Italia, i quattro temi per districarsi al meglio sul mercato azionario per Kairos
L’indipendenza energetica, l’indipendenza alimentare, l’aumento della spesa militare e il pricing power/made in Italy. Sono questi i temi più interessanti su cui muoversi oggi nell’ambito del mercato azionario italiano. A evidenziarli è un report di Kairos.
Ad aprile il mercato continua a portarsi avanti prezzando uno scenario di stagflazione. Con i dati di inflazione che aumentano di trimestre in trimestre, guidati dai prezzi dell’energia e del cibo, le Banche Centrali sono in corsa per il più grande rialzo di tassi degli ultimi decenni. Dall’altra parte gli indicatori di consumer confidence e i dati prospettici su intenzioni di investimento mostrano un trend negativo e in peggioramento. Questo sta cominciando a far pensare agli investitori che la possibilità di una recessione causata dalla riduzione della domanda dovuta all’inflazione non sia più così remota, soprattutto in Europa. Il Vecchio Continente, infatti, sta soffrendo molto di più le pressioni sui prezzi dell’energia rispetto agli Stati Uniti per via della dipendenza dai combustibili fossili russi.
In questo contesto, la scelta molto difficile su quali contromisure prendere per difendere l’economia ricade su Governi e Banche Centrali. Il dilemma non ha una via d’uscita che possa rendere felici tutti. Infatti, da una parte potrebbe essere necessario alzare i tassi di interesse in maniera rigorosa per frenare l’inflazione, ma questa scelta andrebbe a penalizzare gli investimenti e potrebbe essere il colpo finale al ciclo economico. Invece, dall’altra parte, se si lasciasse correre l’inflazione con una politica monetaria meno hawkish (dura) e un intervento fiscale espansivo dei governi a supporto di aziende e consumatori, il nuovo pacchetto di aiuti andrebbe ad aumentare la massa monetaria e a rinvigorire la domanda, causando di conseguenza ulteriori tensioni inflattive.
I temi di investimento sul mercato italiano per navigare questi mercati molto macro-driven e volatili, rimangono in parte quelli legati alla spesa del PNRR già menzionati più volte come la digitalizzazione e la svolta green, a cui si vanno ad aggiungere e sovrapporre quelli esplosi in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Tra questi, i principali quattro che abbiamo individuato sono: l’indipendenza energetica, l’indipendenza alimentare, l’aumento della spesa militare e il pricing power/ made in Italy.
L’indipendenza energetica è chiaramente un tema già presente nei piani di sviluppo dell’Unione Europea, che da tempo incentiva gli investimenti in generazione di elettricità da fonti rinnovabili (principalmente eolico e solare). Con la guerra in Ucraina è riemersa l’importanza strategica del settore energetico soprattutto per quei paesi che dipendono per gran parte del proprio consumo interno dal gas russo. Il piano RePowerEU, infatti, contempla un’accelerazione ancora maggiore su temi come la produzione di elettricità green, l’idrogeno, l’efficienza energetica, la tecnologia riguardante le batterie per gli electric vehicles e lo storage in modo da anticipare i target di decarbonizzazione già annunciati.
L’indipendenza alimentare è un’altra direttrice di investimento dell’Europa che si è resa conto di dipendere troppo dagli import russi e ucraini di grano e cereali. Queste commodities agricole hanno un valore strategico, in quanto assicurano un prezzo basso per beni di prima necessità alla base dell’alimentazione della maggior parte della popolazione. C’è quindi bisogno di investire in tecnologie che aumentino la produttività dei terreni agricoli a partire da trattori più efficienti, aiutando così anche la filiera italiana, per arrivare al settore dei biologics e delle colture idroponiche.
L’aumento della spesa militare è forse il più ovvio risvolto della crisi nell’Est Europa, visto che mai negli ultimi trenta anni la NATO si è trovata così vicina a un conflitto come in questo caso. In particolare Francia, Germania, Italia e Spagna si sono rese conto di dover fare troppo affidamento sugli alleati storici USA e UK, avendo per anni speso al di sotto della soglia minima consigliata dalla NATO del 2% del PIL e ritrovandosi quindi con degli eserciti e degli equipaggiamenti militari inadeguati ad un’eventuale guerra con la Russia. Questo errore di valutazione è stato prontamente corretto da tutti e quattro i paesi sopracitati che hanno dichiarato un budget di spesa in difesa intorno al 2% per il prossimo futuro, il che si traduce in svariate centinaia di miliardi di euro di contratti per quelle aziende europee large cap che operano in questo settore e per le small cap che operano nel mondo della cybersecurity.
Il quarto e ultimo tema d’investimento riguarda i leader di settore e quelle società che hanno pricing power, ovvero la capacità di ribaltare sui clienti gli aumenti dei prezzi delle materie prime, della logistica e dell’energia. Solitamente questo tipo di capacità è legata a quei business che hanno un’alta marginalità, dando valore aggiunto ai propri clienti con un prodotto o un servizio di qualità. Queste caratteristiche non sono affatto introvabili in Italia che, al contrario, è ricca di società “quality” in tanti settori come, ad esempio, la manifattura e la componentistica, il food e il medicale, l’auto e l’alta moda.
In conclusione, seppure il contesto macroeconomico negativo dominato dalle aspettative di inflazione renda il mercato molto difficile da navigare, l’equity rimane un asset class che esprime crescita reale, da preferire in questo momento all’universo fixed income. Diventa però ancora più cruciale essere selettivi sullo stock-picking ancorandosi a quei temi d’investimento che, essendo basati su trend strutturali, rimangono validi nei diversi scenari di mercato.