Outlook oro tra acquisti ETF, COVID, Fed, transizione energetica. Fate attenzione ai tassi di interesse reali
Oro osservato speciale, ostaggio della Federal Reserve e del discorso che il presidente Jerome Powell proferirà in occasione dell’evento che si svolge ogni anno di Jackson Hole, quest’anno rigorosamente in webcast, vista l’emergenza coronavirus. Le quotazioni del contratto spot oscillano attorno a $1941,43, dopo il forte balzo della vigilia, mentre i futures sull’oro rallentano attorno a $1.949,50. Cosa aspettarci dal bene rifugio per eccellenza?
Benjamin Louvet, Commodities Portfolio Manager di Ofi Asset Management, ritiene che la risposta di quanto margine di rialzo l’oro abbia ancora è nei tassi di interesse reali:
“Il prezzo di un’oncia d’oro ha recentemente registrato il suo nuovo record storico, sostenuto dalla domanda finanziaria e dal quadro macroeconomico. Ma quante sono le possibilità che questo continui a crescere nei prossimi mesi, ora che ha raggiunto quota 2.000 dollari l’oncia? – si chiede e chiede Louvet -La crisi del Covid-19 ha completamente destabilizzato il mercato fisico dell’oro, a partire dalla considerevole disruption che l’infrastruttura del mercato stesso ha affrontato. Alcune delle maggiori raffinerie a livello mondiale hanno dovuto chiudere per alcune settimane, riducendo l’ammontare di oro disponibile. Si pensi che le società svizzere non avevano mai interrotto la loro attività prima d’ora, nemmeno durante la guerra!”.
“Inoltre – si legge ancora nella nota dell’esperto di commodities – il commercio di questo prezioso metallo è stato colpito anche dallo stop al traffico aereo. Con gli aerei costretti a terra, trasportare i metalli preziosi in tutto il mondo è diventato impossibile, e questo ha creato squilibri in alcune nazioni. La recente crisi sanitaria globale ha però interessato negativamente anche il lato della domanda. I dati pubblicati dal World Gold Council mostrano una flessione del 6% anno su anno nel primo semestre del 2020, ma questa percentuale nasconde differenze notevoli. Il settore della gioielleria, che rappresenta il maggior utilizzatore di oro, ha visto un calo del 50% nel primo semestre. I due maggiori mercati del mondo, India e Cina, hanno registrato le riduzioni più accentuate, rispettivamente del 60% (minimo storico) e del 52% (livello minimo dal 2007). L’acquisto dell’oro è stato frenato anche dal lockdown, che gran parte della popolazione mondiale ha dovuto affrontare, e dal calo del reddito sperimentato da molte persone. La domanda industriale ha registrato un calo per le stesse ragioni, anche se molto meno pronunciato (-13%). Infine, si è ridotta la domanda anche da parte delle banche centrali. Tutte queste flessioni sono state in larga misura compensate da una crescita degli acquisti di ETF basati sull’oro. Grazie a una crescita delle posizioni di circa 734 tonnellate dall’inizio dell’anno, la quantità di oro detenuta dagli ETF è cresciuta più nei primi 6 mesi del 2020 che in qualsiasi anno solare da quando questi prodotti sono stati creati”.
Louvet fa notare, riguardo ai fondamentali del mercato dell’oro, che sia la domanda che l’offerta di oro sono scese di 6 punti percentuali, “un aspetto importante da tenere in considerazione”, visto che “il fatto che anche la produzione sia scesa durante questo periodo di scarsa domanda ha fatto in modo che non si venissero a creare grandi scorte, il che significa che il prezzo dovrebbe recuperare molto più velocemente, una volta che i consumi riprenderanno”.
Sull’atteggiamento degli investitori, questi “hanno ritrovato interesse nell’oro negli ultimi anni per via dei bassi tassi d’interesse. Il fatto però è che l’oro non è un bene che porta rendimenti, quindi è finanziariamente attraente solo in relazione con altre asset class che invece i generano rendimenti. Oggi una larga parte di titoli di stato e una percentuale crescente di obbligazioni societarie sono entrate nel territorio dei rendimenti negativi. Con circa 16mila miliardi di dollari di asset che attualmente offrono tassi d’interesse negativi, l’oro è dunque tornato in voga tra gli investitori. Un fattore importante da sottolineare è che la performance dell’oro è inversamente proporzionale a quella dei tassi di interesse reali. Oggi, il prezzo dell’oro a circa 2.000 dollari l’oncia è coerente con gli attuali livelli dei tassi di interesse reali. Dunque, per determinare se il metallo giallo abbia ancora potenziale di rialzo, è importante capire se i tassi di interesse reali continueranno a scendere”
Di qui, il conseguente scenario che viene presentato dal gestore di Ofi Asset Management:
“Quando si cerca di determinare le probabilità che i tassi d’interesse crescano, è importante tenere in considerazione innanzitutto i livelli del debito sovrano. Le maggiori economie mondiali avevano già livelli di indebitamento piuttosto elevati prima che scoppiasse l’attuale crisi sanitaria, la quale ha a sua volta costretto i governi interventi di sostegno dei loro sistemi economici, esasperando ulteriormente la situazione. Gli Stati Uniti, ad esempio, dovrebbero uscire da questa crisi nel 2021 con un rapporto debito/Pil attorno al 130%. Per capirci, per una nazione con un rapporto debito/Pil del 100%, un aumento del tasso d’interesse dell’1% comporterebbe un aumento della spesa in interessi pari all’1% del Pil. Ne consegue che la possibilità di assistere a una crescita dei tassi d’interesse sembra molto remota, con le maggiori economie mondiali così profondamente indebitate”.
“I tassi di interesse dovranno necessariamente restare bassi – fa notare Louvet – E l’inflazione? Come abbiamo visto durante la crisi del 2008, non è detto sia destinata a salire in presenza di politiche economiche estremamente accomodanti; data l’insufficiente domanda di credito, la liquidità iniettata nel sistema economico dalla Fed rimase all’interno del sistema finanziario, senza raggiungere l’economia reale e tenendo i prezzi sotto controllo.Tuttavia, quest’ultima crisi potrebbe avere effetti differenti. Oltre alle politiche monetarie accomodanti, per combattere la pandemia sono state prese numerose misure di stimolo economico e fiscale. Molte di queste iniziative hanno iniettato liquidità direttamente nell’economia reale, quindi il loro potenziale inflazionistico è molto maggiore”.
“C’è poi un altro fattore che potrebbe far aumentare l’inflazione – continua l’esperto – e che spesso non viene preso in considerazione: la transizione energetica. Se dobbiamo velocemente sbarazzarci della nostra dipendenza dai combustibili fossili, dobbiamo rapidamente passare da fonti di energia “dense” (1 litro di petrolio produce un quantitativo di energia pari a quello di 100 chili di batterie) a fonti più diffuse e spesso intermittenti. Questo si traduce in costi più alti dovuti alla natura più imprevedibile della produzione di energie rinnovabili. Tutti questi elementi combinati rendono l’inflazione un’eventualità molto più probabile nei prossimi mesi rispetto alla crisi finanziaria del 2008. Data la stretta e inversa correlazione tra prezzo dell’oro e livello dei tassi d’interesse reali, un aumento dell’inflazione (nonostante la Fed abbia suggerito di voler tenere i tassi nominali bassi per qualche tempo) potrebbe spingere il prezzo dell’oro a livelli ancora più alti.
“Riteniamo dunque che le aspettative sull’inflazione potrebbero crescere e permettere al prezzo dell’oro di continuare a salire senza neanche attraversare una fase di assestamento intermedia. Se le stime sulla crescita dell’inflazione aumentassero al 2,5%, abbassando i tassi di interesse reali di un ulteriore punto percentuale, il prezzo dell’oro dovrebbe arrivare a 2.400 dollari l’oncia. Questo è il nostro target per i prossimi 12 mesi. Ma se le nuove misure di stimolo all’economia dovessero fare aumentare ulteriormente il livello dell’inflazione, potremmo dover rivedere ancora al rialzo le nostre stime”.