sospendere i riscatti.

Anche nei mercati internazionali la reazione è stata veloce, con i bond argentini denominati in dollari che sono capitolati verso quota 40 centesimi di dollaro: esattamente, il bond con scadenza nel 2028 ha accusato una perdita di 2,9 centesimi a 40,2 centesimi di dollaro.

L’indice Merval della Borsa argentina è crollato del 5,8%, al minimo in due anni. Il peso si è salvato, salendo dello 0,4% a 57,9 per dollaro.

L’obiettivo dell’Argentina è di ritardare il rimborso di $7 miliardi di titoli di stato a breve termine che scadono entro la fine dell’anno, $20 miliardi di bond locali disciplinati dal diritto del paese e $30 miliardi di bond di diritto internazionale. Buenos Aires ha un bisogno disperato di liquidità, se si considera che le sue riserve in valuta estera sono crollate di oltre $10 miliardi nell’ultimo mese, a meno di $60 miliardi.

Così, stando a quanto riporta Bloomberg, hanno commentato gli analisti di BNP Paribas che fanno capo a Gabriel Gersztein, nella nota “The beginning of the end”, ovvero “L’inizio della fine”: “L’industria dei fondi sarà gravemente colpita”.

Diversi gestori stanno ancora valutando se permettere agli investitori di riscattare le somme. E non sono solo i singoli investitori retail a cercare disperatamente di riprendere i loro soldi, come sottolinea Fernando Caffa, socio di Compass Group, a Buenos Airnes. Ci sono anche piccole e medie imprese che hanno puntato sui fondi al fine di raccogliere più capitali. E che ora vogliono uscire a tutti i costi.

LA GENESI DELLA NUOVA CRISI ARGENTINA:

La crisi argentina si è fatta conclamata con l’esito delle elezioni primarie di tre settimane fa. Le elezioni hanno sancito la sconfitta dell’attuale presidente Mauricio Macri, rendendo a questo punto quasi impossibile una sua vittoria alle elezioni presidenziali di ottobre. Il consenso elettorale ottenuto da Macri è stato pari ad appena il 32%, contro il 47% del candidato peronista alla presienza, Alberto Fernandez. Quest’ultimo  accusa da tempo  Macri di aver lanciato misure di austerity che hanno finito per provocare la stagnazione economica del paese, l’alta inflazione e la fuga dei capitali. In passato, lo stesso Fernandez aveva lanciato un appello affinché Macri ristrutturasse il pacchetto di aiuti, ergo bailout, da $57 miliardi, ricevuto dal Fondo Monetario Internazionale, per “porre fine alla catastrofe sociale” imposta sul popolo argentino.

In realtà, il crollo della borsa, del peso e dei bond argentini a cui il mondo ha assistito dalla sconfitta di Macri alle primarie non è dovuto tanto alle dichiarazioni di Fernandez quanto al probabile ritorno al potere di Cristina Fernandez de Kirchner nelle vesti di vicepresidente di un nuovo governo peronista orientato a sinistra.

Presidente dell’Argentina dal 2007 al 2015, Kirchner è nota per aver lanciato misure di politica economica incentrate sull’interventismo che, secondo alcuni analisti, non avrebbero fatto altro che peggiorare la crisi finanziaria del paese. Kirchner si è ripetutamente rifiutata di rimborsare il debito argentino, in particolare quello dovuto agli hedge fund americani, definiti da lei “avvoltoi”.

Il peso è crollato di oltre -20% nelle ultime due settimane, mentre la borsa di Buenos Aires è precipitata del 30%.

Nessun effetto ha avuto il tentativo disperato della banca centrale di risollevare le quotazioni della valuta con acquisti, questo mese, per un valore di $1,5 miliardi.

La mossa ha avuto piuttosto l’effetto di drenare ulteriormente liquidità dalle riserve in valuta estera, già scarse.

La società di consulenza con sede a Londra Capital Economics, a tal proposito, ha già calcolato che le riserve nette presenti presso la banca centrale potrebbero riuscire a coprire solo il 60% del fabbisogno finanziario di quest’anno, stimato in $100 miliardi.