Tassi e Fed: JP Morgan scommette ora su nove rialzi consecutivi. El-Erian presenta la minaccia più grande
Fed e tassi: gli economisti di JP Morgan hanno deciso di rivedere al rialzo le loro proiezioni sui tassi, prevedendo ora, in tutto il 2022 e fino al marzo del 2023, nove strette monetarie da parte di Jerome Powell & Co.
Pochi giorni fa erano stati gli economisti di Goldman Sachs ad adeguarsi al nuovo scenario, annunciando di stimare sette rialzi dei tassi (‘solo’ nell’anno in corso), così facendo allineandosi alla posizione di Bank of America).
L’outlook sulle prossime mosse della Federal Reserve sta diventando in generale più hawkish, come confermano anche i commenti di Mohammed El-Erian, presidente della Cambridge University del Queen’s College e responsabile consulente economico di Allianz che, sia in un articolo pubblicato sul Financial Times che in un’intervista rilasciata a nel corso dell’evento Yahoo Finance Live, ha lanciato diversi avvertimenti sulla direzione dei mercati (e anche dell’economia).
“Nel momento in cui l’acquirente più affidabile, con la sua stampante di soldi e una incredibile voglia di acquisti, esce dal mercato, avviene un cambiamento fondamentale nel mercato stesso. Dunque, non dovrebbe sorprendere il fatto che i prezzi delle azioni siano scesi, visto che ogni mese (con il tapering) $120 miliardi di acquisti di asset stanno scomparendo”.
Al quotidiano britannico El-Erian ha rimarcato che, con la Federal Reserve che combatte in ritardo contro una inflazione elevata e persistente, i mercati ora devono attraversare un cambiamento fondamentale che attiene al loro regime di liquidità. E questo non solo a fronte di tassi di interesse più alti, ma anche con una contrazione del bilancio della Fed, che vale 9 trilioni di dollari.
El-Erian: minaccia è rappresentata dalle aspettative sull’inflazione
In questo contesto, “le valutazioni delle azioni potrebbero essere più appetibili rispetto a qualche settimana fa, ma non hanno raggiunto ancora il livello di cui c’è bisogno per giustificare una eventuale decisione di riposizionarsi sull’azionario”. E poi c’è una minaccia che si concretizzando sempre di più: quella che riguarda non il valore reale dell’inflazione, ma le aspettative sull’inflazione.
“In un mondo perfetto – ha spiegato El-Erian – ci sarebbero persone che direbbero che questa inflazione è davvero transitoria, e che dunque non avvertirebbero il bisogno di cambiare il loro comportamento. Ma, dal momento che l’inflazione è rimasta alta per così tanto tempo, la gente sta modificando il proprio comportamento, chiedendo una compensazione, dunque salari più alti, mentre le aziende alzano i loro prezzi”.
Il pericolo, avverte l’economista, è rappresentato dalla possibilità che “le aziende continuino a stimare un aumento dei costi e, di conseguenza, alzino i prezzi che devono essere pagati dai consumatori”.
Insomma, “la fase davvero pericolosa ha a che fare con l’atteggiamento anticipatorio (praticamente, una sorta di profezia che si auto-avvera), che scatta quando la sensazione è che, al fine di proteggere il proprio potere di acquisto e i propri margini di profitto, bisogna proteggersi contro l’inflazione futura. Quanto la Fed può fare è evitare è che le aspettative sull’inflazione diventino il principale fattore che condiziona l’inflazione“.
“Non ci siamo ancora – ha rassicurato El-Erian – Ma se la Fed non sta attenta, ci arriveremo”.
Intanto gli economisti di JP Morgan hanno presentato il motivo per cui ora prevedono nove rialzi dei tassi consecutivi:
“Stimiamo ora che la Fed alzi i tassi di 25 punti base in ognuna delle prossimi nove riunioni, con i tassi che si avvicineranno al loro livello neutrale entro l’inizio dell’anno prossimo – ha scritto il team di ricerca della banca Usa, guidato dal capo economista Bruce Kasman.
D’altronde, i dati sull’inflazione di gennaio “hanno sorpreso al rialzo in modo significativo – hanno ricordato gli economisti – E ora non intravediamo più una decelerazione (dei prezzi) rispetto al ritmo record segnato nell’ultimo trimestre”.
Gli economisti di JP Morgan temono una spirale che continui ad auto-alimentarsi anche nel momento in cui l’intensità delle pressioni sui costi energetici si smorzerà: “Il rischio che le banche centrali cambino (politica monetaria) e percepiscano la necessità di rallentare la crescita, e il conseguente impatto sulle condizioni finanziarie globali, rappresentano ora la minaccia più significativa che incombe su un contesto globale che sarebbe altrimenti solido”.