Agenda della prossima settimana: focus sul PPI cinese e sulla produzione industriale di Eurolandia
Bilancia commerciale e prezzi alla produzione cinesi, produzione industriale europea e banche centrali di Australia e Nuova Zelanda. Questi gli appuntamenti più importanti nella settimana che inizia il prossimo 6 novembre.
Iniziamo dalla Cina. Le indicazioni arrivate dagli indici PMI, quelli che misurano il sentiment dei direttori degli acquisti (Purchasing Managers’ Index), potrebbero aver preannunciato un rallentamento dell’economia nel quarto trimestre dell’anno. Mercoledì prossimo è in calendario l’aggiornamento relativo la bilancia commerciale, il cui avanzo è stimato in aumento da 28,5 a 39,5 miliardi di dollari. Il giorno dopo sarà la volta dei prezzi alla produzione e al consumo di ottobre, stimati rispettivamente in aumento del 6,6 e dell’1,7 per cento annuo, contro il +6,9 e il +1,6% precedente.
Tra i due, sarà il PPI (Producer Price Index) ad essere passato al setaccio perché sintomatico della “fame” del Celeste Impero per le materie prime e quindi proxy affidabile dell’andamento complessivo dell’economia.
Per quanto riguarda il Vecchio continente, martedì sarà diffuso l’aggiornamento sulla produzione industriale tedesca mentre venerdì l’appuntamento è con i corrispondenti indici relativi Francia e Italia: il consenso, rispettivamente, è per un -0,7%, un +0,6 e un +0,2 per cento mensile. I dati, relativi il mese di settembre, sono destinati a fare i conti con un euro che poco meno di due mesi fa scambiava in quota 1,2 dollari.
Nell’ultima seduta della settimana arriverà anche l’indice britannico, atteso allo 0,3%: attenzione particolare all’andamento del manifatturiero (visto allo 0,3%) che nel terzo trimestre ha permesso all’economia della Perfida Albione di stupire in positivo.
Relativamente la Zona Euro, è inoltre prevista la pubblicazione dei numeri su prezzi alla produzione, fiducia dei consumatori (entrambi lunedì), vendite al dettaglio (martedì) e bilancia commerciale tedesca (giovedì). Sull’altra sponda dell’Atlantico sono in calendario i numeri su nuove richieste di sussidio (giovedì) e sentiment dei consumatori misurato dall’Università del Michigan (atteso un lieve rialzo da 100,7 a 101 punti).
Dal fronte banche centrali, martedì sarà la volta della Reserve Bank of Australia che, stando alle stime, dovrebbe annunciare la conferma del costo del denaro all’1,5%. Si tratta di una decisione abbastanza scontata alla luce dell’inatteso calo registrato dall’inflazione nel terzo trimestre (1,8% vs il 2% atteso) e dell’andamento delle vendite al dettaglio, che tra luglio e settembre hanno messo a segno la performance peggiore dal 2010. Inoltre, va tenuto in considerazione anche l’aussie che, nonostante un -2,4% nell’ultimo mese, da inizio anno segna un +6,5% rispetto al biglietto verde. Bocce ferme anche per la Reserve Bank of New Zealand, che mercoledì dovrebbe ribadire il tasso benchmark all’1,75%.