Soldi parcheggiati nei conti correnti: l’appello alle banche di Abi, Messina (Intesa), Padoan (UniCredit) per mobilitare risparmi privati
In tempi di liquidità e conti correnti penalizzati, con rialzi dei canoni e chiusure anche degli ATM, hanno fatto riflettere le parole che Antonio Patuelli, numero uno dell’Abi, ha proferito nel corso dell’Assemblea annuale dell’Associazione bancaria italiana:
“Occorre promuovere una grande crescita economica e sociale con imponenti investimenti per un forte sviluppo sostenibile, utilizzando al meglio i fondi della UE e incentivando i risparmiatori italiani ad investire non solo in Titoli di Stato, ma anche in obbligazioni convertibili e in azioni di società“.
E ancora:
“È necessario incoraggiare i risparmiatori ad investire, distinguendo fiscalmente gli investimenti a medio e lungo termine dei “cassettisti”, che non debbono essere equiparati agli speculatori, ma incoraggiati ad investire con aliquote fiscali decrescenti in proporzione alla durata degli investimenti liberamente scelti. Questa riforma rafforzerebbe i risparmiatori, le imprese italiane, frequentemente gracili, e lo Stato”.
Patuelli ha fatto notare che “oggi il tasso medio di rendimento sui depositi in conto corrente è lo 0,03%, gravato dal 26% di imposte. Il gettito per lo Stato è irrilevante”. Se invece “i risparmi venissero fiscalmente agevolati, con aliquote progressivamente ridotte in proporzione alla durata degli investimenti, mediamente più redditizi dei depositi in conto corrente, l’aumento dei rendimenti remunererebbe maggiormente i risparmiatori e lo Stato”.
Risparmiatori e banche hanno recepito il messaggio, ribadito nelle ultime settimane da più parti: fare in modo che quella liquidità che ristagna nei conti correnti delle banche e che si è gonfiata in modo notevole durante la crisi della pandemia Covid-19 venga incanalatain strumenti di investimenti: non solo nei classici BTP, ma anche, per l’appunto, in azioni e obbligazioni convertibili.
Qualcuno avrà storto il naso, viste le varie novità anti-risparmio che hanno interessato banche e istituzioni finanziarie dall’inizio dell’anno e che hanno visto protagoniste UniCredit, Fineco, ING con addiritttura addio al contante in Italia e chiusura di tutti gli ATM e Widiba con rincari fin oltre +100%.
Sulla necessità di impiegare attivamente il risparmio ha parlato qualche giorno fa anche il numero uno di Intesa SanPaolo, Carlo Messina.
Intervenendo al B20-G20 Dialogue on Finance & Infrastructure ‘Accelerating sustainable and inclusive growth’, Messina si è così espresso:
“Crediamo che la vera discontinuità per i prossimi anni sia di individuare soluzioni di investimento e finanziamento in grado di mobilitare fondi pubblici e risparmi privati, lavorando in sinergia per creare un impatto reale”. Ancora, “i governi devono creare il quadro e gli incentivi affinché il settore privato si adatti e agisca per l’impatto sull’ambiente e sulla società nel suo complesso”.
Il discorso di Messina è stato ripreso dal quotidiano Il Messaggero, laddove il ceo ha detto che “le banche e i governi potrebbero lanciare fondi d’impatto specializzati per mobilitare il risparmio privato verso gli investimenti”, ricordando che “la vera sfida per tutti noi è rendere questa ripresa solida, inclusiva e sostenibile per almeno dieci anni”. A tal proposito, occhio alla nota di Equita di qualche settimana fa che ha messo in evidenza come, dal roadshow della banca, sia emerso che Carlo Messina & Co siano focalizzati sulla conversione dei depositi in raccolta indiretta, che ad oggi i clienti della banca hanno circa 80 miliardi di euro di liquidità parcheggiata in deposito e che l’obiettivo è di trasformarne almeno 20 miliardi in AUM entro fine anno.
Padoan (UniCredit): banche hanno un compito di allocazione
Idem l’appello dell’ex ministro dell’Economia e ora presidente di UniCredit Pier Carlo Padoan che, intervenendo al convegno “Motor Valley Accelerator Event” promosso al Motor Valley Fest di Modena, stando a quanto riportato da Askanews lo scorso 2 luglio, ha detto che “questa volta, rispetto per esempio alla crisi finanziaria di dieci anni fa, le banche invece di essere parte del problema sono parte della soluzione”. Tanto che ora “hanno un grande compito, che è quello di trasformare una notevole quantità di risparmi che sappiamo essersi accumulata nei depositi dei conti correnti in investimenti”. Insomma, bisogna “fare in modo che questa ricchezza che per adesso è lasciata decantare in un conto corrente elettronico, si trasformi in qualcosa che dura nel tempo. Per usare un termine caro agli economisti: le banche hanno un compito di allocazione, devono indirizzare questa enorme ricchezza verso impieghi produttivi che rendono la crescita sostenibile”.
Sulla stessa linea il ministro dell’Economia del governo Draghi Daniele Franco che, intervenuto anche lui al B20-G20 Dialogue on Finance & Infrastructure ‘Accelerating sustainable and inclusive growth’, ha detto chiaramente che “possiamo guardare con cauto ottimismo al futuro”.
Ma, anche, che “i governi non possono fare tutto da soli, è necessario il concorso di investitori privati e del mercato”. E che, nella giornata di ieri, sempre in occasione dell’assemblea annuale dell’Abi ha detto che, per il successo del piano di ripresa Pnrr, “contiamo sul ruolo attivo delle banche” visto che, invece di rappresentare un problema come era successo nella crisi finanziaria del 2007-8, hanno aiutato l’economia anche grazie anche alla loro “maggiore solidità patrimoniale”.
Tutte queste dichiarazioni stanno facendo pensare a una sorta di crociata contro il risparmio e contro la liquidità, contro i depositi che sono lì, parcheggiati presso i conti delle banche, che rendono poco e costano molto alle banche, anche se si deve precisare che, al di là degli obiettivi di business di Intesa SanPaolo, le ultime dichiarazioni di Messina e di Padoan hanno puntato soprattutto al ruolo di assist all’economia reale che le banche ricoprono.
In generale, riguardo a quella che sembra una guerra contro la liquidità, una spiegazione esauriente del fenomeno in atto è stata data da Giuseppe Castagna, numero uno di Banco BPM, che ha constatato la realtà dei fatti:
“lasciare i soldi su conto corrente non conviene molto”, perchè è vero che le banche ci perdono, ma il risparmiatore non ci guadagna, perché comunque prende zero e rischia semplicemente con il tempo di vedere depapeurato il potere di acquisto”.