Mps, D-Day si avvicina: aumento capitale da 2,5 miliardi e quasi 5.000 esuberi. In arrivo piano salva Monte
Mps, il D-Day si avvicina: il prossimo 23 giugno la banca senese il cui 64% è – ancora- nelle mani dello Stato, annuncerà il nuovo piano industriale firmato dal neo ceo Luigi Lovaglio: nel piano, sarà inciso l’importo dell’aumento di capitale, con cui verrà – per l’ennesima volta – ricapitalizzato il Monte.
Nelle ultime ore indiscrezioni riportate dall’agenzia di stampa ANSA hanno rivelato l’ammontare: 2,5 miliardi di euro.
“In fase di definizione, a quanto apprende l’ANSA, anche il consorzio di garanzia che dovrà assicurare la buona riuscita della ricapitalizzazione, che verrà sottoscritta per la sua quota dal Tesoro. Per la firma del pre-underwriting agreement sarebbero in pole position Bofa, Credit Suisse, Jp Morgan e Mediobanca“, precisa l’agenzia di stampa.
Il Monte di Stato torna così sotto i riflettori: il D-Day è d’altronde alle porte, e alta è la trepidazione per il piano industriale stilato per rilanciare la banca. La notizia, o meglio, l’indiscrezione positiva, è che l’importo dell’aumento di capitale è inferiore a quanto il mercato paventava.
Pochi mesi fa si era parlato di un aumento di capitale anche di 3,5 miliardi.
E che dire delle cifre monstre che Andrea Orcel, ad di UniCredit, avrebbe preteso – secondo le indiscrezioni successive al flop delle trattative con il Mef – per indossare le vesti di cavaliere bianco?
Il Corriere della Sera aveva individuato in 8,5 miliardi di euro l’impegno dello Stato (leggi sempre contribuenti) preteso da UniCredit.
“Unicredit chiedeva che lo Stato sottoscrivesse un aumento di capitale da 6,3 miliardi di euro per l’intera Mps; se a questa cifra — ben più alta del tetto massimo che il Tesoro si era prefissato — si aggiungono i 2,2 miliardi di crediti fiscali (le cosiddette ‘Dta’) si arriva a un impegno complessivo di 8,5 miliardi di euro pubblici”, si leggeva nell’articolo.
Erano seguite la versione di Orcel, con tanto di messaggio “Per noi la finestra è chiusa” e quella del Tesoro, con le dichiarazioni di Daniele Franco.
Naufragato il piano M&A Mps-UniCredit, si era tornato a parlare a Siena anche del piano Isacco.
Dal canto suo il governo Draghi metteva in evidenza la necessità che l’aumento di capitale, di qualsiasi cifra fosse, avvenisse a condizioni di mercato, cosa che è stata rimarcata giorni fa anche dal sottosegretario all’Economia Federico Freni.
In occasione di un’audizione alla Commissione Finanze della Camera, Freni si era così espresso:
“Con la revisione del piano industriale Monte dei Paschi indicherà anche l’ammontare dell’aumento di capitale necessario a sostenere il piano stesso. L’aumento dovrà essere realizzato a condizioni di mercato e vedere il coinvolgimento anche degli azionisti terzi, per ottenere la necessaria autorizzazione della Commissione europea alla sottoscrizione da parte del ministero”.
Alla fine di marzo era stato lo stesso ministro dell’Economia Daniele Franco ad affossare le speranze di chi vuole tuttora una Mps con lo Stato forever:
“Il mantenimento del controllo dello Stato sulla Banca senza limiti di tempo non è in ogni caso uno scenario ipotizzabile”, aveva detto Franco, mandando di nuovo in frantumi i sogni di chi vorrebbe Mps e non solo sotto l’ombrello costantemente aperto del Tesoro.
Franco aveva confermato la necessità , da parte dello Stato, di smobilizzare la sua partecipazione. Condizione da realizzare, tuttavia, previa ricapitalizzazione dell’istituto.
“Sebbene sia possibile anche una vendita in tempi stretti di Monte dei Paschi di Siena, è ragionevole attendersi che solo dopo l’aumento capitale e la ristrutturazione si creeranno le condizioni più favorevoli per la privatizzazione”, aveva detto ancora il titolare del Tesoro.
Le ultime indiscrezioni confermano la necessità che l’aumento di capitale avvenga a condizioni di mercato.
Mps, aumento di capitale da 2,5 mld: ecco quanto pagherà lo Stato
Così il Messaggero, che nel titolo parla dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, ma anche di quasi 5.000 esuberi:
“La ricapitalizzazione partirà dopo l’estate, una volta incassato il via libera della Bce e dell’Ue al piano. Al netto dei circa 1,6 miliardi da parte del Mef, ci saranno da raccogliere 900 milioni-1 miliardo di capitali privati”, a fronte di una capitalizzazione di mercato, della banca senese, che ammonta appena a 800 milioni di euro.
Il quotidiano romano parla anche delle indiscrezioni su esuberi di quasi 5.000 unità, su una forza lavoro di 21.000 dipendenti.
Una cosa è certa: Mps torna ad avere tutte le caratteristiche per confermarsi Pomo della discordia all’interno del governo Draghi.
Il 23 giugno, ad attendere al varco il nuovo piano di Lovaglio, ci saranno non solo il mercato, ma anche i sindacati. E ci saranno anche i contribuenti: è grazie a loro, infatti, che la banca è rimasta in vita.
Così Luigi Pedone commenta il dossier Mps nella nota giornaliera di Equita SIM:
“Secondo quanto riportato da Ansa, il nuovo piano industriale di BMPS, che verrà presentato al mercato il prossimo 23 giugno, prevederà un aumento di capitale da 2.5bn,in linea con il vecchio piano. Secondo l’agenzia di stampa, sarebbe in via di definizione anche il consorzio di garanzia in vista dell’aumento. Ricordiamo che l’aumento di capitale dovrà essere realizzato a condizioni di mercato e che il MEF potrà sottoscrivere soltanto la sua quota (pari al 64%). Se confermata, la notizia sarebbe positiva perché la dimensione dell’aumento risulterebbe inferiore alle stime più elevate ipotizzate nei mesi scorsi, riducendo a circa 900 milioni la quota di mercato non riferibile al MEF, limitando quindi l’execution risk dell’operazione”.