Piazza Affari: il Covid colpisce soprattutto le quotate industriali, manifattura mai così male da 30 anni
Valore di borsa, ricavi e utili, dividendi. La pandemia del Covid-19 ha colpito tutti gli indicatori delle società industriali e di servizi quotate sul Ftse Mib. A fare il punto della situazione degli effetti è stata l’area studi di Mediobanca, che ha analizzato l’impatto della pandemia sui bilanci del primo trimestre 2020 di 25 società industriali e di servizi appartenenti all’indice principale di Piazza Affari. Si tratta di 13 società a controllo privato e 12 società a controllo pubblico, 16 manifatturiere, 6 energetiche/utilities, 2 di servizi e 1 petrolifera.
Uno specchio dell’economia italiana, che rischia una perdita corrispondente al Pil del Veneto, con un calo del 5,2% nel solo primo trimestre del 2020. Si tratta della crisi peggiore dal dopoguerra: negli anni 1943-1945 il Pil dell’Italia è crollato mediamente del 15% l’anno. Il Fondo monetario internazionale prevede per il 2020 un Pil italiano in calo del -9,1%, il peggior crollo dopo gli anni 1943-1945.
In fumo 83 miliardi di capitalizzazione, il petrolifero registra il calo più netto
Le 25 società industriali e di servizi quotate sull’indice Ftse Mib rappresentano, a fine marzo 2020, il 76% della capitalizzazione complessiva (sono escluse banche e assicurazioni), per un valore di Borsa totale di 288 miliardi di euro. Nel primo trimestre del 2020 la loro capitalizzazione si è ridotta del -22,4%, con una perdita di 83 miliardi.
Per quanto riguarda i settori, le società del comparto energia/utilities hanno registrato il calo inferiore (-10,6% nel primo trimestre 2020), mentre il petrolifero, rappresentato da Eni, ha subito la frenata più netta (-34,8%), seguito dai servizi (-28,1%) e dalla manifattura (-25,8%). In generale i primi tre mesi del 2020 hanno segnato una diminuzione del valore di Borsa per tutte le società, ad eccezione delle sole Recordati (+2,1%) e DiaSorin (+1,9%). Mentre Fiat Chrysler Automobiles (-50,2%), CNH Industrial (-49%) e Saipem (-48%) sono invece i titoli con la maggior flessione.
Fatturati in calo per tutti i settori, solo i servizi evitano flessione a doppia cifra
Rispetto al primo trimestre del 2019, le società analizzate hanno perso complessivamente ricavi per quasi 14 miliardi di euro, vale a dire il -13,7%. Tra i settori, i servizi hanno registrato il minore calo, con una flessione a singola cifra (-8,8%), seguiti dalle energetiche/utilities (-10,5%), mentre il petrolifero con Eni (-25,2%) e la manifattura (-11,8%) riportano le maggiori perdite di fatturato. Tra le società brillano
Recordati (+12%), Snam (+8,1%) e Stm (+7,4%).
Guardando al risultato netto, per le società del Ftse Mib il primo trimestre 2020 si è chiuso in rosso, segnando una perdita netta di quasi 8 miliardi. Petrolifero e manifattura i comparti più in difficoltà. Bene, invece, i servizi e l’energia/utilities. Da segnalare Tim con un utile più che triplicato (determinato in massima parte dalla plusvalenza sulla cessione del 4,3% di Inwit), Recordati (+20,7%) e Stm (+8%).
Per quanto riguarda i dividendi, nel 2020 ne verranno distribuiti complessivamente oltre 900 milioni in meno (-7,2%) rispetto al 2019. La riduzione riguarderà soltanto i gruppi privati (-1,6 mld), mentre aumenteranno leggermente i dividendi distribuiti dai gruppi pubblici (+0,7 mld).
Manifattura paga un tributo pesante al Covid-19, mai così male da almeno 30 anni
La pandemia da Covid-19 ha prodotto una crisi economica senza precedenti che si è abbattuta con violenza anche sulla grande manifattura italiana quotata sul Ftse Mib e che opera sul territorio nazionale con 101 grandi stabilimenti (51 al Nord, 23 al Centro, 22 al Sud e 5 nelle Isole). Una crisi che non sorprende: tra tutti i settori, il manifatturiero è stato il più penalizzato dal lockdown, con il 59% delle aziende costrette alla sospensioen delle attività (contro il 37% dei servizi). Il calo del fatturato avvenuto nel primo trimestre 2020 (-11,8%) è il peggiore degli ultimi 30 anni.