Tesla: utili record per il terzo trimestre consecutivo, il colosso di Musk sfida con successo la crisi dei chip
Un anno fa ha vinto la sfida del Covid-19: quest’anno, se non vince, riesce a fare comunque molto meglio delle sue rivali nel bel mezzo della crisi globale dei chip: è Tesla, il colosso americano di auto elettriche fondato e gestito da Elon Musk, che ha sfornato un bilancio, relativo al terzo trimestre dell’anno, di tutto rispetto.
La trimestrale non è tutta rose e fiori, e questo lo si vede anche dalla performance del titolo, che ha puntato verso il basso nelle contrattazioni dell’afterhours di Wall Street.
Ma Tesla ha riportato un utile netto (GAAP) di $1,62 miliardi, sorpassando per la seconda volta la soglia di $1 miliardo, in deciso rialzo rispetto all’utile netto di $331 milioni del terzo trimestre del 2020, e al record per il terzo trimestre consecutivo.
L’EPS adjusted è stato pari a $1,86, meglio degli $1,59 attesi dal consensus di Refinitiv e anche degli $1,67 attesi dal consensus di Bloomberg. Sul fronte utili, Tesla ha fatto dunque meglio delle previsioni.
Il fatturato ha tuttavia deluso, pur salendo del 57% a $13,76 miliardi, livello anch’esso record ma inferiore – ma in termini relativi neanche di molto – rispetto ai $13,91 miliardi previsti dal consensus di Bloomberg.
Un’altra nota positiva è arrivata dal margine operativo, che è salito nel terzo trimestre al 14,6%, dall’11% del secondo trimestre e rispetto al 9,2% dello stesso periodo dell’anno scorso.
Nella lettera inviata agli azionisti, Tesla ha rimarcato soprattutto questo punto:
“Il nostro margine operativo ha raggiunto il record di sempre, in un momento in cui continuiamo a ridurre i costi a un ritmo più alto rispetto ai cali dei prezzi medi di vendita”.
In crescita anche i margini lordi del business automotive, che derivano dal core business di Tesla, ovvero dalla vendita dei veicoli elettrici: il parametro è salito dal 25,8% del secondo trimestre al 28,8%: c’è da dire che questo numero non tiene in considerazione l’impatto positivo dei crediti green che il gruppo vende ad altri produttori di auto; crediti che si sono attestati a $279 milioni nel trimestre, in flessione rispetto ai $397 milioni del terzo trimestre del 2020.
A livelli record anche le consegne di auto elettriche relative al periodo, i cui dati erano stati diramati già all’inizio di questo mese, quando Tesla aveva annunciato di aver consegnato più di 241.000 di auto elettriche nel mondo, valore più alto della sua storia a livello trimestrale. Il numero ha portato la quantità totale di auto consegnate dall’inizio dell’anno a 627.500 unità, già al di sopra delle consegne di quasi 500.000 veicoli che hanno interessato tutto il 2020.
A tal proposito, Tesla ha confermato la precedente guidance di una crescita media delle consegne, in un orizzonte pluriennale, e su base annua, pari a +50%.
Le consegne del terzo trimestre hanno visto protagonisti soprattutto i veicoli Model 3 e Model Y, che presentano prezzi più accessibili rispetto ad altri fiori all’occhiello del gruppo: insieme, questi modelli hanno inciso sulle consegne totali (241.000) per 232.000 unità. Tesla ha comunicato tra l’altro che il prezzo medio di vendita (ASP) dei suoi veicoli è sceso del 6% su base annua, “a causa del continuo spostamento del mix dei prodotti verso veicoli a prezzi più bassi”.
Impressionanti i risultati di Tesla, se si considera che l’intera industra globale dell’auto soffre la crisi dei chip, ovvero le conseguenze della scarsità, sul mercato, dei semiconduttori necessari alla produzione di veicoli.
Le consegne record di auto nel terzo trimestre, in crescita di oltre +70% su base annua, fanno impallidire i risultati di molti altri colossi dell’auto. General Motors per esempio, nel terzo trimestre, ha consegnato 446.997 veicoli, in calo del 32,8% su base annua, a causa degli effetti della crisi dei chip, che ha costretto il colosso a interrompere la produzione di alcuni suoi impianti; le vendite di American Honda sono scese del 10,9% su base annua, facendo peggio della flessione limitata a -6,7% attesa dagli analisti.
Non che Tesla sia rimasta del tutto illesa. Nella lettera agli azionisti si legge infatti che “diverse sfide, tra cui la carenza di semiconduttori, le congestioni nei porti e i blackout hanno condizionato – e continuano a farlo – la nostra abilità di garantire la velocità piena delle nostre fabbriche”. E, tuttavia, “noi riteniamo che la nostra catena di approvvigionamento, e i nuovi team di ingegneria e di produzione stiano gestendo queste sfide globali con ingegnosità, agilità e flessibilità senza paralleli nell’industria dell’auto”.
I risultati di bilancio lo dimostrano. E congratulazioni in questo senso erano arrivate nei giorni scorsi dallo stesso Herbert Diess, presidente di Volkswagen AG che, con un post su LinkedIn, aveva scritto: “Un esempio della velocità di Tesla: è riuscita a gestire la crisi dei chip molto bene”. La ragione? Così Diess: “Nell’arco di 2-3 settimane ha sviluppato un nuovo software che permette di utilizzare diversi chip. Impressionante”.
Se ne deve essere accorto anche il mercato, visto che il titolo Tesla nell’ultimo periodo ha continuato a salire, con una rimonta fino a $870,11, in crescita di quasi +55% rispetto al minimo dell’8 marzo, a quota $563. La rimonta ha reso Tesla la sesta società Usa più grande quotata in Borsa, ben avanti la holding di Warren Buffett, Berkshire Hathaway.
Rimane ottimista l’analista Daniel Ives di Wedbush, che giorni fa aveva scritto che “l’onda green” avrebbe portato l’azione “a valori più alti nonostante la crisi di breve termine dell’offerta di chip”. Per Ives la stessa pubblicazione del bilancio, avvenuta ieri, avrebbe rappresentato “un altro fattore positivo”.
In tutto questo c’è, tuttavia, un problema, messo in evidenza da un recente articolo di Bloomberg . Al momento il titolo Tesla è scambiato a un valore pari a 120 volte gli utili forward a 12 mesi: praticamente, TSLA è il titolo più costoso del NYSE+ FANG Index, che è composto anche da Nvidia, Alphabet, Apple, Twitter, Facebook, Amazon.com, Netflix Inc., Alibaba e Baidu. E questa non è proprio una buona notizia per Elon Musk.
Tra le altre voci di bilancio di Tesla che saranno particolarmente monitorate dagli investitori c’è quella relativa al Bitcoin che, nel terzo trimestre, è costata a Tesla una svalutazione di $51 milioni. Il colosso ha mantenuto invariato il suo investimento nella criptovaluta numero uno al mondo, al centro dei riflettori nelle ultime ore per il nuovo record, testato a un valore superiore ai 66.900 dollari, rispetto al precedente record pari a $64.899 di metà aprile.
La febbre sul Bitcoin è riesplosa per diversi fattori tra cui, senza alcuna ombra di dubbio, il lancio sul Nyse, due giorni fa, del primo ETF sul Bitcoin e i commenti bullish arrivati ieri dal trader leggendario Paul Tudor Jones.