Notizie Notizie Mondo Moda in affanno nell’anno del Covid. Giro d’affari in calo: tra gli italiani spicca Prada

Moda in affanno nell’anno del Covid. Giro d’affari in calo: tra gli italiani spicca Prada

17 Febbraio 2021 12:27

La pandemia impatta anche sul settore della moda. Secondo la terza edizione dell’Annual Fashion Talk di Mediobanca, nei primi nove mesi del 2020 i maggiori player mondiali del fashion scontano una riduzione del giro d’affari cinque volte maggiore di quella registrata dalla grande industria.

Moda: chi sono i cinque colossi mondiali

Il mercato europeo ha sofferto (-23,7%), fortemente penalizzato dal blocco dei flussi turistici, mentre quello asiatico ha visto un calo più contenuto (-10,1% escludendo il Giappone). Nel 2019 gli 80 maggiori player mondiali del fashion, con un giro d’affari superiore a 1 miliardo di euro  hanno fatturato 471mld (+26,5% sul 2015 e +4,9% sul 2018), di cui il 56% generato dai gruppi europei e il 34% dai nordamericani. Fra i 38 gruppi europei, l’Italia con le sue big 10 è il paese più rappresentato a livello numerico, ma è la Francia, con una quota del 36% del fatturato aggregato, ad aggiudicarsi il primato per giro d’affari. Al primo posto per giro d’affari tra i colossi mondiali c’è LVMH (€53,7mld). Molto distanti Nike (€33,3mld), Inditex (€28,3mld), che controlla Zara, la tedesca Adidas (€23,6mld), la svedese H&M (€22,3mld), la giapponese Fast Retailing (€18,8mld), che detiene il brand UNIQLO, ed EssilorLuxottica (€17,4mld). Prima tra gli italiani Prada (€3,2mld), al 34esimo posto in classifica.

In Italia giro d’affari in calo del 23%

Guardando proprio al settore moda italiano (società con un fatturato superiore a €100mln), la contrazione del giro d’affari per il 2020 dovrebbe attestarsi segnando una flessione del 23%. E per il futuro, si legge nel report di Mediobanca, ci sarà una ripresa a partire dal 2021 con un raggiungimento dei livelli pre-crisi previsto nel 2023. Importante la presenza di gruppi stranieri nella moda italiana. Sono 71 su 177 le aziende che hanno una proprietà straniera e controllano il 37,2% del fatturato aggregato (il 17,3% è francese, fra cui Kering con il 7,3% e LVMH con il 6,5%). La proiezione internazionale è una delle caratteristiche più rappresentative delle società manifatturiere della moda italiana: il 66,5% del fatturato complessivo proviene, infatti, dall’estero, con in testa il tessile (72,8%). Cresce anche l’occupazione, con più di 43.700 nuovi addetti (+16,9% sul 2015), per una forza lavoro totale di 303mila unità a fine 2019. Bene soprattutto la gioielleria (+45,0% sul 2015) e il comparto pelli, cuoio e calzature (+28,7%). Le aziende quotate con la quota di maggioranza in capo a una famiglia registrano l’ebit margin migliore (12,9%) e al contempo si mostrano più propense all’export (80,4%).