Mps-UniCredit, Tesoro studia alternative. Salvini sogna terzo polo magari anche con Bper
Settembre 2020: Mps e Popolare di Bari insieme per creare un polo bancario molto forte al Sud. Carla Ruocco, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, 5 Stelle, suggerisce uno schema volto a facilitare l’uscita dello Stato dall’istituto senese. E qui la Ruocco citava la Banca Popolare di Bari per creare una banca con forte presenza al sud.
In generale, il M5S si diceva favorevole a una fusione a tre Mps-Carige-Popolare Bari, altre due banche in difficoltà e già salvate coi soldi del contribuente, con il sostegno ufficiale di Laura Castelli, viceministro pentastellato dell’Economia del governo Conte e del governo Draghi.
Settembre 2021, un anno dopo: in vista delle elezioni suppletive di Siena dei prossimi 3-4 ottobre, che vedono il segretario del Pd Enrico Letta correre per il seggio che fu di Pier Carlo Padoan, ora presidente di UniCredit, il leader della Lega Matteo Salvini sembra rispolverare proprio quella soluzione dei Cinque Stelle, che era stata poi ampliata dal segretario generale della FABI Lando Maria Sileoni.
In un’intervista a La Repubblica Sileoni aveva invitato a riflettere sulla possibile nascita di un polo del credito composto da Monte dei Paschi di Siena, Carige e Popolare di Bari.A fine 2020 anche
E quest’idea sembra piacere a Salvini, che già giorni fa ha lanciato la proposta del terzo polo bancario, opponendosi alla soluzione Mps-UniCredit.
“La politica deve guardare avanti con una visione di sistema. Le risorse pubbliche, sacrosante, spese per salvare Mps non vanno intese come una sorta di ammortizzatore sociale mascherato, ma come un investimento per il futuro, per creare un polo bancario a forte vocazione territoriale, con l’aggregazione degli asset sani di altri istituti come Carige, Banca Popolare di Bari, Bper. Questa operazione costerebbe allo Stato molto meno della cessione di Mps a Unicredit e darebbe vita a un polo bancario dedicato all’economia reale”.
Dunque, tutti insieme appassionatamente, Bper inclusa, in un momento in cui il governo starebbe pensando, secondo alcune fonti, a soluzioni che vadano magari al di là di quelle che vedono protagonista UniCredit.
“A complicare ulteriormente il quadro ci sono le pressioni della politica – aveva scritto ieri La Stampa – Letta, che giovedì scorso ha incontrato i delegati della Fiba-Cisl di Mps, ha ribadito più volte che l’opzione Unicredit non vada perseguita «a tutti i costi». Dal versante opposto la Lega, che con Salvini è tornata parlare di una grande «banca nazionale» che metta insieme sotto il cappello pubblico Bari, Carige e Mps“.
Sempre La Stampa ha parlato di un Tesoro che sarebbe al lavoro per creare un piano B per la banca“. E di tutti quei rumor che tornano a far arrovellare i vari operatori di mercato che guardano al futuro della banca senese. Mentre Giuseppe Castagna, numero uno di Banco BPM, mette almeno per ora a tacere le sirene del risiko bancario –rifiutando tra l’altro in modo netto le opzioni Mps e Carige – le indiscrezioni su eventuali operazioni di M&A non mancano mai. Indiscrezioni che si riciclano, visto che in alcuni casi erano circolate già in passato.
“Negli ultimi giorni tra i possibili interessati a uno spezzatino del Monte si è fatto avanti Bper, che potrebbe farsi carico di 100/150 sportelli nel Nord e in Emilia che dovessero risultare di troppo per Unicredit in chiave Antitrust. Ma potrebbe anche contribuire a una alternativa di sistema, ipotesi esaminata e poi accantonata dal Tesoro nei mesi scorsi. In ambienti finanziari é circolata anche, nelle settimane scorse, l’indiscrezione di valutazioni in corso da parte di Generali. Indiscrezioni che non hanno trovato conferma, anche alla luce dei complessi rapporti tra i soci e difficilmente e della partita in corso sulla governance del Leone che rendono poco probabile l’impegno del Leone in una operazione comunque complessa come una acquisizione, anche parziale, di Mps”.
Insomma, mentre lo Stato, maggiore azionista del Monte di Stato con una quota del 64%, tratta con Andrea Orcel, ceo di UniCredit, nella speranza di sbarazzarsi di quelle partecipazioni con cui ha preso il controllo della banca senese nel 2017, nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale concessa da Bruxelles non senza l’apposizione di determinate condizioni, si torna a parlare di piano B per Siena, a conferma di come i negoziati con Piazza Gae Aulenti non stiano andando affatto lisci come l’olio.
Tutta questa incertezza non ha fatto bene ai titoli subordinati emessi da Mps, che ieri hanno sofferto un vero e proprio scivolone, arrivando a cedere, come riporta sempre La Stampa, fino a -6%, e fino a -17% in cinque giorni.
Tra l’altro su Mps continuano a circolare notizie che sono più da pubblicità regresso che progresso. Come quelle, riportate ancora da La Stampa, sulla redditività della banca per dipendente:
“A Siena, mediamente, lavorano 15 dipendenti per sportello, 5 in più che in Bper e Credem, 2 in più che al Banco Bpm. Quello che conta però è la redditività per dipendente. Intesa Sanpaolo ne impiega 18 per filiale. Tantissimi, si dirà: ma, anche in virtù delle sue fabbriche prodotto, ciascuno porta a casa margini medi, nei primi sei mesi 2021, per 141 mila euro. Banco Bpm arriva a 114 mila, Credem a 103 mila, Bper a 88 mila. Mps è fanalino di coda con 73 mila euro per dipendente. Primato negativo che difficilmente soddisferebbe qualunque azionista privato”.