Non solo petrolio, carica di buy anche sui metalli di base a Londra e Shanghai. Inizio di un super ciclo per le commodities?
Nel grande mondo delle commodities, non è stato certo soltanto il petrolio ad aver riportato una solida ripresa dai minimi testati lo scorso anno, in corrispondenza dell’esplosione della pandemia del coronavirus-Covid-19. Anche i metalli di base hanno messo a segno un recupero di tutto rispetto, volando del 69% dai minimi testati nel marzo del 2020. E, secondo alcuni trader e investitori, questo potrebbe essere semplicemente l’inizio di una nuova fase di mercato toro per il settore delle materie prime.
D’altronde, con le vaccinazioni anti-Covid, le probabilità che prima o poi si torni a una vita più normale di quella fatta di lockdown e restrizioni varie che ha caratterizzato l’ultimo anno, sono obiettivamente più concrete: questo significa che la domanda, in generale i consumi di tutto il mondo, dovrebbero riprendersi e, con essi, l’utilizzo delle commodities.
Sul mercato del London Metal Exchange (LME), i contratti sullo stagno con scadenza a tre mesi avanzano oggi del 3% circa a $26.855 la tonnellata mentre quelli sul rame, sempre a tre mesi, guadagnano più del 2%, a $9.155 la tonnellata. Forti i volumi di scambio, con 23.972 lotti scambiati alle 6.59 ora di Londra, rispetto ai 6.000 lotti che, verso la stessa ora, vengono scambiati nelle sedute considerate più ‘normali’. C’è da dire però che, a seguito delle celebrazioni del Capodanno lunare, la Cina è tornata a essere operativa lo scorso giovedì, evidentemente con tutta l’intenzione di recuperare l’attività persa durante il periodo di pausa.
Non per niente oggi, allo Shanghai Futures Exchange (SHFE), i contratti sui metalli di base più scambiati sono balzati in media del 4,1%, con quelli sullo stagno con scadenza ad aprile volati fino a quasi +9% e quelli sul rame con uguale scadenza saliti del 6%.
Rialzi anche per i prezzi del petrolio, con quelli del Brent che avanzano di oltre +1% avvicinandosi a quota $62 al barile, dopo il quasi +1% della scorsa settimana e quelli del WTI che guadagnano anch’essi oltre +1%, a $59,98 al barile, dopo essere scesi dello 0,4% la scorsa settimana.
Il trend dei prezzi viene spiegato con il timore che ci voglia un po’ di tempo prima che il Texas, travolto la settimana scorsa da una ondata di gelo record, possa ripristinare al 100% la propria offerta di petrolio e di gas naturale.
I timori sull’offerta texana continuano così a fare da assist alle quotazioni, insieme alla prospettiva di un recupero della domanda di oil man mano che le economie allenteranno le restrizioni (in realtà, a causa della varianti, la lotta contro il virus è lontana dall’essere stata ancora vinta).
Il rame scambiato a Londra, per esempio, è scambiato al record degli ultimi otto anni.
Tornando al petrolio Tapan Patel, Senior Analyst della divisione di Commodities di HDFC, ricorda che il contratto di riferimento NYMEX WTI crude ha recuperato fino a quasi +198% dal minimi testati lo scorso anno, attorno a $10 al barile, prima di rompere al rialzo l’importante forchetta compresa tra $27 e $38, e viaggiare in modo pressocché stabile nel range tra $55-$60, grazie al poderoso aiuto arrivato sotto forma di tagli dall’Opec+.
Tagli che, lo scorso anno, sono stati 7,7 milioni di barili al giorno dallo scorso agosto e, ancora prima, di ben 9,7 milioni di barili di crude al giorno. Dall’inizio del 2021, le quotazioni del petrolio hanno continuato a correre, salendo di oltre +20%.
A questo punto, qualcuno però frena, almeno sugli ulteriori margini di crescita che i prezzi del crude avrebbero ancora.
E’ il caso di Kerry Craig, global market strategist di JPMorgan Asset Management, che è intervenuto nel corso della trasmissione della CNBC “Street Signs Asia”:
“Credo che ci sia spazio perché i prezzi del petrolio si muovano ancora un po’ al rialzo, ma non pensate a prezzi come $80 o $90 al barile. Forse si potrà salire di altri 5-10 dollari da qui“, ha detto Craig, spiegando che, a suo avviso, l’ulteriore rialzo delle quotazioni dipende da due fattori.
Il primo è la domanda di petrolio, attesa per l’appunto in crescita, grazie alla ripresa economica mondiale dalla forte crisi innescata dalla pandemia. Già qui, tuttavia, c’è un ‘ma’, nel senso che questa domanda, spiega l’analista, “sarà ridotta a un certo livello”, vista la bassa probabilità che si torni a viaggiare in tutto il mondo, e in modo importante. E i viaggi, ha detto l’esperto di JP Morgan, rappresentano “una fonte importante della domanda”.
Fattore secondo è, invece, il fronte dell’offerta: “Stiamo aspettando che alcuni membri dell’Opec+ decidano di mantenere relativamente contenuta l’offerta – ha continuato Craig – e credo che non si sappia ancora quale sarà il vero ammontare di offerta che ritornerà presto sul mercato, in relazione alla domanda”. Se JP Morgan Asset Managament ci va cauta con i prezzi del petrolio, Patel è invece ottimista sul trend in generale del comparto delle commodities, non escludendo neanche l’inizio di un super-ciclo.