Mediaset, Corte Ue boccia Agcom e parte legge Gasparri: ‘impedire a Vivendi acquisto 28% è contro diritto Ue’
Una doppia vittoria per la francese Vivendi, che fa schizzare al rialzo le quotazioni di Mediaset. Dopo la decisione del tribunale di Amsterdam di dare ragione al ricorso del colosso francese, bloccando il piano di fusione tra Mediaset e la controllata spagnola Mediaset Espana nella holding olandese MFE, anche la corte di Giustizia europea ha dato ragione al gruppo capitanato da Vincent Bolloré & Co, sebbene su un’altra questione.
Il tribunale ha dichiarato che la legge italiana che ha congelato la partecipazione di Vivendi in Mediaset viola il diritto Ue.
In riferimento è a quella parte della legge Gasparri, che “impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset”: una disposizione “contraria al diritto dell’Unione”, si legge nel comunicato diramato dai giudici di Lussemburgo. Essa, viene spiegato, “costituisce un ostacolo vietato alla libertà di stabilimento, in quanto non è idonea a conseguire l’obiettivo della tutela del pluralismo dell’informazione”.
La Corte cita a tal proposito l’articolo 49 del Trattato europeo che vieta qualsiasi provvedimento nazionale che ostacoli o scoraggi l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione europea, della libertà di stabilimento.
Nel sito del Parlamento europeo, si legge di fatto che, “il diritto di stabilimento comprende il diritto di svolgere attività indipendenti e di creare e gestire imprese al fine di esercitare un’attività permanente su base stabile e continuativa, alle stesse condizioni che la legislazione dello Stato membro di stabilimento definisce per i cittadini nazionali. La libertà di prestare servizi si applica a tutti i servizi che vengono generalmente forniti contro remunerazione, nella misura in cui essi non sono regolamentati dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. La persona che presta un «servizio» può, a tal fine, esercitare temporaneamente la propria attività nello Stato membro in cui il servizio viene prestato, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini”. La base giuridica della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, si ricorda, trova conferma negli “articoli 26 (mercato interno), da 49 a 55 (stabilimento) e da 56 a 62 (servizi) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)”.
L’imputata diretta è, per la precisione, la disposizione derivante dalla legge Gasparri con cui, il Garante per le Comunicazioni in Italia, ovvero, l’AgCom, stabilì tre anni fa circa che Vivendi (che all’epoca deteneva il 24% in Telecom e il 29,9% dei diritti di voto in Mediaset), aveva violato la legge italiana, in particolare il comma 11 dell’articolo 43 del Testo Unico.
Di conseguenza, stabiliva l’Agcom, entro i 12 mesi successivi (era l’aprile del 2017, quando l’autorità di espresse sul caso) Vivendi avrebbe dovuto rimuovere quella violazione messa in atto con la doppia partecipazione in Telecom Italia e Mediaset, riducendo la sua quota in uno dei due gruppi italiani.
Oggi, nell’accogliere il ricorso presentato da Bolloré & Co, la Corte europea spiega che “la disposizione italiana fissa soglie che non hanno alcuna relazione con il rischio al pluralismo dei media, poiché tali soglie non consentono di stabilire se e in quale misura un’impresa possa effettivamente influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media”.
Quella disposizione dell’Agcom ebbe conseguenze rilevanti sull’azionariato di Mediaset e di Telecom: Vivendi agì trasferendo il 19,19% delle azioni Mediaset al trust Simon fiduciaria, comunque appellandosi al Tar del Lazio per annullare la delibera del garante per le comunicazioni.
Proprio il Tar ha chiesto poi alla Corte di Giustizia europea di esprimersi, per capire se quell’ordine dell’Agcom sia stato in contrasto con la libertà di stabilimento. E oggi, si legge nel comunicato scritto a Lussemburgo, “la Corte risponde a tale domanda in senso affermativo”.
Il pronunciamento della Corte di Giustizia Ue è sicuramente uno schiaffo alla famiglia Berlusconi. Storica è infatti la battaglia tra i Berlusconi e il finanziere Bolloré, che si intensificò verso la fine del 2016, quando il finanziere rastrellò azioni Mediaset, salendo fino a quasi il 30% del capitale, scatenando l’ira di Berlusconi e facendo scattare appunto l’esposto all’Agcom.
A questo punto, la questione tornerà al Tar.
“Il rinvio pregiudiziale — si legge ancora nella nota della Corte europea — consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte”. Ma i mercati scommettono sul fatto che, in qualche modo, Mediaset e Vivendi riusciranno a trovare una soluzione dopo anni e anni di battaglie legali.