Usa: Congresso e Nasdaq verso restrizioni Ipo cinesi dopo caso Luckin Coffee. Le già quotate Alibaba e Baidu rischiano stop vendita azioni?
Escalation delle tensioni Usa-Cina, che tornano a occupare le prime pagine della stampa mondiale. Il presidente americano Donald Trump non demorde, convinto che Pechino debba pagare per non essere stata capace di frenare la diffusione del coronavirus a livello mondiale. Non manca così giorno che Trump o qualche altro esponente della sua amministrazione non lanci pesanti accuse contro la Cina, con cui gli Stati Uniti avevano firmato lo scorso 15 gennaio la “Fase 1” di un accordo commerciale: accordo, che il mondo sperava avrebbe posto fine a due anni di guerra commerciale. E invece no: la diffusione del coronavirus dalla Cina al mondo ha rotto il delicato equilibrio raggiunto tra le due potenze mondiali, e ieri il Senato Usa ha approvato anche una proposta di legge contro il mondo corporate cinese. Si passa così a una guerra che è stata definita già finanziaria.
Se approvata, la proposta di legge potrebbe impedire a diverse società cinesi di quotarsi a Wall Street con operazioni di Ipo, o di raccogliere fondi presso gli investitori americani con emissioni e vendite di azioni, senza aderire ad alcuni principi standard che regolamentano il mercato Usa. Anche colossi del calibro di Baidu e Alibaba, già quotati a Wall Street, non verrebbero risparmiati dal rischio di incorrere in uno STOP a eventuali operazioni di vendite di azioni.
Ancora, il delisting delle aziende cinesi verrebbe facilitato.
Come da iter, mancano il via libera della Camera dei Rappresentanti Usa e la firma di Trump affinché la proposta che è passato al Senato diventi operativa.
Nel frattempo, anche il Nasdaq sta preparando la sua rappresaglia contro il mondo corporate della Cina. In particolare, la piattaforma punterebbe a imporre alle società non americane – senza emanare dunque alcuna disposizione chiaramente anti-Cina – di raccogliere almeno $25 milioni con le operazioni di Ipo oppure il 25% del valore della loro capitalizzazione di mercato post listing.
La decisione sarebbe maturata successivamente allo scandalo contabile che ha travolto la cinese Luckin Coffee (LK.O), approdata sul mercato Usa con una operazione di Ipo all’inizio del 2019, costretta a rivelare lo scorso mese che, da una indagine interna, era emerso che il proprio direttore generale, insieme ad altri dipendenti, aveva manipolato i dati sulle vendite.
A seguito della rivelazione Luckin Coffee, che è la più grande catena di caffetterie in Cina, rivale dell’americana Starbucks, ha licenziato il suo AD e il suo direttore generale, oltre ad aver sospeso sei dipendenti a conoscenza delle manovre contabili. Il titolo del gruppo è stato sospeso lo scorso 7 aprile, in “attesa di ulteriori notizie richieste dal Nasdaq”.
La società ha comunicato poi ieri di aver ricevuto una notifica di delisting dal Nasdaq lo scorso 15 maggio ma, anche, che il titolo continuerà a essere scambiato fino a quando non arriverà la sentenza d’appello, che è attesa entro i prossimi 45 giorni. Ieri l’azione è tornata agli scambi, precipitando di oltre -35%.
Tornando al voto del Senato, l’American Securities Association, associazione che rappresenta società finanziarie Usa di piccola dimensione o regionali, si è detta favorevole alla proposta di legge passata al Senato affermando che, “per troppo tempo, società fraudolenti cinesi hanno avuto libero accesso ai mercati americani, sfruttando gli investitori americani. Ora è il momento di mettere al primo posto gli investitori americani e giocare alla pari”.