Mps, il Tesoro di Franco punta dritto all’uscita dello Stato. Aumento capitale e poi vendita
Un no convinto a chi spera che lo Stato mantenga il controllo di Mps: sì invece alla vendita, anche subito, nel caso in cui si dovesse presentare l’occasione giusta a seguito dell’aumento di capitale. Aumento di capitale che per ora rimane pari a 2,5 miliardi di euro, in base a quanto stabilito dal piano industriale presentato dalla banca a dicembre, quando a guidarla era ancora Guido Bastianini. Così il ministro dell’Economia Daniele Franco, in audizione ieri alle Commissioni Finanze riunite di Camera e Senato. L’intervento di Franco è arrivato nelle stesse ore in cui l’agenzia di stampa Radiocor rivelava il contenuto di una lettera, scritta due anni fa dall’ex AD di Mps Marco Morelli: lettera che ha confermato come il Tesoro fosse stato avvertito sull’impossibilità della banca di centrare quel target ambizioso sui costi-ricavi che era stato concordato con l’Unione europea. Questo, a causa dello scenario macro mutato con la pandemia Covid-19.
Si torna così a parlare di Mps e del suo destino, in un contesto economico e finanziario in cui l’incertezza è di nuovo una costante, stavolta legata non alla pandemia Covid-19 ma agli sviluppi della guerra tra la Russia e l’Ucraina.
Il Tesoro maggiore azionista del Monte di Stato è in trattative con l’Unione europea, come si sa, per ottenere una proroga del mantenimento della sua partecipazione nella banca senese. Secondo gli impegni assunti nel 2017, anno in cui lo Stato ha ricevuto l’ok della Ue per la ricapitalizzazione di Mps, iniettando nell’istituto ben 5,4 miliardi di euro (leggi soldi dei contribuenti), la banca sarebbe dovuta tornare in mano privata entro la fine del 2021: scenario che non si è concretizzato, dopo il flop delle trattative tra il Tesoro e UniCredit .
C’è da dire che alla metà di dicembre Andrea Orcel, ceo di UniCredit, aveva dato in elemosina qualche briciola di speranza a Mps, prima di dirottare le sue attenzioni sulla possibilità di fare un blitz su Banco BPM: anche questa opzione sfumata, sia per la fuga di notizie che per il fattore Russia.
Non è certo questo il momento più propizio per puntare su operazioni di M&A, fusioni ed acquisizioni.
L’interrogativo è dunque come possa il Tesoro trovare un partner per Mps – la nota banca che nessuno vuole -in una situazione in cui, a causa delle incognite che arrivano dal fronte della guerra, la stessa UniCredit è stata costretta a congelare l’Opa su Banco BPM.
Una cosa per volta, comunque, visto che lo Stato deve ottenere ancora una proroga alla sua permanenza in Mps nelle vesti di maggiore azionista da parte dell’Ue: una “congrua proroga”, come ha specificato Franco.
“Sono in corso le interlocuzioni con la DgComp per negoziare un nuovo termine per la dismissione e per rimodulare gli impegni assunti nel 2017. La Commissione Europea – ha precisato il ministro dell’Economia – ha preannunciato misure compensative, sia per la proroga sia per gli impegni: l’obiettivo del Mef è conseguire una congrua proroga funzionale a consentire la realizzazione dell’aumento di capitale e, nel medio periodo, la piena realizzazione delle ulteriori iniziative di ristrutturazione e implemento dell’efficienza necessaria”.
Una volta che Mps sarà più solida e redditizia, allora sarà più semplice la “successiva dismissione della partecipazione” di controllo da parte del Tesoro.
E’ questa dismissione il vero obiettivo dello Stato. Franco lo ha precisato: “Il mantenimento del controllo dello Stato sulla Banca senza limiti di tempo non è in ogni caso uno scenario ipotizzabile”, mandando di nuovo in frantumi i sogni di chi vorrebbe Mps e non solo sotto l’ombrello costantemente aperto del Tesoro. D’altronde, “sono molto chiari gli obblighi giuridici derivanti dalla cornice normativa europea che impediscono questa soluzione”.
D’altro canto, “sebbene sia possibile anche una vendita in tempi stretti di Monte dei Paschi di Siena, è ragionevole attendersi che solo dopo l’aumento capitale e la ristrutturazione si creeranno le condizioni più favorevoli per la privatizzazione“. Dunque, l’aumento di capitale è la condizione sine qua non per la successiva vendita della banca.
Italianità Mps: Franco risponde a opzione banca in mani straniere
Ma vendita a chi? E il Tesoro sarebbe d’accordo se il Monte finisse in mani straniere?
“Il nostro sistema bancario, è parte, come la nostra economia, di un contesto più ampio. Vi potrebbero essere partner stranieri in futuro interessati a Monte Paschi, come vi potrebbero essere dei partner italiani – ha spiegato Franco rispondendo, stando a quanto riportato dall’agenzia Radiocor, a una domanda in Commissione relativa all'”italianità” di Mps – Credo che valuteremo strada facendo la bontà dei partner, credo sia importante che qualsiasi sia il partner con cui Monte Paschi troverà un accordo in futuro la soluzione sia tale da tutelare i rapporti che ha con il territorio, tutelare il personale e tutelare anche il marchio“.
Non è mancata una stilettata in direzione di UniCredit:
“Il fatto che l’accordo con UniCredit non sia andato a buon fine un po’ riflette anche difficoltà sotto questi profili”.
In ogni caso, “che il partner sia europeo o italiano, si vedrà, l’importante é che questi aspetti siano salvaguardati”.
Anche perché Monte dei Paschi di Siena “è parte del patrimonio economico, culturale e storico della città di Siena della Toscana e del Paese. La dismissione gli deve assicurare un futuro importante nel sistema bancario italiano ed europeo”.
Soprattutto, la dismissione della quota deve avvenire in ogni caso, ha rimarcato il ministro, quando è stato interpellato sull’esistenza delle porte girevoli tra le banche italiane e la politica:
“Sulla questione delle ‘porte girevoli’ non so che dire, ognuno ha la sua posizione personale, eviterò io medesimo di muovere in quella direzione, ha detto, ricordando che “l’obiettivo finale di questa operazione è di portare lo Stato fuori dalla proprietà del Monte Paschi, per separare nettamente la sfera gestionale della banca dal mondo politico”.
Franco ha sottolineato che è importante che la banca non diventi oggetto di uno spezzatino.
Rispondendo a una domanda sulla possibile vendita degli sportelli che Mps ha nelle regioni del Mezzogiorno al gruppo Mcc (Mediocredito centrale, ipotesi in ballo già ai tempi delle trattative con UniCredit), il titolare del Tesoro è stato chiaro:
“Credo che sia opportuno valutare se Mps debba restare tutta quanta assieme o vi siano delle componenti che possano essere cedute ma deve essere valutato dalla banca stessa secondo una logica aziendale. L’importante ovviamente é che la banca non venga spezzettata e resti nel suo complesso solida”.
Equita SIM nella sua nota odierna riassume l’intervento del ministro sul dossier Mps:
“Il Ministro dell’Economia Franco è intervenuto in Commissione Finanze della Camera e Senato. Il ministro non ha aggiunto particolari novità sulle tempistiche e sulla size del rafforzamento patrimoniale per Mps. Il ministro ha inoltre ribadito che:
- il Mef sta trattando con la Ue una ‘congrua’ proroga per la dismissione della quota detenuta in Mps, escludendo nuovamente la possibilità di una nazionalizzazione della banca.
- il rafforzamento patrimoniale dovrà essere a condizioni di mercato affinché il Mef possa sottoscrivere la propria quota.
- Mps non sarà soggetta ad un eventuale spezzatino, pur non escludendo vendite selettive (come ad esempio la vendita a Mediocredito Centrale di alcune filiali al Sud)”.
Equita sottolinea quanto riportato da Il Sole 24 Ore, ovvero che la “revisione del piano da parte del nuovo ceo Luigi Lovaglio e la dimensione definitiva dell’aumento di capitale saranno noti tra giugno e luglio”.
Bisogna insomma ancora aspettare per conoscere lo stesso importo dell’operazione di ricapitalizzazione. Franco ha ricordato che “il piano industriale del 2021 stimava per l’aumento di capitale una cifra di 2,5 miliardi di euro“.
Ora, “in questo momento questa resta l’ultima cifra, vedremo il nuovo piano quale sarà, ma al momento crediamo che 2,5 miliardi sia la cifra ancora adeguata”. Il numero definitivo dell’aumento si conoscerà con il “piano industriale che riesaminerà la situazione alla luce di tutti gli sviluppi più recenti della nostra economia e del quadro internazionale”.
I tempi?
“Dopo il primo invio a Bce del capital plan, che avverrà tra mercoledì e giovedì – si legge nell’articolo de Il Sole 24Ore – scatteranno le interlocuzioni con le Authority. E solo una volta chiariti gli obiettivi del nuovo piano industriale – realisticamente tra giugno e luglio (si veda Il Sole 24Ore del 23 marzo) -si capirà ‘quale debba essere la cifra’ finale della ricapitalizzazione che, di certo, non potrà prescindere dai nuovi scenari macro e dovrà essere realizzata a condizioni di mercato. Di certo solo così si potrò garantire la tenuta finanziaria dell’operazione per lo Stato e la convenienza – a tendere – per la futura uscita dal capitale”.
Il timone dell’operazione, come si sa, è passato dall’ex ceo Guido Bastianini al nuovo AD Luigi Lovaglio, che è stato nominato dal cda, agli inizi di febbraio, amministratore delegato e direttore generale della banca “in virtù della sua rilevante esperienza unita alla profonda conoscenza del settore bancario italiano”, ha precisato Franco. (leggi La lettera di Lovaglio ai dipendenti)
Il ministro ha spiegato la decisione assunta dal cda con l’obiettivo di “imprimere alla gestione di Mps un cambio di passo e accelerare il processo di ristrutturazione intrapreso, necessario a dare maggiore visibilità alle prospettive di risanamento e sviluppo”.
D’altronde Lovaglio “nel suo percorso ha completato ristrutturazioni aziendali di successo“.
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La priorità ora è che il piano che verrà presentato alle autorità europee sia credibile:
“L’aumento di capitale richiederà un piano credibile così da attrarre risorse ed investitori privati e configurarlo come un’operazione a condizioni di mercato. Il che consentirà allo Stato di partecipare con la propria quota di competenza”, ha sottolineato Daniele Franco. In tal senso Lovaglio è stato “chiamato a rivedere il piano industriale” e il Tesoro si attende “che il nuovo piano dia rassicurazione ai mercati sugli obiettivi previsti e sulla loro realizzabilità”. Rassicurazione che i mercati in realtà attendono da anni, almeno nel caso Mps.