UniCredit: retroscena addio Mustier. Priorità ripulire banca con licenziamenti e tagli vari: visione troppo lontana da cda
Le tensioni con il board si sono intensificate sicuramente con la nomina dell’ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan alla carica di presidente di UniCredit: ma era parecchio che i rapporti tra Jean-Pierre Mustier, il ceo francese di UniCredit, e gli altri esponenti italiani del cda, non andavano più bene.
Il Financial Times rivela in un articolo i retroscena che hanno portato Mustier a buttare la spugna. Agli occhi del mondo, il banchiere rimane una star della finanza. D’altronde, se c’è una cosa che è riuscito a fare, è stato soprattutto ripulire UniCredit dalla zavorra degli NPL, crediti deteriorati.
Nell’ambito della sua priorità numero uno, ovvero quella di premiare gli azionisti, Mustier ha permesso a UniCredit di raccogliere 15 miliardi di euro attraverso la vendita di alcune divisioni di UniCredit: storica la vendita della precedente divisione di investimenti Pioneer ad Amundi, nel 2016, e altrettanto storico lo smobilizzo, della quota che Piazza Gae Aulenti deteneva in Fineco, piattaforma di di trading e società di online banking.
Il ceo Mustier ha anche chiuso centinaia di filiali, tagliando 20.000 posti di lavoro. Sono state queste mosse strategiche, scrive il Financial Times nell’articolo Why UniCredit’s Jean Pierre Mustier fell on his sword , a lacerare l’unione del board, allontanando le sue posizioni da quelle degli altri dirigenti. La cui priorità, sottolinea il quotidiano britannico, era invece quella di “proteggere i posti di lavoro e di mantenere aperte le filiali”.
Non solo: con la vendita di Pioneer e Fineco Mustier venne criticato per aver “svenduto i gioielli di famiglia”.
L’FT ripete: “Sotto la direzione di Mustier, UniCredit ha venduto business per un valore di 15 miliardi di euro; ha raccolto nuovo capitale per un valore di 13 miliardi e ha smobilizzato più di 50 miliardi di euro di NPL. La banca ha puntato sulla crescita internazionale, insistendo pubblicamente che non ci sarebbe stata alcuna operazione di M&A in Italia. Una strategia che è piaciuta agli investitori stranieri di UniCredit, ma che ha messo contro l’AD il board. E, dopo mesi di tensione, la videocall di domenica notte ha confermato – scrive l’FT – che il presidente designato Pier Carlo Padoan aveva per il futuro della banca una visione incompatibile” con quella perseguita fino a oggi.
Mr Padoan, ex ministro dell’Economia italiano, avrebbe infatti detto a Mustier secondo alcune fonti che, piuttosto che guardare al di fuori dell’Italia e tagliare i costi, UniCredit avrebbe dovuto concentrarsi sul suo proprio mercato domestico”. Sull’Italia, insomma.
“E’ stato chiaro come le differenze fossero diventate inconciliabili”, ha riferito all’FT una fonte della banca – Nessuna delle due parti ha mostrato l’intenzione di considerare la posizione dell’altra”.
Tra l’altro, il cda aveva già informato Mustier di aver ingaggiato la società Spencer Stuart con l’intento di iniziare a valutare la nomina di un nuovo amministratore delegato. Pomo della discordia, Mps o meno, era stata anche l’ostinazione del ceo a ribadire no a qualsiasi operazione di M&A, a fronte di alcuni esponenti del cda che avevano iniziato invece a scalpitare, dopo la notizia delle nozze ufficiali tra Intesa SanPaolo e Ubi Banca.
Lunedì sera, è così arrivato l’annuncio di Mustier, relativa alla sua decisione di lasciare alla scadenza del suo mandato.
Il resto è cronaca degli ultimi giorni, con le vendite sul titolo che hanno bruciato, in due sessioni, 2,5 miliardi di euro di capitalizzazione della banca: non è mancata la polemica targata Mps, con Mustier costretto a dire adieu per non aver voluto dire di sì alla mela avvelenata offertagli dal Tesoro, ovvero la banca senese di cui lo Stato Italiano è maggiore azionista con una quota del 68% (che non vede l’ora di cedere a qualcuno).
Gli analisti hanno snocciolato diversi giudizi: a colpire soprattutto quello di Mediobanca Securities, che ha paventato la trasformazione di UniCredit da banca predatrice a preda, mettendo in evidenza il paradosso relativo al rischio, orfana di Mustier, di incappare in qualche rete tesa dai francesi.
Calmatasi un po’ la tempesta, dopo il terremoto in Borsa, il titolo secondo gli analisti rimarrà nel limbo, in attesa che i mercati vengano informati di chi sarà l’uomo che sostituirà Mustier.
A tal proposito, il Financial Times ha scritto chiaro e tondo che, viste le priorità strategiche del cda, il successore di Mustier sarà quasi sicuramente un italiano.
Nel raccontare la storia di una frattura che pian piano si è fatta sempre più insanabile, il quotidiano britannico ha fatto riferimento anche alla proposta di Mustier di avviare uno spin off delle attività estere di UniCredit, per creare una subholding da quotare alla borsa di Francoforte.
Il risultato è che, nell’ultimo periodo, nel cda della banca erano rimasti davvero in pochi gli alleati dell’AD francese: “C’erano delle sfumature diverse, ma nessuno all’interno del board si è opposto al suo addio”.
E ora c’è qualcuno tra i 15 azionisti di UniCredit che così commenta: “Povero Mustier: è un banchiere molto bravo, ma in questa situazione, si è tirato la zappa sui piedi. La politica italiana non è un gioco facile e l’impressione è che alla fine la politica abbia prevalso sul buonsenso”.
Ieri un articolo de Il Sole 24 Ore ha commentato il crollo con la fuga dei fondi stranieri, ricordando che, con i soci storici quasi azzerati, due terzi del capitale sono in mano a investitori istituzionali esteri a cui non piace l’incertezza.
Il crollo del valore di mercato, pari a 2,5 miliardi di euro in due giorni, è stato superiore alla stessa capitalizzazione di Mps, fattore che ha portato il quotidiano di Confindustria a chiedersi se, per caso, ci sia stato qualche cambiamento nell’azionariato.
Che farà, per esempio, BlackRock?
Si attende la scelta del prossimo uomo al timone. Tra i tanti nomi che circolano sul mercato emergono quello di Victor Massiah, ex ceo di Ubi; di Fabio Gallia, ex ceo di Bnl; di Marco Morelli, ex numero uno di Mps, e di Marina Natale, ex Cfo di UniCredit e oggi a capo di Amco. Altro nome che circola, già presente nel board è quello di Diego De Giorgi, ex capo del Global investment banking di Merrill Lynch.
L’advisor valuterà con attenzione anche possibili candidature interne alla banca: si guarda in particolare a manager come Carlo Vivaldi, co-chief operating officer, Francesco Giordano, co-ceo del Commercial Banking Western Europe e Niccolò Ubertalli, ce-ceo Commercial Banking Eastern Europe.
Per Mustier, ricorda ancora l’FT, le cose sono andate bene fino a quando c’è stato l’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che ha rivestito la carica di presidente di UniCredit, e che è deceduto lo scorso anno. Saccomanni è stato descritto dai suoi ex colleghi come un uomo carismatico e diplomatico: “Era capace di tenere il board unito, mediando tra Mustier e gli altri”, ha detto un funzionario senior della banca.
Nel frattempo, nell’intento di chiarire la propria posizione, l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto al Financial Times che “la fonte dei contrasti non è stata Mps”. Padoan ha fatto altre precisazioni:
“La mia nomina non è stata politica e non ha avuto niente a che vedere con Mps, contrariamente a quanto riportato dai media”. Anche perchè, sottolinea il quotidiano UK, Mustier e il cda entro la giornata di domenica avevano concordato che un accordo con la banca senese sarebbe stato anche fattibile, purché con effetti neutrali sui costi di UniCredit”. Ma neanche quello, alla fine, è bastato.