Accordo sulla Brexit o no? Mizuho ci spera e vede sterlina a $1,40. Steve Eisman lancia invece il Big Short su banche
Le incertezze sulla Brexit continuano ad assillare gli operatori, soprattutto alla luce di nuovi dati macro, come l’ultimo reso noto stamattina, che fotografano un sentiment e una realtà improntati alla cautela. Il riferimento è al Pmi servizi del Regno Unito che, stando alla società Markit che compila l’indice, è sceso a ottobre al minimo degli ultimi sette mesi.
Diverse aziende che hanno partecipato al sondaggio hanno citato proprio le incertezze sulla Brexit come ragione del loro pessimismo, oltre ai timori sul deterioramento dell’outlook dell’economia globale. Detto questo, Bloomberg riporta che proprio la speranza di un accordo tra il Regno Unito e l’Unione europea sulla Brexit dissipa le preoccupazioni degli analisti di Mizuho Bank che, in media, ritengono che la sterlina potrebbe superare anche la soglia di $1,35 entro i prossimi due giorni di contrattazioni.
In realtà i trader sono ancora posizionati, e anche pesantemente, in modo short sulla sterlina, pagando la paura che un accordo sul divorzio possa anche non arrivare. Ma, intervistato anche lui da Bloomberg Stuart Bennett, responsabile della strategia del Forex dei paesi del G10 presso Banco Santander, afferma che “il consensus ritiene che un accordo sarà raggiunto, forse questo mese o all’inizio di dicembre. Di conseguenza – aggiunge Bennett – siamo in presenza di aggiustamenti nei posizionamenti”.
La sterlina è scambiata a quota $1,3011 nei confronti del dollaro e a 87,51 pence sull’euro. Oggi sono in crescita anche i tassi dei bond governativi UK – a dispetto del dato macro deprimente – che salgono di due punti base all’1,51%.
Tornando all’indice PMI servizi, il dato è sceso a ottobre a 52,2 punti, rispetto ai 53,9 punti del mese precedente e inferiore ai 53,3 punti attesi dal consensus.
Confortanti le dichiarazioni sulla Brexit che sono arrivate lo scorso venerdì, con il vice primo ministro David Lidington che ha detto espressamente che le probabilità di un accordo con l’Ue sembrano migliorare, visto che le controparti sono “sicuramente molto vicine a raggiungere una intesa per risolvere” la questione del confine irlandese.
Ancora prima, nella seduta dello scorso giovedì, la valuta aveva segnato un rally di quasi il 2% dopo la pubblicazione di indiscrezioni del Times su un accordo raggiunto in merito all’accesso nel mercato Ue delle banche britanniche. Le indiscrezioni sono state tuttavia smentite da entrambe le controparti.
Oggi è stato lo stesso premier irlandese Leo Varadkar ad alimentare nuove speculazioni, affermando che “idealmente, l’accordo sulla Brexit dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno”.
Ciò che il premier britannico Theresa May e anche l’Unione europea vogliono evitare è che si crei una forte divisione, un “hard border” tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda. L’Irlanda del Nord è destinata a lasciare l’Ue come il resto del Regno Unito, mentre l’EIRE fa parte sia dell’Unione europea che dell’Eurozona. L’obiettivo è quello di garantire che il confine tra l’Irlanda del Nord e l’Irlanda sia mantenuto aperto.
In questo contesto, intervistata da Bloomberg, Jane Foley, responsabile della strategia valutaria presso Rabobank a Londra, commenta i rialzi archiviati la scorsa settimana dalla sterlina, definendoli “un assaggio di ciò che potremmo avere se ci fosse un accordo sul tavolo”.
Detto questo, “la volatilità è possibile vista la continua incertezza politica”.
Non tutti sono poi così ottimisti come Neil Jones, responsabile della divisione vendite di hedge fund presso Mizuho, secondo cui la sterlina potrebbe balzare anche fino a $1,40 nel caso in cui un qualsiasi accordo venisse approvato dal Parlamento di Londra.
C’è per esempio Steve Eisman, money manager presso Neuberger Berman Group, che sta shortando due banche britanniche temendo che un’intesa non arrivi al Parlamento.
Riguardo al rapporto con l’euro l’analista di Nordea Bank AB, Andreas Steno, ritiene infine che la sterlina potrebbe segnare un rally di oltre +5% a 83 pence per euro sulla scia di un qualsiasi accordo sul divorzio Uk dall’Ue. “Se si arriva a un acccordo, non importa quale sia il contenuto, la sterlina sarà conveniente”. E dunque, via agli acquisti.
Eisman è però convinto della sua strategia, così come emerge dal discorso che ha proferito nel corso di una conferenza a Dubai:
“Sto shortando due azioni nel Regno Unito, ma nel radar ne ho 50 circa, e potrei shortarle tutte e 50 se ritenessi che ci fosse la possibilità che Jeromy Corbyn diventasse primo ministro. Corbyn è un trozkista – ha continuato – E ora io conosco molto bene i miei trozkisti, da sapere che nessuno vorrebbe investire nel Regno Unito se il primo ministro fosse un trozkista”.
Si parla così del Big Short di Steve Eisman, che sarebbero al momento due titoli bancari. Sebbene Eisman abbia tenuto la bocca cucita sull’identità delle due banche, Bloomberg ha fatto notare, citando i dati di Markit, che Metro Bank e CYBG sono i titoli finanziari più shortati dell’indice Ftse 350 Index. Tra le curiosità c’è anche la decisione di Eisman di shortare ancora Tesla.