Risparmio gestito in fermento. Intesa SanPaolo punta i fari su Fineco?
Crescere nel risparmio gestito, in un momento in cui, soprattutto in Italia, di risparmi ce sono molti, secondo qualcuno fin troppi. Sarebbe questa la prossima sfida delle banche italiane, stando a un articolo pubblicato sull’inserto L’Economia del Corriere della Sera.
In un contesto di “tassi negativi destinati a durare a lungo”, le banche vanno a caccia ovviamente di altre fonti di redditività. Per questo, “il settore bancario si sta posizionando sempre di più su settori a maggiore redditività e flussi stabili come la gestione patrimoniale, il private banking e le assicurazioni“.
Gigante italiano del settore, si ricorda, è Generali, in testa nel risparmio gestito con un patrimonio di più di 544 miliardi e una quota di mercato superiore al 23%. Ma le banche si stanno da fare per sfidare il Leone di Trieste: sicuramente si sta dando da fare Intesa SanPaolo di Carlo Messina, che ha fatto decisi passi in avanti, con 508 miliardi e quasi il 22% del mercato a seguito dell’operazione Pramerica.
L’accordo con Prudential ha permesso alla banca italiana di acquisire anche la quota rimanente del 35% della Sgr e di consolidare così la propria posizione nel risparmio gestito. Ma Intesa potrebbe puntare ancora più in alto e mettere gli occhi, per esempio, su Fineco (tra l’altro reduce dalla raccolta migliore di sempre).
“Alcuni analisti ritengono che (Fineco) potrebbe essere oggetto di attenzioni proprio da parte di Intesa. Anzi secondo alcune indiscrezioni il dossier Fineco era già stato un anno fa sul tavolo dei vertici della banca ma, dopo attento esame, si è preferito puntare su Ubi”, si legge nell’articolo de L’Economia. Articolo che punta i fari anche su Mediobanca che, chissà, potrebbe decidere di puntare su un’altra stella dei risparmio gestito. Magari Azimut, di cui si era parlato in passato?
Tra le società italiane dell’asset management, ricordiamo, c’è anche Anima, sebbene sia Fineco il gruppo considerato “preda più ambita”.
E intanto qualcuno suona la sveglia per UniCredit, occupata in questo momento su più fronti, in primis sulla scelta del ceo che inaugurerà una nuova era dopo quella di Jean-Pierre Mustier.
“UniCredit il tempo sta scadendo”, segnala un altro articolo de Il Corriere dell’Economia, ricordando come il titolo in Borsa stia scontando l’incognita AD: dopo aver testato lo scorso 25 novembre il massimo dal marzo del 2020, a quota 9,426 euro, l’azione è caduta fino a 8,898 euro nei giorni successivi alla decisione di Jean-Pierre Mustier di rassegnare le dimissioni, fino a cedere a 7,714 euro venerdì scorso: con un valore di mercato che ha perso praticamente da quel 25 novembre 3,8 miliardi di euro.
Il destino di UniCredit dipenderà dal volto del nuovo ceo – negli ultimi giorni si è fatto molto il nome di Andrea Orcel , che solleverebbe tuttavia anche qualche dubbio – , che determinerà di conseguenza anche il fato di Mps. Le nozze sono tutt’altro che scontate, se si considera che tra gli azionisti di UniCredit emerge la contrarietà di Leonardo Del Vecchio e delle Fondazioni al matrimonio voluto dal Tesoro con la banca senese.