Risiko bancario: Mps, perchè per Equita lo “scenario aggregativo è ancora molto teorico”
Nelle ultime settimane Mps è stata al centro dei riflettori per diverse notizie. Tra le più rilevanti, l’operazione con Amco per il progetto della cosiddetta bad bank. Un’operazione che prevede la scissione di circa 8 miliardi di crediti deteriorati (59% Npl e 41% Utp) e che secondo gli analisti di Equita “comporta una significativa pulizia dell’attivo di Mps e ne aumenta l’appeal speculativo in quanto favorirebbe un possibile scenario di aggregazione”.
Proprio oggi Equita è tornata sul titolo Mps, fornendo un aggiornamento dopo l’operazione con Amco sui crediti deteriorati In particolare, gli esperti hanno confermato la raccomandazione hold sulla banca senese, ma hanno ritoccato verso l’altro il prezzo obiettivo che sale da 1,3 a 1,6 euro, “per incorporare i maggiori utili, in parte compensati dalla più debole capital structure”, spiega il broker nel report odierno. Intanto a Piazza Affari Mps si mette in luce, mostrando un rialzo di oltre il 3% a 1,567 euro (vicino al target price fissato da Equita).
I tre effetti del deal Amco
Soffermandosi, in particolare, sul deal con Amco Equita ricorda che prevede la scissione di un portafoglio di 8,1 miliardi di euro con contribuzione di circa 1,1 miliardi di patrimonio da parte di Mps, con tre effetti. Il primo riguarda l’Npe che scende dal 13% al 4,3% (secondo livello più basso sul mercato in Italia e non lontano dalla media europea del 3,3%) e miglioramento del Texas ratio da 79% a 24% (media banche italiane quotate ex Mps 46%). Secondo punto, la riduzione dello stock di Npe “ha effetti diretti – spiegano da Equita – anche sulla redditività, perché scende il contributo di questa asset class ai ricavi ma anche l’aggravio in termini di rettifiche su crediti. “In base alle guidance della società infatti lo stock di Npe pre-cessione spiega il 25% / 30% delle rettifiche su crediti annue”, aggiungono gli esperti che stimano una riduzione del 4% nel periodo 2020-2022 sul net interest income più che compensata da un calo di 11 punti base in media del costo del credito (da 94 a 84 punti base), con un effetto positivo di 232 milioni di maggiori utili cumulati nei prossimi due anni. Il terzo punto riguarda, infine, la contribuzione di patrimonio (1,1 miliardi) relativa al portafoglio ceduto comporta una riduzione del Cet1 fully phased di circa 160 punti base a 10,3% (phased-in 12%).
Deal sì deal no? Scenario aggregativo molto teorico
L’analista precisa che “il deconsolidamento degli Npe da un lato agevola una business combination visto che in caso di M&A con una controparte domestica Mps può `deflazionare` il ratio della controparte”, ma sostiene al tempo stesso che “lo scenario aggregativo sia ancora molto teorico perché con il Cet1 preCovid19 a 10,3%, la banca aggregatrice vedrebbe diluire il proprio indice (ad esempio Banco Bpm o Ubi avrebbero bisogno di almeno 1 miliardi di euro di pre-oneri di ristrutturazione per ripristinare il capitale pre-deal”. Inoltre, “con la copertura dei rischi legali totali fra le più alte di sistema (circa il 10%), l’entità assoluta per 4,8 miliardi può scoraggiare un teorico acquirente”.
Le promesse di Gualtieri sull’uscita
Intanto meno di 24 ore fa il ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, ha confermato che le tempistiche sull’uscita del Tesoro dal capitale di Mps (attualmente il Mef ha una quota pari al (68,25% nella banca di Siena) verranno rispettate. Nel corso di una intervista a Bloomberg Television il ministro ha ribadito che avverrà entro fine 2021, in linea con gli accordi presi con le autorità europee.