Mps, il Tesoro lancia ufficialmente iter per vendita. Oltre a UniCredit rispunta opzione Banco BPM
Non solo UniCredit, ma anche Banco BPM e banche straniere. Il Tesoro, principale azionista di Mps con una quota del 64%, dà il via formale alla messa in vendita della sua partecipazione, cercando altrettanto formalmente eventuali potenziali acquirenti.
L’iter è stato aperto ufficialmente nella giornata di ieri, con il cda che ha comunicato “di avere conferito a Credit Suisse un incarico di advisor finanziario, al fine di affiancare Mediobanca nella valutazione delle alternative strategiche a disposizione della Banca e operare una verifica degli interessi di mercato da parte di operatori di primario standing”.
“Tale sounding – procede il comunicato – è finalizzato alla successiva apertura di una data room. Si informa, inoltre, che il Consiglio di Amministrazione programmato per il prossimo 19 gennaio è stato posticipato al 28 gennaio 2021″.
“Una volta capiti gli umori del mercato – il ‘sounding’, come lo chiama la banca – lo schema di massima prevede l’apertura di una data room ad hoc con gli operatori idealmente interessati per arrivare, nel caso, a un’offerta non vincolante”, spiega il Sole 24 Ore, in un articolo che riassume le intenzioni della banca senese.
Al momento, l’unico candidato considerato papabile ad acquisire il Monte di Stato, secondo il Tesoro, è UniCredit.
Gli ostacoli per le nozze tra le due banche, tuttavia, sono notevoli: oltre all’avversione dei Cinque Stelle nei confronti di quello che, di fatto, sarebbe un maxi regalo di Stato a favore di UniCredit, per convincerla ad accollarsi la banca, negli ultimi giorni è arrivato anche il no di Leonardo del Vecchio, azionista di Piazza Gae Aulenti, che avrebbe già dato vita a una alleanza con alcune fondazioni, la Fondazione CariVerona e la Fondazione Crt, per avere un ruolo determinante nella scelta del futuro ceo post Jean-Pierre Mustier (che, come ha annunciato, si dimetterà dalla carica di amministratore delegato alla scadenza del suo mandato, ovvero ad aprile).
Ben consapevole del fatto che Mps in versione stand-alone non reggerebbe – “al 31 marzo 2021 l’istituto sarebbe a corto di capitale per 300 milioni, al 1° gennaio 2022, per 1,5 miliardi” – complici anche gli effetti devastanti della pandemia coronavirus, il Tesoro non vuole perdere tempo né vuole che la Commissione europea accusi l’Italia di fare tutto sottobanco.
Di qui, l’intenzione di aprire una data room che, come precisa il Messaggero in un articolo di oggi, sarà “un luogo virtuale, contenente dati sensibili sull’istituto, al quale ammettere tutti i candidati all’acquisizione: quindi Unicredit, con cui sono in corso colloqui, ma anche altri che, dietro le quinte, avrebbero fatto sapere di voler guardare le carte: si parla di un istituto francese e uno spagnolo”.
Questo, in sintensi, con l’obiettivo di “attivare una procedura competitiva, gradita anche alla Commissione Ue preoccupata di dover avallare una vendita senza gara”.
Con l’avvio formale dell’iter, il quotidiano romano rileva come “occorreranno circa 30-40 giorni per l’esame dei dati e la possibilità di fare un’offerta non vincolante, poi altri 30-40 giorni per l’offerta finale”.
D’altronde UniCredit è impegnata nella scelta del suo nuovo ceo in un momento in cui, sempre secondo il Messaggero, “sembra prendere corpo la candidatura di Andrea Orcel, romano, primi passi in Goldman Sachs e Bcg prima di approdare in Merrill Lynch dove si è affermato, guidando le principali operazioni in Europa, tra le quali alcune in Italia”, come la stessa nascita di Unicredit nel 1998, “mediante la fusione fra Credito Italiano e le casse di Verona, Crt, Cassamarca”.
Tornando al dossier Mps, La Stampa riporta che il Tesoro “avrebbe nuovamente valutato di sondare Banco Bpm, con il quale aveva avuto dei contatti prima dell’estate poi finiti nel nulla”. Del ritorno dell’opzione parla anche il Sole 24 Ore, scrivendo che “qualcuno non esclude anche un potenziale interessamento di BancoBpm”.
Il Mef non vuole lasciare insomma nulla di intentato, vista l’urgenza della cessione dell’istituto, anche se, di fatto, “l’unica carta in mano al Tesoro in questo momento è Unicredit”, che potrebbe godere di un bel po’ di garanzie: oltre alla trasformazione delle dta in crediti fiscali, l’ipotesi è quella di liberare Piazza Gae Aulenti anche da una consistente quantità di NPL (crediti deteriorati) e altri NPE (esposizioni non performanti), per un valore fino a 20 miliardi di euro.
Il Corriere intanto ricorda che in UniCredit “oggi il comitato nomine guidato da Stefano Micossi, con il presidente Cesare Bisoni e il presidente in pectore Pier Carlo Padoan, tornerà a valutare la lista dei papabili stilata dal cacciatore di teste Spencer Stuart. Viene segnalato che Andrea Orcel beneficerebbe del sostegno dei “soci italiani come Leonardo Del Vecchio e le fondazioni Cariverona e Crt che frenano sull’ipotesi Mps” e che “vedrebbero bene un investment banker” alla guida della banca.
Allo stesso tempo, rimangono in pista anche il numero uno di Mediobanca Alberto Nagel e Marco Morelli (ex numero uno di Mps), così come “Fabio Gallia, già in Cdp e ora in Fincantieri, e Flavio Valeri, ex Deutsche Bank che garantirebbe la parte tedesca di Unicredit. C’è poi almeno un interno (Carlo Vivaldi o Francesco Giordano)”.
Dal comunicato diramato da Mps nella serata di ieri, è emersa anche un’altra novità, ovvero che il Consiglio di Amministrazione programmato per il prossimo 19 gennaio è stato posticipato al 28 gennaio 2021. Il cda posticipato è quello in cui l’istituto esaminerà il piano di rafforzamento patrimoniale, che dovrà poi essere consegnato entro la fine del mese alla Bce.