Michael Burry, ovvero il volto vero de ‘La grande scommessa’ avverte: è questa la prossima bolla sui mercati
Lui è Michael Burry: un nome che, di primo acchito, risulterà sconosciuto a molti, in Italia, per poi essere immediatamente riconosciuto nel momento in cui si parlerà del film “The Big Short”, in Italia “La Grande Scommessa”. Film che si è aggiudicato anche un Oscar, quello per la migliore sceneggiatura non originale, e film che ha fatto parlare di sé soprattutto per la storia a cui si è ispirato: quella, appunto, di Michael Burry, gestore di un hedge fund che, anticipando la crisi finanziaria che esplose nel 2008, fece un mucchio di soldi scommettendo contro i titoli legati al mercato dei mutui subprimem, realizzando un profitto del 489% e guadagnando più di 2,69 miliardi di dollari.
La storia di Burry è stata raccontata da Michael Lewis nel libro “The Big Short”, diventando poi un film, in cui hanno recitato Christian Bale, Ryan Gosling, Brad Pitt e Steven Carell.
L’investitore, che gestisce oggi $340 milioni presso Scion Asset Management, lancia ora un chiaro avvertimento su quella che è, a suo avviso, la grande bolla destinata a esplodere: quella degli investimenti passivi.
A suo avviso, i fondi indicizzati e gli ETF stanno gonfiando, infatti, sia i prezzi dei titoli azionari che quelli dei bond, in modo simile tra l’altro a quanto fecero più di dieci anni fa i CDO con i mutui subprime. Intervistato da Bloomberg News via email, Burry ha detto che, quando i flussi massicci che finora si sono riversati sui veicoli di investimento passivi faranno dietrofont, “sarà ‘ugly’ (brutto)”.
“Così come nel caso della maggior parte delle bolle – ha spiegato – più durano, peggiore sarà il crash. E questa situazione assomiglia molto alla bolla che si creò nei CDO sintetici garantiti agli asset, prima della Grande Crisi Finanziaria, quando la formazione dei prezzi in quel mercato non avvenne più sulla base di un’analisi fondamentale, ma attraverso flussi di capitali massicci, scatenati da modelli di rischio approvati dalla comunità dei Nobel, che poi si rivelarono non esatti”.
A tal proposito, da uno studio di Bank of America Merrill Lynch emerge che la quota di mercato dei fondi a gestione passiva è salita dal 25% di dieci anni fa al 45%, conquistando di conseguenza quasi la metà del mercato azionario Usa.
E Michael Burry avverte che ci sono “trilioni di dollari di asset che sono legati a queste azioni”.