Pil pagherà seconda ondata Covid anche in 2021. Ma Bce e Next Generation EU blinderanno l’Italia (e i BTP)
Centro studi Confindustria: “Il forte rimbalzo nel 3° trimestre (+15,9%) ha sostenuto il PIL italiano di quest’anno, ma la seconda ondata di epidemia da fine estate e le restrizioni per arginarla fanno stimare un nuovo calo nel 4°. Ciò causerà un ‘trascinamento’ statistico peggiore al 2021, che parte più basso. Il risultato, nelle variazioni annue, è una minore caduta nel 2020, ma meno rimbalzo l’anno prossimo“. Prometeia: “L’economia italiana ha mostrato una buona resilienza, anche più delle previsioni, nel terzo trimestre 2020. A influire positivamente la politica fiscale, che ha sostenuto i redditi, e quella monetaria comune che ha rafforzato il credito. Ma la seconda ondata porterà con sè un lascito non trascurabile nel 2021. Per questo, e per le difficoltà di implementazione dei fondi del Next Generation EU, Prometeia ha ridotto la stima per il 2021: il rimbalzo sarà del +4,8% (e non del +6,2% stimato a settembre)”.
“La pandemia chiude male il 2020 e zavorra il 2021. Servizi di nuovo in rosso, regge a fatica l’industria”. Così il Centro studi di Confindustria riassume nel titolo il report di dicembre Congiuntura Flash, che presenta l’ennesimo quadro desolante dell’economia italiana, martoriata dalla seconda ondata del coronavirus e dalle misure di lockdown introdotte per frenare la pandemia.
I consumi, si rileva, sono frenati dalla maggiore propensione al risparmio: “A ottobre-novembre l’indagine sulla fiducia delle famiglie suggerisce un nuovo aumento del risparmio, dato il peggioramento dell’epidemia.
Il report mette in evidenza anche che gli occupati in Italia “sono in leggera flessione in ottobre (-0,1%), dopo la breve ripresa in luglio-agosto e lo stop già a settembre”.
Inoltre, “nei servizi si è registrata una nuova flessione a novembre (PMI a 39,4), sebbene meno marcata di quella di marzo-aprile; ciò a causa dell’impatto sulla domanda delle restrizioni alla mobilità e anche per le chiusure parziali di alcuni settori, molti legati al turismo. Nell’industria, invece, il PMI (51,5) indica una frenata, ma ancora in territorio positivo; la produzione, però, sembra aver già invertito la rotta (-2,3% a novembre e -6,3% dal livello pre-Covid, stime CSC)”.
Cadono anche le esportazioni: “L’export italiano di beni registra il primo calo in ottobre (-1,3%), dopo cinque mesi di risalita, tornando a -4,6% da febbraio, in linea con l’export tedesco. Lo stop delle vendite italiane riguarda sia il mercato UE che extra-UE, con forti eterogeneità: ancora in recupero in Germania e Cina, giù invece in Francia, Spagna, UK, USA. Peggiora lo scenario per fine anno, come segnala la discesa degli ordini esteri del PMI manifatturiero a novembre (49,6); pesano le nuove misure anti-Covid, specie in Europa, che frenano la domanda di beni e generano strozzature nelle catene globali del valore”.
A crescere è invece “il credito bancario alle imprese” che, nel mese di ottobre, “ha accelerato al +7,4% annuo, spinto dai prestiti per liquidità con garanzie pubbliche, arrivati a circa 120 miliardi”.
Detto questo, “senza un solido recupero di fatturato, in molti settori ciò accresce troppo il peso del debito e degli oneri finanziari, prosciugando le risorse interne e mettendo a rischio gli investimenti anche per il 2021″.
Guardando all’intera area euro, il Centro studi di Confindustria conferma la recessione dell’Eurozona:
“A fine anno l’economia dell’area-euro è in progressivo deterioramento. Alla significativa contrazione dei servizi (PMI a 41,7) si è sommata a novembre la frenata del manifatturiero (PMI a 53,8, un punto in meno da ottobre), la cui produzione è attesa in flessione nel 1° trimestre 2021 per carenza di domanda. Con la forte riduzione delle ore lavorate, infatti, i consumatori si attendono nei prossimi mesi un peggioramento della propria situazione finanziaria, che induce a rinviare la spesa”.
Anche l’analisi di Prometeia presenta uno scenario preoccupante, accanto alla speranza rappresentata però dai fondi europei del Recovery Fund-Next Generation EU. Tuttavia l’attività economica italiana “dovrebbe riprendere in misura più sostenuta” soltanto “a partire dall’estate dell’anno prossimo” e proprio grazie, anche, “all’arrivo dei primi fondi del Next Generation EU”.
Nel suo rapporto “Dai fondi europei una spinta da 1,2 punti di Pil. Ma servono le riforme strutturali”, Prometeia ricorda che “sull’utilizzo efficace ed efficiente dei 209 miliardi a disposizione si gioca la sfida principale dei prossimi anni” in una situazione in cui l’effetto di questa seconda ondata della pandemia si trascinerà, come è emerso dalla Congiuntura Flash del Centro studi di Confindustria, anche nel 2021. Motivo per cui Prometeia, che prevede per il 2020 una caduta del Pil pari a -9,1%, taglia le previsioni sul Pil del 2021 al tasso di crescita +4,8% (rispetto al +6,2% stimato a settembre). Non solo per la seconda ondata ondata Covid che, certo, “lporterà con sè un lascito non trascurabile nel 2021”, ma ANCHE “per le difficoltà di implementazione dei fondi del Next Generation EU”.
La società di consulenza prevede dunque qualche difficoltà nel modo con cui l’Italia utilizzerà i fondi che a essa sono stati assegnati grazie all’ok al Recovery Fund-Next Generation EU: 209 miliardi , con i primi 24,9 miliardi che verranno utilizzati l’anno prossimo.
Il come questi fondi saranno investiti sarà di fondamentale importanza per il futuro del paese:
“Da un lato, i progetti di investimento devono puntare a superare i limiti strutturali che hanno frenato la crescita potenziale dell’Italia, a partire dalla produttività. Dall’altro – avvertono gli esperti di Prometeia -è fondamentale l’implementazione. Secondo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza gli investimenti pubblici arriveranno nel 2023 al 3,4% del Pil rispetto al 2,2% degli ultimi anni: è richiesto uno sforzo straordinario alle amministrazioni pubbliche, nazionali e locali, per portare a termine i progetti”.
Prometeia prevede una realizzazione dell’80% rispetto ai programmi, dunque non totale. Sull’effetto del Next Generation EU sul Pil, l’outlook è di “un impulso alla crescita di 0,3 punti percentuali nel 2021, con un impatto positivo cumulato di 1,2 punti percentuali sul Pil dell’Italia a fine 2023 (mezzo punto in meno di quanto stimato a settembre). Se infatti le nuove informazioni ci portano a rivedere leggermente le nostre ipotesi di partenza, allineando il totale delle spese aggiuntive a 120 miliardi di euro (20 miliardi in più rispetto a quanto avessimo ipotizzato in precedenza), è però diversa la composizione: non tutte le spese aggiuntive andranno a investimenti, che pur continuano a essere privilegiati. Di conseguenza, gli effetti moltiplicativi saranno inferiori“.
Sia dal rapporto del CS di Confindustria che da Prometeia viene fuori un dato di fatto innegabile: quelli che un tempo rappresentavano il vero tallone d’Achille dell’Italia (i tassi sui BTP) sono diventati il punto di forza su cui far leva per tornare a crescere.
Difficilmente l’Italia, soprattutto con il suo debito monstre, riuscirà ad assistere a tassi tanto bassi, insieme alla manna in arrivo dall’Europa sotto forma di fondi del Recovery Fund.
Confindustria fa notare che “i tassi sovrani in Italia sono ai minimi storici (0,55% il BTP decennale a dicembre)” e, anche, che “lo spread sulla Germania è basso, sotto i valori di inizio 2018 (+1,13%). Dati molto positivi, grazie agli acquisti BCE ‘anti-pandemia’ di titoli di Eurolandia, già arrivati a 718 miliardi sui 1.350 messi in cantiere. A dicembre Francoforte li ha ampliati di 500 miliardi, prolungandoli fino a marzo 2022″.
Il riferimento è al potenziamento del programma del QE pandemico PEPP annunciato nell’ultima riunione della Bce di dicembre, lo scorso 10 dicembre. Sempre grazie all’opera salvifica della Bce, Prometeia stima che lo spread BTP-Bund dovrebbe restare sugli attuali livelli, attorno ai 120 punti base per tutto il 2021, per poi scendere fino a sotto quota 100 a metà 2023″. Questo, grazie al mix di aiuti che arriveranno all’Italia sia dalla Bce che con il Next Generation EU:
“La Bce ha indicato la possibilità di tempi più lunghi per uscire dall’attuale crisi e la necessità di potenziare gli strumenti a sostegno dell’economia per garantire il funzionamento dei mercati finanziari: l’estensione del Pepp, maggiore di quanto previsto a settembre, e il conseguente allungamento del reinvestimento di titoli fino a fine 2023 – scrivono gli esperti di Prometeia – garantiranno condizioni favorevoli straordinarie per tutto l’orizzonte di previsione. Il supporto proveniente dai fondi europei fornirà un ulteriore elemento di assicurazione sui mercati e l’effetto espansivo sulla crescita esteso su più anni metteranno in secondo piano, per il momento, i rischi associati alla forte crescita dell’indebitamento pubblico“.
La stessa Prometeia scrive, a proposito dei conti pubblici del made in Italy, che “il debito pubblico, dopo il picco al 159% del Pil nel 2021 (ben 24 punti percentuali in più rispetto al 2019), calerà al 155% nel 2023, senza tuttavia pressioni sul finanziamento: l’aumento di debito sarebbe infatti integralmente coperto dagli acquisti netti della Bce, soprattutto, e dall’accesso ai prestiti europei, per cui il livello del debito collocato sul mercato privato registrerebbe addirittura una leggera diminuzione nei livelli nominali rispetto al 2019. Condizioni che, insieme all’allungamento della vita media perseguito, si riflettono nel costo medio del debito, che risulterebbe in progressiva riduzione verso il 2%. Il deficit/Pil quest’anno si assesterà oltre l’11%, per poi scendere all’8% nel 2021 e chiudere in media al 5% nel 2022-2023″.
L’Italia, ancora una volta, sarà blindata insomma dall’assist della Bce, forte anche degli aiuti in arrivo all’Europa. Una occasione davvero unica. Soprattutto con un debito del genere.